martedì 8 settembre 2009

I segreti di un grande formaggio

Storicamente gli allevatori del comune di Levico hanno sempre alpeggiato il proprio bestiame sull’Altopiano delle Vezzene: una zona del tutto diversa dalle vallate del Lagorai e particolarmente vocata al pascolo.
Infatti il toponimo “Vezzena” è fatto derivare dal tedesco Wiesen che significa prati.
Il territorio occupa la parte nord-occidentale dell’altopiano di Asiago.
I pascoli, suoi componenti principali, conquistati alla foresta da tempo immemorabile, sono circondati da boschi di abete rosso e, in misura minore, di abete bianco e di larice.
La vegetazione dei pascoli dell’altopiano può essere rappresentativa di molti pascoli del Trentino, anche se in questo altopiano si trovano delle specie che si possono definire “ottime foraggere” e che danno al formaggio, che qui si produce, un sapore ed un profumo del tutto particolare.
Ed è proprio da queste erbe che nasce un formaggio eccellente quando viene stagionato oltre l’anno: il Vezzena.
E il formaggio prodotto in malga, così come il vino, sono l’espressione del clima e del territorio in cui viene prodotto. A riprova di ciò, il nome di questo formaggio richiama quello del toponimo della località. Un legame inscindibile garantito dal sapiente lavoro del casaro e rafforzato dalle certezze di una tradizione centenaria. Dare il proprio nome ad un formaggio non è il risultato di una momentanea mancanza di fantasia, ma la prova che quanto uscito da queste malghe conserva la stessa identità di chi l’ha prodotto.

Durante la lavorazione del latte, Tullio il casaro di malga Biscotto, è l’officiante di un rito arcaico, fatto di gesti che non hanno età.
La mungitura della sera prima si lascia raffredare in recipienti larghi e bassi nel locale più fresco della casara e dopo aver levato la panna affiorata la si aggiunge alla mungitura del mattino già versata nella grande caldaia di rame. Con il fuoco il latte viene portato a 27°. A questo punto viene aggiunto il caglio per il coagulo che viene successivamente rotto e rimestato fino a formare dei granuli come dei chicchi di riso. La temperatura viene allora portata a 37-38° e solo allora viene levato il fuoco da sotto la caldaia.
Quando la cagliata si è depositata sul fondo, con l'avvenuta separazione dal siero, verrà lasciata riposare ed infine levata e riposta, comprimendola con le mani, dentro le apposite fasciere in legno.
Dopo qualche giorno incomincerà la salatura, non per salamoia, ma a secco che durerà quindici giorni.
Poi ci sarà il voltamento delle forme, la raschiatura e la oliatura con olio di lino crudo.
A sei mesi si potrà gustare, a un anno è ottimo, a due è degno del miglior torcolato di Breganze.

Dal latte al formaggio, con movenze solenni e sicure che oggi ben si sposano con nuove tecnologie. La modernità, in malga, riesce ad avere ancora un volto umano e a conservare il prezioso retaggio del passato senza stravolgerlo. Così il sapore di questo formaggio, famoso fin dai tempi della Serenissima Repubblica è rimasto immutato nel tempo.
Un sapore che ci parla di tante cose.
Delle levatacce per la prima mungitura, ai temporali estivi che sorprendono per la loro intensità e brevità, dal silenzio indimenticabile di questo altipiano, ai pascoli e alle erbe che le bestie hanno brucato, essenze floreali, particolari ed uniche, che ritroviamo, miracolosamente trasformate, nel formaggio Vezzena che stiamo degustando.

Così ogni semplice assaggio può trasformarsi in una gioia per i sensi, un’esperienza ludica capace al contempo di educare ai piaceri di un piatto semplice ma nello stesso tempo straordinario nella sua armonia: Delizia di edulis e Vezzena

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