martedì 30 giugno 2009

Un futuro in malga

Soprattutto nei momenti come questi, mi assale spesso il desiderio di lasciare tutto e di andare a vivere con una impronta ecologica bassissima, mantenendo comunque una buona qualità della vita.

E allora per qualche giorno cerco tra i ricordi delle escursioni fatte, tra le foto in archivio e su internet un luogo ideale tra le mia amate montagne, un luogo che possa restituirmi le atmosfere rarefatte e le tinte livide dei paesaggi e dei protagonisti dei libri di Mario Rigoni Stern o di Mario Martinelli.
Un luogo dove poter cogliere quotidianamente tutte quelle dimensioni di essenzialità e di semplicità che caratterizzano da sempre le Terre Alte, e che rappresentano sempre una straordinaria opportunità di esplorazione e compimento interiore, oltre che di conoscenza.
Un luogo nel quale il fascino della vita semplice e la vertigine di una ritrovata nostalgia accendono sentimenti ed emozioni appaganti.

Ed è in questa ricerca che mi sono imbattuto in un Blog che mi ha ancor più stimolato oltre che divertito e dal quale vi riporto uno stralcio.

da aghost del 9 marzo 2009:

"Una bella iniziativa nasce da un blog, lavoro in alpeggio, dell’Associazione AnaMont, con l’intento di far incontrare domanda e offerta. Ci sono tantissimi giovani (e non) che, pur non avendo nessuna pratica di alpeggio, vorrebbero quantomeno cimentarsi a fare i malgari, scappare dalla città e fare un’esperienza diversa nella natura, con gli animali. Perché no?

Sarò un sognatore, un ingenuo, un illuso, ma mi chiedo perché non si potrebbe incentivare una colonizzazione all’incontrario, dal fondovalle alla montagna. Nel solo Lagorai, in Trentino, esistono circa 300 malghe, molte delle quali in rovina, come del resto in tutta la provincia. Perché non pensare ad un progetto di recupero? Perché non prevedere corsi di formazione, ed assegnare ai nuovi coloni una malga? Con contratti a tempo: se va bene bene, sennò avanti un altro. Ma intanto la malga non va in rovina, funziona, viene utilizzata e mantenuta, si possono creare prodotti tipici di nicchia, con un marchio proprio. Oggi se uno non è figlio di contadini e non ha un’esperienza pregressa nel campo, ben difficilmente può pensare di ottenere una malga da gestire.

La Provincia di Trento è capace di spendere 200 milioni di euro (200!) per il tunnel stradale di Martignano, 40 milioni di euro per il collegamento sciistico dentro il parco di Paneveggio ai Laghi di Colbricon, altri 50 per il collegamento Pinzolo – Campiglio, solo per i citare gli “investimenti” più clamorosi nel mare magnum dei finanziamenti a pioggia, a fondo perduto, per l’industria sciisitica.

Cosa si potrebbe fare per le malghe con 50 milioni di euro? Quanta nuova occupazione si creerebbe in un settore che non sia, una volta tanto, lo sci? Perché non si può pensare di finanziare e sostenere attivamente un recupero serio delle malghe, invece di buttare montagne di soldi in altra ferraglia che produrrà fatalmente altri passivi da ripianare coi soliti finanziamenti pubblici?"



martedì 16 giugno 2009

La montagna e le sue stagioni

Sono rimasti davvero pochi, come mi diceva Giorgio, quelli che riescono a raccontare la montagna come vorremmo.

Dopo che anche Mario Rigoni Stern ci ha lasciati ci restano ben pochi scrittori che abbiano il coraggio di soffermarsi sugli aspetti meno muscolari di una scalata per farci scoprire qualcosa di diverso da un risultato, da una performance, dall'apertura di una nuova via.
In questo momento forse solamente Mauro Corona e Mario Martinelli riescono a trasmetterci con i loro racconti quelle emozioni e a farci scoprire gli aspetti meno folcloristici e idilliaci del vivere nelle Terre Alte.

Camminare su un sentiero ascoltando le voci del bosco fino a quelle fievoli della natura in alta quota è la cosa più anacronistica che al giorno d'oggi puoi proporre alle persone.
Camminare senza un obiettivo, senza una cima da raggiungere, un vaio da superare, senza nulla di tecnico (picozza, ramponi, corde, moschettoni, dissipatori.....) è un gesto che cozza duramente contro la modernità, un residuo del passato, un segno di vecchiaia.

Perché oggi la montagna è diventata prestazione,
perché oggi ha voce solamente chi può vantare un risultato.

Ma camminare in montagna senza una meta, senza un obiettivo, senza la necessità di una performance è al contrario un modo per mettere a nudo la nostra anima e il nostro io più profondo e segreto.
Camminare è meditare.
Il ripetersi di un passo dopo l’altro è come recitare un mantra. Camminare aiuta a rilassare la mente, a lasciar scivolare i problemi che ci affliggono senza trattenerli, a far entrare nuovi pensieri e nuove idee positive.
Camminare allora diventa un modo per ritrovare se stessi.

Camminare è riappropriarsi del tempo.
Camminare è ascoltare il cambiamento che le stagioni provocano nel paesaggio che ti avvolge.
Camminare salendo piano e fermarsi, solo qualche secondo, ad ascoltare il silenzio del nulla.
E poi, piano, ricominciare a muoversi.
Fermarsi di nuovo a pensare, parlarsi e rispondersi, ritrovandosi.
Tutto senza fretta, assolutamente senza uno scopo, nemmeno quello di arrivare.
Lentamente e dolcemente.
Camminare dentro.
Ed è bellissimo.

domenica 14 giugno 2009

Unexpectedly


Sono 34 anni che vado a funghi, ma .....

Certo i primi anni, al seguito di mio padre o di qualche suo amico, erano anni solo di euforie o cocenti delusioni.
Non erano certo anni in cui si cercava di capire ne tantomeno di studiare i funghi e il loro ambiente.

Certo non ho mai avuto la metodicità di qualche amico toscanaccio
che tiene da anni le tabelline giornaliere delle piogge e delle nuove nascite

...... ma certamente una stagione come questa non me la ricordo proprio.

Finora quest'anno si sono trovate poche spugnole
e quasi esclusivamente nelle zone collinari.
Così pure per i prugnoli.

E ora sono settimane che si continua a sperare nella nascita dei rossi (b. pinophilus),
e invece................ NULLA, ma proprio nulla.

E allora pensi:
"Quest'anno, come è già successo altre volte, la stagione inizierà con gli estatini (b. aestivalis)"
Ma anche di questi zero assoluto.

Poi ti raccontano che agli inizi della settimana appena trascorsa hanno trovato i primi edulis nell'Altopiano della Vigolana, ma poi per due giorni ha tirato un vento tale che ha asciugato tutto il bosco rendendolo simile ad un deserto.



.... ma ieri sera quando Maurizio mi chiama al telefono dicendomi:
"Mario vieni che sono usciti sotto il castagno "

... sono rimasto senza parole.
Agitato come al mio primo giorno di scuola, ho preso di corsa la digit e mi sono precipitato in collina ...........
. percorsi un centinaio di metri lungo la carrareccia che si inoltra nel piccolo boschetto di castagni ho iniziato a vedere funghi che non trovavo da molti anni nelle nostre colline.

....e poi finalmente loro:
Boletus aereus
detto anche "brisa mora" o "bronzino".

lunedì 8 giugno 2009

Off Topic


"In delirio per Silvio" titolava l'altro giorno il Tempo sopra la classica foto del bagno di folla.
"Villa Certosa è il paradiso terrestre" sosteneva Fede; e
"ogni minuto con lui è un dono divino" venerava la velina Alloro.

Perché l'idolatria ha oramai esteso il suo tempo e la sua soglia infuocata,
.......................ma pure i voti hanno un loro valore,
specie se e quando servono a spegnere le fiamme.

La Repubblica.it , 8/06/2009

venerdì 5 giugno 2009

..... avere tempo

Non basta aprire una finestra per vedere all’orizzonte il mare e la laguna mischiarsi tra le isole di Venezia .
Non basta non essere ciechi
per vedere gabbiani e garzette rincorrersi nella luce tenue del tramonto.
Bisogna anche aver tempo.
Con la fretta non vi sono lagune e tramonti: vi sono solo “scatti”. ......

Avere tempo,

cioè non averne per tutto ciò che non è indispensabile.

Una scelta di andamento lento.
Perché il tempo è ciò che ne facciamo di lui, con egoismo o con generosità, è un lusso che scegliamo di godere o condividere, un prefissarsi obiettivi e priorità,
è un “qui ed ora” volontario che decide le nostre sorti.

Tutto il resto,
compreso il non averne, riguarda esclusivamente l’agenda o il calendario su cui scriviamo i nostri alibi,
non noi.
Ci fermiamo un attimo,
ci guardiamo,
sorridiamo perché scopriamo di vivere probabilmente male.

Così la lentezza è il solo ritmo che ci permette di riconquistare la vita, riscoperta quando scegliamo di rimandare, .....
quando decidiamo priorità più adatte alla nostra anima.


E le priorità restano,
continuando a vivere di gioiosa impazienza, .......
l’unica che possa garantire il diradarsi lento del loro sapore.


Liberamente rielaborato da “Frammenti” di S. Miola







Gli scatti sono stati fatti nei pressi dell' Antica Dogana, Treporti (Venezia)

giovedì 4 giugno 2009

Itinerari in bicicletta tra mare e laguna: l'isola di S. Erasmo

Al terminal di Cavallino-Treporti prendo la motonave ACTV della linea 13 con direzione Sant'Erasmo. Il vaporetto si riempie subito di isolani indaffarati e pieni di borse della spesa.
Tra le isole della laguna nord di Venezia c'è sempre un viavai continuo di persone che si spostano da un'isola all'altra senza mai approdare a Venezia.
Vivono in un mondo totalmente lagunare, a pochi chilometri in linea d'aria da Mestre, ma è come se vivessero in un arcipelago in mezzo al mare, pienamente a loro agio in questi microcosmi anche linguistici e comportamentali.
Il battello procede "divagando", facendomi percepire come un inganno l'apparente piatta uniformità dell'acqua lagunare.
Passiamo a poca distanza da pescatori di capelonghe che camminano tranquillamente sulle acque approfittando di questi due giorni continui di bassa marea per pescare questo mollusco tra le velme.
(Le velme sono terreni sabbiosi e fangosi che emergono unicamente con la bassa marea.)

Oltre le mura di contenimento osservo spuntare tra le robinie, i sambuchi e i rovi alcune sagome di pioppi bianchi e neri, olmi e in mezzo a questo verde di tonalità e sfumature diverse qualche macchia gialla di ginestre ancora in fiore, o le infiorescenze a grappolo del gelsomino J. polyanthum bianche e profumatissime.

Unica presenza umana apparente: l'osteria dell'imbarcadero......
A ogni approdo, come ad ogni stazione di questa via crucis lagunare, un'osteria sgangherata mi attende, e sembra sempre la stessa; stesso bancone lungo con in bellavista ogni sorta di stuzzichini veneziani detti "cicheti", stessa ampia pergola, stessi tavolini arruginiti all'aperto, fantasma di uno scenario grottesco di una delle infinite periferie del mondo.
Siamo forse in Slovenia o nella Bosnia di Kusturica, o in qualche altra piana danubiana, oppure in un angolo sperduto dell'Indonesia, o ancora in un'isola remota del Pacifico ?
Lo scrittore veneziano Corto Maltese non ha mai avuto bisogno di spostarsi dalla laguna per sognare i suoi personaggi e immaginare gli ambienti fantastici in cui inserire i protagonisti dei suoi racconti.
Queste Osterie fungono ancora da stazioni di posta per le barche di passaggio.
Arrivano in barca, accostano al pontile, scendono a comprare le sigarette oppure a farsi un "cicheto" al banco scambiando un paio di battute al volo e poi ripartono.
Oppure si fermano a barattare il pesce appena pescato con un mazzo di asparagi o di carciofi recitando ancora una volta lo stesso copione millenario.

Da secoli ormai, in laguna di Venezia in particolare a Sant'Erasmo, Lio Piccolo, Malamocco, si producono carciofi di grande qualità, che a dispetto delle mode del mercato globale, riescono a conservare antichi sapori.
Questa tradizione permane soprattutto a Sant'Erasmo, i cui terreni, consentono la coltivazione di verdure saporite tra le quali il carciofo violetto che ha preso il nome proprio da quest'isola.
Tenero, carnoso, poco spinoso e di forma allungata, il carciofo di Sant'Erasmo ha le brattee color violetto cupo, che racchiudono un cuore dal gusto inconfondibile.


L'isola, pur essendo una delle più estese isole della laguna di Venezia, è scarsamente abitata e proprio per questa sua poca vitalità è luogo di silenzi, di atmosfere rarefatte, quasi sospese nel tempo.
Una laguna dove il silenzio è sovrano e forte è l'odore salmastro ed arso delle tamerici frammisto a quello che il vento di mare porta con se.

mercoledì 3 giugno 2009

Il carciofo violetto di Sant'Erasmo


Da secoli ormai, in laguna di Venezia in particolare a Sant'Erasmo, Lio Piccolo, Malamocco, si producono carciofi di grande qualità, che a dispetto delle mode del mercato globale, riescono a conservare antichi sapori.

Questa tradizione permane soprattutto a Sant'Erasmo, i cui terreni, consentono la coltivazione di verdure saporite tra le quali il carciofo violetto che ha preso il nome proprio da quest'isola.
Tenero, carnoso, poco spinoso e di forma allungata, il carciofo di Sant'Erasmo ha le brattee color violetto cupo, che racchiudono un cuore dal gusto inconfondibile.

A Sant’Erasmo i primi carciofi vengono raccolti verso inizio di aprile.

Questi carciofi, inclusi tra i "Presìdi di Slow Food" e che vedono letteralmente impazzire i veri intenditori, sono le “castraure”, cioè il frutto apicale della pianta di carciofo che viene tagliato per primo in modo da permettere lo sviluppo di altri 18-20 carciofi laterali (botoli) altrettanto teneri e gustosi.
Le castraure sono famose per il loro gusto unico e particolare, un carciofo tenerissimo dal leggero sapore amarognolo, che ne esalta l’inestimabile valore organolettico



Fettuccine con castraure, mazzancolle e mela renetta

ingredienti:
320 g di fettuccine all'uovo
8/10 castraure
8/10 mazzancolle sgusciate
1 mela renetta
1 spicchio d'aglio
olio extravergine di oliva Tapa Olearia
50 g di burro di malga
1/2 bicchiere di Gewürztraminer Kolbenhof
prezzemolo
sale e pepe q.b.



In una padella capiente far rosolare nell'olio
extravergine d'oliva l'aglio schiacciato , quindi aggiungere i carciofi tagliati in quattro parti , le mazzancolle e la mela sbucciata e tagliata a fettine sottili e il burro a pezzettini.
A fiamma viva versare 1/2 bicchiere di bianco Gewürztraminer, e continuare la cottura per qualche minuto. Salare e tenere in caldo.
Nel frattempo, cuocere la pasta al dente, scolarla e versarla nella padella con il sugo appena
preparato. Spadellare il tutto a fuoco vivo per un minuto. Servire, infine, con una bella grattugiata di pepe e, a piacere, una spruzzata di prezzemolo.

Accompagnare con Gewürztraminer della tenuta Kolbenhof di Hofstätter Joseph