domenica 15 marzo 2009

Camminare il paesaggio dell'anima


Camminare per poter osservare, gustare ed assaporare, nel modo più ampio e profondo possibile.
Camminare in sintonia con i ritmi dell'ambiente, con tutto ciò che si incontra lungo il sentiero, con tutto ciò che la montagna può offrirci.

Troppe volte invece ho visto escursionisti che avanzano sul territorio in modo assolutamente estraneo alla realtà nella quale stanno viaggiando.
Troppe volte ho conosciuto alpinisti con l'unico obiettivo di arrivare alla meta nel minor tempo possibile, indipendentemente da ciò che li circonda solamente per raggiungere un risultato competitivo.


La montagna, il bosco, il fiume, vissuti in ogni condizione atmosferica, con pioggia, neve, vento, sole, oppure al tramonto o di notte, donano sensazioni particolari, uniche, irripetibili.
Purtroppo oggi, nella mentalità corrente, questo contatto ravvicinato è da evitare, perché queste sono condizioni da cui mettersi al riparo.
Un luogo comune della società moderna iperprotettrice è questo "non uscire perché fa freddo", "resta in casa perché il tempo si mette a pioggia", "non sporcarti, non sudare".



Il fatto di vedere tutto ciò che non è asciutto, soleggiato o pulito come qualcosa da evitare, ha creato questo blocco mentale che impedisce di vivere appieno tutti i fenomeni naturali e riceverne di conseguenza benefici sia fisici (una potente ricarica energetica) che emotivi (una sensazione impagabile di grande intimità con l'ambiente naturale).
Noi, al contrario, siamo nati e vissuti immergendoci appieno nella natura e nei suoi fenomeni meteorologici: bastavano le prime gocce di pioggia perché un gioco all'aperto diventasse ancora più interessante e coinvolgente (Alce rossa, caccia al tesoro, orienteering).
Bastava vedere scendere i primi fiocchi di neve perché, una volta usciti di casa, non fossimo più rintracciabili ai richiami dei nostri genitori per tutto il resto della giornata.
E come non ricordare i vestiti inzuppati e il nostro viso stravolto al ritorno in colonia a Carbonare dopo una escursione compiuta sotto un temporale estivo.


Gli antichi consideravano il camminare come qualche cosa di salutare e il motto solvitur ambulanda (camminando si risolve) lo dimostra.

Basta il solo contatto con un contesto ambientale diverso da quello che frequentiamo abitualmente, basta camminare in un viottolo di campagna se non è ancora possibile raggiungere la montagna e intraprendere un'attività diversa da quella di solito sedentaria con cui occupiamo la maggior parte del nostro tempo, per cogliere subito un punto di vista diverso sulle questioni che ci preoccupano, e intravedere nuove possibili soluzioni.

Allora forse riusciremo anche a vedere il paesaggio della nostra anima.

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