mercoledì 26 dicembre 2012

Lagorai: Panarotta e Fravort

Probabilmente molti trentini conoscono (almeno per sentito dire) la Panarotta: sicuramente molti di meno sono coloro in grado di collocare geograficamente il Monte Fravort, oppure il suo “gemello”, il Gronlait. Capita quindi spesso che quest’escursione costituisce, per chi l’affronta per la prima volta, la scoperta di “un nuovo mondo”: quello “magico” della catena montuosa del Lagorai.

L’area della Panarotta la si raggiunge dal centro abitato di Levico Terme, in Valsugana: la strada s’inerpica per 11 km, poi in località Compet si svolta a sinistra (indicazioni Panarotta, diritti si va a “Vetriolo”) e si giunge in poco tempo all’ampio parcheggio dove partono gli impianti di risalita della Cima Storta.(1770 mt)

La via più breve è quella che, attraversate a sinistra (facendo molta attenzione) le piste di sci sul lato ovest dello Chalet Panarotta, segue la forestale con segnavia cai 325 che, con un lungo traverso di circa 2 km (oltrepassando un'altra pista), porta fino ad un'ampia insellatura: La Bassa (1834 mt) con splendida vista sui gruppi dell'Adamello e del Brenta .

Noi abbiamo scelto di tenere questa alternativa per il ritorno preferendo salire a destra della pista lungo il sentiero cai 308 che ci ha portati alla sommità del monte Panarotta, allungando così il percorso e il dislivello ma permettendoci di godere di un panorame ineguagliabile verso la Valsugana e le cime settentrionali dell'Altopiano di Asiago (dallo Spitz Vezzena, alla strapiombande dorsale del Portule fino al monte Trentin e a cima Dodici).

Arrivati alla cima del Panarotta (2002 mt) si ha la sensazione di trovarsi in un paesaggio “lunare”, che emana un fascino indiscutibile, sebbene sia pesantemente deturpato dai tralicci delle antenne radio e dalle ex stazioni degli impianti di risalita, il tutto mescolato a trincee di guerra, postazioni e una grande croce; ma forse è proprio questo mix di elementi variegati e male combinati a rendere il luogo intrigante e allo stesso tempo un po’grottesco.

Dalla cima si prosegue verso nord, dapprima quesi in piano per poi scendere dolcemente sui prati de “La Bassa” (1834 metri), importante crocevia di sentieri che salgono oltre cha dagli impianti a valle del Panarotta anche dal rifugio Cinque Valli sopra a Roncegno. Il panorama verso la Valsugana mette in risalto una serie di paesi e zone artigianali senza soluzione di continuità. La valle sembra oramai quasi una città metropolitana

Arrivati a questo punto l'orientamento è ancora più elementare. Basta prendere la dorsale fino in vetta.
C'è un primo tratto boscoso ma comodo, poi la dorsale spiana e con un lungo e panoramico traverso quasi pianeggiante (Fontanella 2037 mt) si arriva sotto l'erta finale, che va affrontata sempre e solo con neve assestata.

Comunque il percorso è piuttosto frequentato dagli scialpinisti e c'è quasi sempre una traccia ben evidente che si può seguire.
 In ogni caso ci si tiene abbastanza a ridosso del crinale (non troppo perché bisogna sempre fare attenzione alle cornici), e con una serie di tornanti si guadagna quota abbastanza facilmente, fino all'ampia e panoramica vetta. (2347 mt).

I vari gruppi vocianti e chiassosi di scialpinisti e ciaspolatori sono già ridiscesi e in vetta regna  il silenzio più assoluto rotto solamente da qualche sporadica raffica di vento che solleva un velo di neve impalpabile. 
Ma si è fatto tardi e abbiamo poco tempo prima che il sole cominci la sua discesa.

Inizialmente scendiamo per lo splendido versante sud, accanto alla traccia di salita.
Arrivati in fondo, sulla dorsale pianeggiante a quota m 2037 detta "La Fontanella", decidiamo all'improvviso di modificare il percorso e anziché riprendere la dorsale boscosa e poco remunerativa che cala a La Bassa, scendiamo per l'ampio vallone che cala verso est fino a dei baiti recentemente ristrutturati dove facciamo una piccola sosta.

Una volta ripresa la traccia sulla neve ci accorgiamo che stiamo perdendo quota (1630 mt), mentre il gps ci mostra che il sentiero cai 372 che attraversa l'impluvio si trova ad una quota di un centinaio di metri sopra di noi. Purtroppo le tracce lasciate dagli scialpinisti che scendono dalla cima hanno cancellato quelle del sentiero battuto. Dobbiamo, con nostro rammarico, tornare sui nostri passi e risalire la dorsale fino a ritrovare la segnaletica a quota 1792.

Finalmente siamo tornati sul segnavia 372  che seguiamo con un lungo traverso e leggeri saliscendi. Dopo un'ora ci ritroviamo a La Bassa.
Sono le 16 e 30 e il sole sta oramai scomparendo dietro alle piccole dolomiti.   La luce diviene più tenue e rende uniforme e incolore la neve. Ma  siamo tranquilli perché stiamo camminando in tutta sicurezza lungo la forestale 325 che ci riporta in leggera discesa al parcheggio.

Lungo la strada di ritorno che in auto ripercorriamo per scendere a Levico non possiamo non fermarci qualche istante per gustarci uno straordinario tramonto.
Un tramonto così intenso e carico di colore che solo quassù in montagna si riesce ad assaporare pienamente in inverno.

E' così che mi ritornano alla mente le parole di Mario R. Stern che, raccontando l'inverno, scriveva "....anche il tempo diventa irreale e ti sembra di vivere in un mondo metafisico come dentro un sogno: non ha più peso il tuo corpo anche se il tuo passo è fatica e cammini vagando da pensiero a pensiero"

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