domenica 28 ottobre 2007

Lo Spirito del Bosco

“Quello che mi interessa della montagna non sono le vette, le cime, il grado di difficoltà, o la possibilità di stabilire un record, ma bensì quella catarsi, quel rinascere che avviene in coloro che la vivono nella sua forma essenziale, minima, elementare, primordiale.”

Questo, in poche parole, il pensiero che ieri sera Mario Martinelli ha espresso presentando le sue opere e in particolar modo “ Lo Spirito del Bosco” ed. la grafica, Trento 2007.


Immediato il collegamento alle parole e ad alcuni scritti di Mauro Corona.
E come nel libro “Le voci del Bosco” di Corona, anche Martinelli nel “Lo Spirito del Bosco” si rappresenta in primo piano nella copertina del suo libro.
Ma le similitudini finiscono qui.

Così mentre nei libri di Corona troviamo soprattutto la durezza e l'asprezza della vita nelle impervie valli delle montagne friulane, dove un'opprimente inquietudine sembra sempre attendere le persone ad ogni angolo di via, un'ombra lunga portare alla malinconia e spegnere la grinta, un male oscuro spezzare ogni sogno, i libri per Martinelli sono solo un pretesto per raccontare la montagna con gli occhi e la voce di un montanino (come lui ama definire coloro che vivono in montagna).

Le righe che Mario annota sui suoi quaderni sono degli scritti leggeri che non hanno alcuna ambizione letteraria ma la sola finalità di esaltare la vita di montagna nelle sue dimensioni più semplici: la voce del bosco, il silenzio delle cime, la relatività del tempo, la cultura della memoria.

Per Mario l’esperienza della montagna non va vissuta come una ossessione di tipo sportivo o peggio ancora come una lotta superomistica ma, al contrario, come via per il superamento dei limiti della condizione umana, come compimento interiore di un processo personale di rinascita che ha bisogno per espletarsi di tempo e silenzio.
E’ necessario allora, come dice Mario, fermarsi ad ascoltare quella piccola voce silente che è dentro ognuno di noi, ma che, come spesso accade, è soffocata dal rumore, dagli impegni e dalle attività pressanti di ogni giorno.
Così contro ogni deleterio turismo di massa, contro ogni banale ed estetizzante amore per la natura e contro ogni frivolezza snobistica, “la montagna deve insegnare il silenzio, disabituare dalla chiacchiera, dalla parola inutile, dalle esuberanti effusioni”.
La montagna deve insegnare la “castità della parola”

Citando Julius Evola e le sue “ Meditazioni delle Vette” (ed. Mediterranee, 2003), Martinelli ha chiuso così una serata davvero speciale in un luogo altrettanto speciale, come Lui stesso ha sottolineato.

le foto sono pubblicate per gentile concessione dell'autore.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie mille per la segnalazione, Mario ! Il pensiero di Martinelli, come puoi ben immaginare, lo sento, lo sentiamo, particolarmente vicino, affine al mio, al nostro modo di sentire.
Abbiamo smesso di trafficare le vie che portano al successo, agli status symbols effimeri del presente, per percorrere i "sentieri di montagna", quelli che ci fanno essere veri, autentici, in sintonia ed in pace con la vita...

Un abbraccio
giorgio