lunedì 5 novembre 2007

Lo Spiedo


Nei grandi camini veneti, con la polenta nel paiolo appeso alla cigolante catena, si cucinava e ancora in molte parti si cucina la cacciagione. Allo spiedo girano starne, fagiani e uccelli su cui vengono fatte cadere infuocate gocce di precotto”.
Così scriveva Giuseppe Mazzotti nel lontano 1963. Tradizione antica quella dello spiedo, che attraversa i secoli, che cambia nelle carni poste a rosolare al fuoco lento, ma che spande ancora profumi e sapori condivisi in un rito che rimane segno distintivo di una civiltà del “mangiare bene” legata ad una parte importante del nostro territorio.

Lo spiedo è universale e già nel VII secolo gli Arabi avevano predisposto un ricettario, che ne conteneva l’indicazione, anche se è solo nel XIII secolo che apparve in Italia nel primo ricettario (stampato a Venezia).
E nel 1490 Leonardo progettò lo spiedo automatico, mosso dal calore grazie ad un’elica.


Nel veneto è la terra vicentina e trevigiana, quella per intenderci delle Colline e delle Prealpi, che possiede storia e tradizione dello spiedo. Tra i vari paesi un posto di rilievo merita sicuramente Breganze, località situata ai piedi dell’altopiano di Asiago. Il paese deve la sua fama, prima ancora che ai suoi eccellenti vini Doc, ai piccioni terraioli, localmente chiamati Torresani che vengono cotti esclusivamente allo spiedo. Tra tutti i ristoranti del paese uno eccelleva per fama: l’Albergo Ristorante al Ponte, purtroppo oggi chiuso e ancora in fase di restauro. Fra i clienti più noti del ristorante: Alida Valli, Luchino Visconti, Enzo Tortora, Barbara Hutton , personaggi che avevano indotto un turismo gastronomico di notevole portata. In questi paesi la tradizione dello spiedo sopravvive ancora e in molte famiglie della zona per la sera dei morti (tra il 1 e il 2 di novembre) è uso preparare lo spiedo di uccelli accompagnato con la polenta. Una operazione rituale che si ripete, da sempre, per commemorare gli antenati.  
La nebbia agli irti colli
piovviginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare,
ma per le vie del borgo
tra il ribollir dei tini
va' l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.
Gira su ceppi accesi lo spiedo
scoppiettando,
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri
com'esuli pensieri
nel vespero migrar.
G. Carducci

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarebbe bello, Mario, tornare ad assaggiare i torresani allo spiedo...o altra prelibatezza...
Spero che succederà...

Ti abbraccio
giorgio

mario ha detto...

...ci sto già da tempo pensando e forse la possibilità di ripetere la giornata di quest'anno non è più solo un pensiero.

ricambio l'abbraccio