mercoledì 28 novembre 2007

I sapori della memoria - Parte 1°

Nel tempo in cui si faceva i chierichetti, dopo aver servito la “messa prima” alle sei del mattino, si ritornava a casa per la colazione fatta immancabilmente di una scodella di latte a cui qualche volta si poteva aggiungere un cucchiaio di orzo solubile oppure di cacao ed un altro di zucchero.
Poi la scelta stava tra due fette di polenta abbrustolita, oppure una “ciopa” di pane raffermo tagliata a piccoli pezzetti in modo tale che ai nostri occhi sembrava enorme.

Poi via,..... a scuola, sempre da soli qualunque fosse il tempo, sin dalla prima elementare, con la cartella in mano e, all’interno libri, quaderni, penne, pennini, il più delle volte spuntati, e l’immancabile panino con …..niente …..per la ricreazione.

Il pasto del mezzogiorno, tranne la domenica, era costituito da un piatto unico, un primo a base di pasta o riso alternati al “minestrone”, qualche volta gli gnocchi o la famosa pasta e fagioli.

La sera ci si arrangiava con un piatto di minestra e un pezzo di formaggio con una patata.
Fino all’età di 14 anni non ho mai conosciuto le patate fritte e le patatine chips ma solo “patate in tecia”, cotte cioè nella profonda padella nera di ferro con olio, forse un po’ di burro e pomodoro, oppure le patate lesse che alla sera erano accompagnate da qualche pera volpina.
Ma, spesso, era ancora una scodella di pane e latte che, dopo avere aperto la giornata, finiva anche con il chiuderla.

Così le nostre speranze di assaporare qualcosa di diverso erano tutte riposte nelle uscite estemporanee di caccia del nonno (o del papà il sabato e la domenica).
Anche se la fortuna, alcune volte, non li portava ad avvistare nessuna allodola, tordo o altro volatile edibile non si perdevano mai d’animo e con destrezza e esperienza consumata riuscivano a catturare una certa quantità di gamberi d’acqua dolce o di “marsoni” (pesci dalla grossa testa e caratteristici di alcuni torrenti della Pedemontana vicentina) che venivano pescati con il retino (o la forchetta) nel torrente che fluiva vicino a casa.


Così quel giorno, che poteva ben dirsi fortunato, alla pasta e fagioli si accompagnava una succulenta frittura di gamberi.
Più raramente poteva anche capitare che venisse portata in tavola della carne secca; tagliata sottile e servita, come i suoi cugini salumi, assieme ad un’insalata di fagioli con la salsa.
Ma questa è un’altra storia.

Zuppa di Fagioli con gamberi e speck affumicato
Un piatto complesso che ricostruisce i sapori della memoria:
i gamberoni sostituiscono i più prelibati e protetti gamberi di fiume, mentre lo speck affumicato la carne secca oramai divenuta molto rara.
Ingredienti
250 g di fagioli di lamon
1 carota
1 cipolla tritata
4 fette di speck affumicato o foresta nera
16 code di gambero sgusciate
olio extravergine di oliva
prezzemolo
due spicchi di aglio
4 fette di pane
Lasciate a bagno i fagioli (se secchi) per una notte.
In una pentola capiente mettete mezzo bicchiere d'olio extravergine di oliva e fate ammorbidire le cipolle e la carota. Aggiungeteci un litro d'acqua, un cucchiaio di sale grosso e i fagioli.
Coprite e lasciate cuocere per circa 2 ore.
Quando i fagioli risulteranno ben cotti toglietene un paio di cucchiai, che terrete da parte.
Con il minipimer frullate tutto bene, sino ad ottenere una crema. Se risultasse troppo densa, allungate con dell'acqua. Rimettete sul fuoco e versateci i fagioli interi che avete tenuto da parte.
Nel frattempo ritagliate le fette di speck a strisce larghe 3 o 4 cm appassitele in una padella antiaderente fino a renderle croccanti.
Fate rosolare in una padella con del burro e l’aglio schiacciato le code di gambero per 2/3 minuti. Spolverate con del prezzemolo tritato e tenete da parte.
Ora componente il piatto:
Dopo aver versato la crema di fagioli, disponete al centro di ogni piatto quattro code di gambero e alcune strisce di speck croccante e una fetta tagliata in due di pane che avrete precedentemente abbrustolito in forno.

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