domenica 22 marzo 2009

Lagorai - Val Campelle - Cima Socede

La partenza è dal parcheggio di Ponte Conseria in Val Campelle raggiungibile da Strigno in Valsugana seguendo le indicazioni per il rifugio "Crucolo".
Dopo aver parcheggiato l'auto seguiamo dapprima le indicazioni per malga Caserine, ma dopo un breve tratto, svoltiamo subito a sinistra per strada forestale (cartello indicatore in legno) che con pendenza costante e costeggiando il rivo conseria ci porta dopo circa 40' fuori dal bosco ad una radura denominata " Aia del Buso".


Un sole quasi accecante ci accoglie e ci fa presagire una giornata con tempo splendido.
Lasciamo le tracce degli scialpinisti che portano verso est per prendere a sinistra il nuovo sentiero denominato L36 (inesistente nella carta Kompass), che sale verso Malga Conseria con un lungo traversone e qualche ripido tornante che ci fa guadagnare subito quota permettendoci una vista sulla splendida, quanto ripida parete sud del monte Cengello.


Quasi in vista della malga Conseria, decidiamo di abbreviare il percorso salendo a nord una costa abbastanza ripida che in breve ci conduce alla Croce in ferro dell'ex cimitero di guerra a quota 1.936 m.
Consapevoli che da questo momento in poi il vento (peraltro alquanto freddo) non ci darà tregua fino alla vetta, decidiamo di fare una breve sosta per sgranocchiare qualche biscotto, fragole disidratate con cioccolato fondente ma soprattutto per bere uno jagertea in versione personalizzata con l'aggiunta di zenzero fresco, cardamomo, scorze d'arancio e anice stellato.

La giusta carica ed energia per riuscire ad arrivare al Passo cinque Croci ...... ......a quota 2.018 m

Arrivati alla spianata del passo svoltiamo a destra verso est per affrontare la salita che ci porta alla cima.
La pista è stata battuta solamente da qualche sci alpinista e questo sicuramente non agevola il nostro passo.


La dorsale è parecchio ripida con uno strato di neve frastagliata dal vento con tratti ghiacciati che si alternano a neve farinosa in cui sprofondiamo nonostante le ciaspe.
Non è facile andare avanti, ma la suggestione che evoca questo ambiente alpino allontana la fatica della salita.
Il vento non ci concede che qualche brevissima tregua.
Giusto il tempo per una foto.




Finalmente alle 12 e 20 arriviamo in vetta.
E all'improvviso tutta la fatica accumulata durante la salita si disperde all'istante.
E come per tacito e comune sentimento con gli amici di escursione, per qualche minuto il silenzio risulta d'obbligo.





Uno sguardo silenzioso verso i Laghetti e la Cima Lasteati ( a sx).
La parete strapiombante del monte Cengello al centro mentre in lontananza si intravvedono le cime delle Buse Todesche.




Volgiamo lo sguardo verso ovest oltre il Col di S. Giovanni per focalizzare la nostra attenzione sulla cima Lagorai e cima delle Stellune quasi a sovrapporsi, mentre a sinistra della forcella Valsorda si possono intravvedere i contrafforti del Montalon, sotto i quali possiamo trovare i bellissimi laghetti delle Buse Basse o laghetti di Rocco.



Vorremmo poter sostare più a lungo in questo splendido angolo di Paradiso, ma il vento freddo ci costringe a scendere velocemente fino al Passo, e da questo per la direttissima ......alla malga Conseria a quota 1.848 m. dove possiamo sostare brevemente.
Ripartiamo imboccando ad ovest della malga il sentiero 326 che per bosco (non sempre agevole a causa dell'innevamento irregolare)....... ci riporta al Ponte Conseria.


Dati dell'escursione
Partenza: Ponte Conseria
Dislivello: 700 m
Difficoltà: EE
Tempo impiegato: 4 ore
mappa: Kompass 626

nella mappa in colore giallo la traccia GPS dell'escursione

domenica 15 marzo 2009

Camminare il paesaggio dell'anima


Camminare per poter osservare, gustare ed assaporare, nel modo più ampio e profondo possibile.
Camminare in sintonia con i ritmi dell'ambiente, con tutto ciò che si incontra lungo il sentiero, con tutto ciò che la montagna può offrirci.

Troppe volte invece ho visto escursionisti che avanzano sul territorio in modo assolutamente estraneo alla realtà nella quale stanno viaggiando.
Troppe volte ho conosciuto alpinisti con l'unico obiettivo di arrivare alla meta nel minor tempo possibile, indipendentemente da ciò che li circonda solamente per raggiungere un risultato competitivo.


La montagna, il bosco, il fiume, vissuti in ogni condizione atmosferica, con pioggia, neve, vento, sole, oppure al tramonto o di notte, donano sensazioni particolari, uniche, irripetibili.
Purtroppo oggi, nella mentalità corrente, questo contatto ravvicinato è da evitare, perché queste sono condizioni da cui mettersi al riparo.
Un luogo comune della società moderna iperprotettrice è questo "non uscire perché fa freddo", "resta in casa perché il tempo si mette a pioggia", "non sporcarti, non sudare".



Il fatto di vedere tutto ciò che non è asciutto, soleggiato o pulito come qualcosa da evitare, ha creato questo blocco mentale che impedisce di vivere appieno tutti i fenomeni naturali e riceverne di conseguenza benefici sia fisici (una potente ricarica energetica) che emotivi (una sensazione impagabile di grande intimità con l'ambiente naturale).
Noi, al contrario, siamo nati e vissuti immergendoci appieno nella natura e nei suoi fenomeni meteorologici: bastavano le prime gocce di pioggia perché un gioco all'aperto diventasse ancora più interessante e coinvolgente (Alce rossa, caccia al tesoro, orienteering).
Bastava vedere scendere i primi fiocchi di neve perché, una volta usciti di casa, non fossimo più rintracciabili ai richiami dei nostri genitori per tutto il resto della giornata.
E come non ricordare i vestiti inzuppati e il nostro viso stravolto al ritorno in colonia a Carbonare dopo una escursione compiuta sotto un temporale estivo.


Gli antichi consideravano il camminare come qualche cosa di salutare e il motto solvitur ambulanda (camminando si risolve) lo dimostra.

Basta il solo contatto con un contesto ambientale diverso da quello che frequentiamo abitualmente, basta camminare in un viottolo di campagna se non è ancora possibile raggiungere la montagna e intraprendere un'attività diversa da quella di solito sedentaria con cui occupiamo la maggior parte del nostro tempo, per cogliere subito un punto di vista diverso sulle questioni che ci preoccupano, e intravedere nuove possibili soluzioni.

Allora forse riusciremo anche a vedere il paesaggio della nostra anima.

lunedì 2 marzo 2009

Riappropriarsi della vita


Riappropriarsi del tempo.
Camminare salendo piano e fermarsi, solo qualche secondo, ad ascoltare il silenzio del nulla.

E poi, piano, ricominciare a muoversi.
Fermarsi di nuovo a pensare, parlarsi e rispondersi, ritrovandosi.

Stendersi poi sulla neve e restando in questa posizione cambiare la prospettiva e guardare tutto da un altro luogo.

E poi ricominciare a camminare riscaldati dagli scarponi umidi di memoria e di emozioni.



Camminare fino a quando le luci appaiono ormai lontane, il tramonto riparato, ed i passi riecheggiano nel silenzio e nell’oscurità che è un’oscurità che non minaccia.

Tutto senza fretta, assolutamente senza uno scopo, nemmeno quello di arrivare.
Lentamente e dolcemente.

Ma cosa vai a fare lassù?

Cammino dentro di me, nel mio paesaggio interiore.
Ed è bellissimo.