martedì 22 novembre 2011

L'Ultimo abbraccio della montagna

Venerdì scorso, nell'ambito della VII° edizione della Rassegna SenzaOrarioSenzaBandiera, è stato presentato il libro, L'Ultimo abbraccio della montagna - l'avventura estrema di Karl Unterkircher, che racconta la storia di Karl e del suo indissolubile rapporto con la montagna: le Dolomiti, dove è nato e cresciuto, e con l'Himalaya, dove ha trovato il senso profondo dell'alpinismo estremo.

La voce narrante è quella di Silke Unterkircher, compagna di Karl per 12 anni, con il quale ha avuto tre bambini. Ma all'interno si trovano anche i ricordi di amici e compagni di cordata di Karl, oltre a stralci dei diari di spedizione dell'alpinista.

Cosa ha portato Karl e i suoi amici Simon e Walter a sfidare quelle pareti inespugnabili? Cosa spinge un uomo a cercare una sfida così audace? In questo tributo appassionato al padre dei suoi tre figli, Silke ci restituisce il ritratto di un uomo legato indissolubilmente a quel mondo magico che amava quasi più della sua stessa vita, e ci aiuta a capire che spesso dietro scelte così rischiose non si nasconde un desiderio di affermazione personale, ma un sentimento del tutto estraneo a chi non conosce la magia dell’esplorazione. Perché, come diceva Karl, «non sono gli scalatori a cercare il rischio; è la montagna che chiama..»

«Se avessi chiesto a Karl di non partire - ha detto Silke rileggendo dal suo scritto - forse lui oggi sarebbe ancora qui, accanto a me. Ma non sarebbe stato l'uomo un po' sopra le righe, ma unico e speciale, che ho conosciuto e amato. Scalare, conquistare le vette, guardare oltre le nuvole per Karl era l'essenza della vita......
Non mi sono mai pentita di averlo lasciato andare, anche l'ultima volta.
Aveva nel cuore la sete dell'infinito. Io l'ho sempre saputo. Ed è per questo che ho accettato le angosce delle separazioni, le lunghe assenza, le ore di ansia e trepidazione quando non avevo più sue notizie, il peso, che a volte mi sembrava insostenibile di dover portare avanti la famiglia da sola........
Scrivere questo libro non è stato solo il tentativo di raccontare la straordinaria avventura umana ed alpinistica di Karl, ma soprattutto di farlo con gli occhi e il cuore di chi ha aspettato, di chi ora resta consapevole che non ci sarà più nessun ritorno.»

martedì 8 novembre 2011

El casel dei Masi

Al semaforo di Grumes, in Valle di Cembra, si imbocca a sinistra la stradella che sale ai Masi Alti.
E' quasi come tornare indietro nel tempo, mentre percorrendo la stretta strada costeggiata da un bosco in cui si alternano gruppi di castagno, pino silvestre e faggio, ci si inoltra in una valletta quasi sperduta, punteggiata di baite e casette di montagna.
Un paesaggio silenzioso e coloratissimo che si attraversa quasi con stupore, fino a un gruppetto di case dove spicca una nuova costruzione: il ristorante "El Casèl dei Masi".

Sorge esattamente dov'era il vecchio caseificio dei masi, da anni ormai in rovina.
Fino agli anni sessanta era utilizzato dai censiti dei Masi come caseificio, ed era proprietà indivisa degli abitanti. Nel 2002 l’Amministrazione comunale di Grumes ha dato corpo al progetto di recupero acquisendo l’immobile e le pertinenze per destinarlo all’uso turistico ricettivo.

Si rimane molto sorpresi per l'alto livello della cucina in un posto così, diciamo, isolato: locali arredati con gusto, piatti di classe decisamente superiore.
Uno straordinario mix tra tradizione e innovazione senza scadere nell'eccessiva elaborazione dei piatti che stonerebbe con questo luogo di silenzio e di tradizioni di montagna ancora genuine.

La base è quella della cucina tradizionale trentina, ma lo chef in cucina dispone di fantasia e originalità e propone spesso sue elaborazioni molto interessanti e, soprattutto, buonissime come il Tortel di patate con lardo ai marroni, speck, carne salada e salame di cervo con formaggi di malga, per non parlare della favolosa torta di noci con crema al caffè.

Indirizzo: Maso Noldi, 7 - Grumes (TN)
Tel: 0461 688012
Prezzo: 25,00 - 32,00 € 

giovedì 3 novembre 2011

Locanda del Passatore

Se dopo aver assaporato con gli occhi e con il cuore i colori e i silenzi delle Colline Avisiane e i vigneti terrazzati della Val di Cembre volete fermarvi per una sosta enogastronomica, allora dovete immergervi in uno dei paesi caratteristici della Valle e fermarvi alla Locanda del Passatore.

E' necessario cercarla, perché non è facile scoprirla tra le anguste stradine di Faver in Val di Cembra.
Bisogna spingersi all'interno del paese, tra i vicoletti più stretti, sbagliare strada, tornare indietro e poi infine ecco il casale, immerso nel verde, ingentilito da un giardino ben curato, con un panoramicissimo poggio che si apre in un incantevole visione della valle.

I locali sono arredati con stile minimalista e vestiti di eleganza tipica delle dimore gentilizie trentine.
Un ambiente elegante, un’atmosfera raffinata, per una cucina ricercata nella qualità, sobria nei piatti.
Il tutto risulta molto gradito per chi cerca, e sa apprezzare, l’identità culturale del paesaggio, in termini di architettura di montagna, passeggiate e declivi plasmati dall’uomo in secoli di tradizione vitivinicola. 

Una cucina originale quella di Gianni Bacci, cuoco dalle radici romagnole che ama la montagna e i suoi prodotti; piatti di tradizione trentina reinventati con fantasia, elaborati con il cuore attento alle tradizioni gastronomiche che solo la Romagna sa trasmettere.

Sformatino di zucca e verdure su letto di trentingrana

 La Locanda del Passatore propone menù particolari, che sposano due culture gastronomiche diverse e in grado di offrire ricette realizzate con materie prime di qualità,  con un'attenzione particolare ai prodotti di stagione.

crème caramel di castagne con salsa di uva fragola

                      La Locanda del Passatore
                      Indirizzo: Via Campagna, 16 - 38030 Faver
                      Tel: 0461 683111
                      Prezzo: 30,00 - 40,00 € a la carta 
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martedì 1 novembre 2011

La montagna si tinge d' autunno: le Colline Avisiane, Faedo e la val di Cembra

La strada del Vino e dei Sapori Colline Avisiane, Faedo e Val di Cembra è un tracciato dai contorni storico-culturali e paesaggistici caratteristici ed interessanti. Oltre agli undici Comuni della Val di Cembra vi confluiscono i Comuni di Lavis e Faedo.
Un viaggio in questo territorio permette la conoscenza di un paesaggio variegato che gli abitanti sono riusciti a domare pur preservendone la selvaggia bellezza, ancora più marcata in questo periodo dell'anno dai toni caldi dei colori autunnali.

Caso piuttosto significativo di continuità fra viabilità antica e moderna, la Strada del Vino nel tratto compreso tra Lavis e Faedo ripropone l’itinerario della Via Claudia Augusta, l'antica strada romana di grande rilevanza politica e commerciale di collegamento tra il mondo latino e quello germanico.

Un’altra via che interessò più direttamente la zona fu tracciata in epoca medievale: si trattava della strada montana che collegava il Piano Rotaliano con Salorno attraverso Faedo ed il Passo Spinello (Sauch) e che si raccordava alla via cembrana che portava a Segonzano e a Pergine.
Di questa via si ha notizia dal pittore tedesco Albrecht Durer che, in viaggio verso Venezia, si trovò a passarvi poiché il transito nel fondovalle gli era impedito da una delle ricorrenti esondazioni del fiume Adige.
Anticamente infatti, le acque impetuose del torrente Noce, dopo aver attraversato la Piana Rotaliana, si gettavano impetuosamente nel fiume Adige nei pressi dell'attuale ponte di S. Michele, provocando il riflusso verso nord del grande fiume che esondava allagando il fondovalle fino a Salorno ed Egna. L'unico modo per passare era prendere la via che da Salorno saliva al Sauch per poi scendere a Faedo-Giovo.

Ad iugum (dal latino iugum = passo), da cui il nome Giovo, era detto appunto il passaggio che da Salorno attraverso il territorio di Faedo, scendeva in Val di Cembra e a Trento, aggirando a monte la Piana Rotaliana. A Ville, una delle frazioni di Giovo, è ancora oggi visibile, al centro del paese, la torre di guardia edificata nel XV secolo con evidente funzione di presidio e di controllo dei traffici commerciali.

Usciti dall'autostrada e salendo da San Michele ci si accorge subito che il paesaggio delle colline Avisiane del Faedo e della Val di Cembra ha ben poco a che vedere con la monotonia dell' agricoltura industrializzata della Valle dell'Adige. Qui i vigneti terrazzati con muri a secco, rappresentano un vero e proprio monumento alla natura, e sono la testimonianza di un rapporto secolare tra uomo e territorio.   I muretti a secco consentono alla vite di essere coltivata in montagna beneficiando nel contempo di un ottimo drenaggio delle acque e della capacità per il vigneto di interagire con il mondo naturale.

La storia e l’identità di questi luoghi si deve quindi, storicamente, alla mano dell’uomo, che nel corso dei secoli ha saputo rendere produttivo un territorio altrimenti impervio e selvaggio.
Infatti un aspetto rilevante degli insediamenti nella zona delle Colline Avisiane e Faedo è dato dalla presenza di masi testimoni di un’antica fase di colonizzazione germanica che ebbe il suo massimo sviluppo nel Medioevo.

Dalle Colline Avisiane, costellate dai Masi, in gran parte rimessi a nuovo, derivati dai dissodamenti germanici medioevali si raggiunge Faedo. Questo piccolo paese possiede la tipica immagine dell’antico borgo, regalata soprattutto dalle case con struttura architettonica antica che si affacciano sulle stradine acciotolate e dalle due chiese e dal castello presenti sul territorio.

Da Fontanelle di Faedo spostandosi verso la Val di Cembra si possono ancora scorgere, lungo la strada, le entrate e i cunicoli delle antiche miniere argentifere.
In Valle di Cembra i villaggi sono costruiti al confine tra i i vigneti terrazzati con muri a secco e il bosco, su terrazzamenti formati da depositi di natura alluvionale.

Un esempio e una regola urbanistica non scritta, ormai perduta per sempre, di occupazione razionale dello spazio disponibile. L’ambito inferiore della strada rientra nel cosiddetto paesaggio della vite: ampi terrazzi vitati si estendono nella zona collinare di Lavis, Faedo e in Valle di Cembra sino a Faver e Segonzano.

La parte superiore, oltre a costituire l'agglomerato urbano, è invece caratterizzata da un paesaggio più selvaggio ed austero, dove i terrazzi un tempo destinati al foraggio, sono ora interessati da un bosco di latifoglie e conifere forse tra i più belli di tutto il territorio trentino.

Così questo territorio mantiene orgogliosamente, ancora oggi, gli aspetti originali di un mondo rurale lontano da un turismo di massa fatto di nuovi impianti a fune e di caroselli sciistici che hanno oramai alterato irrimediabilmente il territorio dolomitico del Trentino.