domenica 9 dicembre 2012

cima Verena con la prima neve

Con la prima neve si risveglia anche la voglia di calzare le ciaspe e di pestare la neve per risentirne il rumore nel silenzio assoluto del paesaggio.
Così, su due piedi, decido di intraprendere una nuova escursione invernale nell'Altopiano di Asiago: la cima del Monte Verena. E dal momento che le piste apriranno tra qualche giorno decido per un percorso che mi tenga lontano dai gruppi di pensionati-ciaspolatori rumorosi e goliardici.

Da Roana salgo in auto fino alla casara Campovecchio (1.593 mt) dove parcheggio l'auto non senza difficoltà a causa della neve abbondante a bordo strada, dove ha inizio il sentiero Cai n. 820.
L'innevamento è discreto (34-45 cm), la temperatura sotto lo zero (il termometro dell'auto segna - 7°) ed è una stupenda giornata. Calzo le ciaspole per la gran voglia di usarle anche se il manto nevoso lungo il sentiero è battuto al punto che potrebbe sembrare superfluo usarle.

Oltre la localita' Croce del Civello raggiungo un incrocio ( 1.739 mt) dove il segnavia 820 indica la destra per Casara Verena, Malga dei Quarti e la cima del Verena. Decido, al contrario, di tenere il sentiero di sinistra che segue vecchi camminamenti militari lungo il costone della montagna.


Dopo pochi minuti oltrepasso sulla mia sinistra il grazioso Baito Spelonca recentemente ristrutturato e, dopo un altro allungo, un vecchio edificio militare (Casermette) che conserva quasi intatta la facciata.



Più avanti, dopo un allungo, ritrovo il sentiero 820, che sale dalle malghe, in corrispondenza di un tornante dove la vista si apre stupendamente verso le cime settentrionali dell'Altipiano, la Cima Portule con il suo lungo profilo che scende verso sud, Cima Larici e Manderiolo che racchiudono la piana di Vezzena.

Manca poco alla vetta, occupata dai resti del  famoso Forte Verena, dal rifugio omonimo e dalla stazione a monte dei vecchi impianti sciistici. Una volta arrivato trovo la piazzola di sosta degli impianti occupata da un gruppo di pensionati-ciaspolatori per cui decido di non fermarmi e di salire sulla cupola nevosa che copre in parte i resti del forte (2.020 mt - 2 ore circa dalla partenza).
Splendido il panorama verso l'Adamello e il gruppo del Brenta.

Facendo attenzione a dove metto i piedi mi porto verso l'estremità nord-ovest dove un tempo c'erano le quattro cupole corazzate girevoli armate quattro  cannoni Armstrong in acciaio da 149 mm.
Alle ore 4 del 24 maggio 1915 dal Forte Verena partì il primo colpo di cannone da parte italiana della Grande Guerra che sancì l'entrata del Regno d'Italia nel primo conflitto mondiale.

Mi soffermo qualche minuto a leggere le tabelle illustrative.

Per il ritorno, dal momento che le piste sono ancora chiuse, scendo a destra della pista blu denominata "Panoramica" che si affaccia con pareti a picco sulla sottostante Val d'Assa fino ad un capannino in legno posto sul lato ovest della pista dove, con un piccolo passaggio tra i massi, mi sposto sulla strada forestale che scende lungo la valle delle carbonare (segnavia cai n. 820).

Non è ancora transitato nessuno e le uniche impronte sulla neve sono quelle numerose di caprioli, cervi e  di qualche rara lepre. Le impronte sono tutte sulla parte sinistra della stradina e sembrano orientate tutte verso la salita. Chissà forse anche loro hanno voluto fare un'ultima corsa verso la cima prima che gli impianti entrassero in funzione e con essi arrivassero le orde cittadine, vocianti e barbariche degli sciatori.

Prima di raggiungere la strada asfaltata dove ho lasciato l'auto, mi fermo ancora una volta e mi giro volgendo lo sguardo verso la cima del Verena dove si stagliano nitidi, accanto al recente rifugio, i resti del vecchio Forte.
Il pensiero torna alle parole lette e il ricordo corre a quei terribili momenti raccontati in pagine indimenticabili da M. Rigoni Stern, da E. Lussu e F. Weber.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello, bello, Mario. Ti invidio
Remigio