venerdì 22 febbraio 2013

L'Altopiano d'inverno

Nella società contadina, l'inverno segnava un rallentamento dei ritmi della vita quotidiana.
Soprattutto dopo una nevicata. Il tempo allora, non era più tiranno come nei mesi estivi e autunnali, permettendo a noi bambini dei paesi e delle contrade sparse sulle colline  al pomeriggio dopo aver terminato le lezioni o alla sera, dopo una frugale cena fatta di caffelatte e pane, di ritrovarsi in qualche casa.


Radunati attorno al fuoco del camino o al calore di una stufa a legna, gli adulti mettevano a confronto le esperienze vissute, mentre noi ascoltavano racconti e storie destinate a tramandare gli elementi fondanti della cultura popolare delle nostre valli e dei nostri paesi.

La tradizione vuole che in quelle serate facessero capolino racconti legati a esseri fantastici che si nascondevano nei boschi o negli sperduti valloni immersi nella bianca coltre, per uscire allo scoperto ai rintocchi di mezzanotte, lasciando evidentissime impronte nella neve.
I Salbanei, folletti burloni tutti vestiti di rosso, gli Orchi e i Gighigeghi, le Anguane e le Streghe, erano questi i personaggi più noti e più antichi che animavano quelle storie.

Si creavano storie e personaggi fantastici per dare risposte al mistero dei fenomeni naturali (voragini, echi, sibili del vento, pietre collocate nei luoghi più strani) e per tenere noi bambini lontano da questi posti pericolosi durante i nostri giochi. Infatti i personaggi che nascevano dalla fantasia avevano caratteristiche sempre legate alla conformazione del terreno: ai loch, agli anfratti e cavità del terreno, oppure alle grotte e alle grandi pietre. Tutto questo è rimasto nel corso dei secoli nella toponomastica delle Valli della Pedemontana e dell’Altopiano, ed ha permesso di salvare e trasmettere fino ai nostri giorni un ricco patrimonio di leggende e di fiabe.

Così, chi volesse armarsi di coraggio potrebbe percorrere un ideale tour dei luoghi legati alle leggende cimbre. Scoprendo, ad esempio, che poco sopra l’ex Istituto Elioterapico di Mezzaselva si trova la Stonhaus, una voragine in cui si nasconde la Casa dell’Orco, il luogo in cui vanno a finire i bambini disubbidienti. O che li vicino, a Camporovere, esiste il Tanzerloch, il buco della danza dove le streghe tenevano i loro sabba. 

Luoghi fatati, misteriosi, che riecheggiano di voci lontane e inquietanti. Una camminata sull'Altopiano di Asiago o di Vezzena può essere anche questo, un modo per unire l’escursionismo, la possibilità di ammirare incantevoli paesaggi e il contatto con una cultura ormai quasi del tutto scomparsa.
Ma attenzione a non mettere il piede sulle orme di un dispettoso Sanguinello, perchè si rischia di perdere l’orientamento e di smarrirsi nel bosco!

Percorso proposto:
Partenza: Laghetto di Roana (1100 mt)
Arrivo: malga Monte Erio (1536 mt)
Dislivello accum. totale ( 436 mt)
Distanza con altitudine: 9 km e 200 mt

Tempo impiegato: 3 h e 40'

martedì 12 febbraio 2013

Per non dimenticare

"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. " G. Garcìa Marquez
Non potrò mai ringraziare abbastanza la vita stessa per avermi riservato un'infanzia dove, quasi inconsapevolmente e pur in un contesto che mi ha privato della presenza di mia madre per un anno, sono cresciuto nella spensieratezza e nell'allegria regalati dall'affetto con cui, chi mi era rimasto accanto, mi ha sempre circondato.

Ritornando con la memoria a quegli attimi di vita apparentemente così lontani, ancora oggi mi stupisco per la forza con la quale essi richiamano in vita sensazioni che credevo di avere ormai perduto. Ecco allora l'aria profumata di cielo delle prime giornate che annunciavano la primavera quando, all'alba, spalancavo le verdi imposte delle finestre della casa dove abitavo.

Per la verità non era la mia casa ma quella dei proprietari che io inconsapevolmente chiamavo nonni e dove ho avuto la fortuna di abitare per i miei primi anni di vita. Fortuna certo, perché avevo capito già allora che proprio lì, e soltanto in quel paradiso fatto di niente, avrei imparato ad inventarmi la gioia.

 E mi ritrovo ora, riandando a quei momenti, a pensare che forse tutto quello che ho vissuto in quegli anni non sia altro che un sogno.
Altre volte, al contrario ho la certezza che non sono stati solamente dei "bei sogni" (come scrive M. Gramellini).
E mentre ora mi ritrovo ad osservare, nel silenzio irreale di questi vecchi soffitti in legno, queste mura scrostate che riecheggiano ancora delle grida e delle petulanti richieste di un bambino dai biondi riccioli,scopro di avere un groppo alla gola.
Eppure, nel profondo del mio cuore, in questo momento sento che è così e non potrebbe essere altrimenti. La gioia di quell'infanzia, quei "bei sogni",  è qualcosa che mi appartiene. E' qualcosa che mi ha cambiato per sempre e che mi fa sentire vivo ora come lo ero allora. A rendermela, forse, così languida è soltanto la nostalgia di persone e di attimi di vita che se ne sono andati per sempre.

domenica 3 febbraio 2013

Pale di San Martino - Bivacco Menegazzi

Questa escursione ci porta in un ambiente assolutamente discosto dai tragitti domenicali delle grandi masse, e che ci fa assaporare un panorama insolito: dal Civetta, al gruppo della Schiara, dalle Vette Feltrine all'Agner. E' un itinerario che coniuga alpinismo ed avventura all’ombra di alcune vette dolomitiche nella parte più meridionale delle Pale di San Martino:  la Croda Granda, i Vani Alti e il Sass d’Ortiga.

Il percorso termina in uno dei più spettacolari pianori di tutta la catena dolomitica, il Pianlonch, al centro del quale sorge il Bivacco Menegazzi. La conca del Pianloch è divenuta famosa perché vi è stato girato quasi interamente L'orso,  un film del 1988 diretto da Jean-Jacques Annaud, e tratto dal romanzo The Grizzly King di James Oliver Curwood. Film che ebbe molto successo e fu anche candidato all'Oscar.

Si parte dalla località di Sarasin, frazione di Sagron-Mis, che si incontra scendendo dal Passo Cereda (Fiera di Primiero) verso Agordo. A onor del vero ci stavamo guardando intorno per vedere dove incastrare l'auto lungo la strada nel momento in cui abbiamo visto un'auto salire per la stretta stradina ancora imbiancata dalla recente nevicata verso località Faustin - Domadori per cui ci siamo azzardati a salire al seguito.

Passate le case Faustin si perviene ad uno spiazzo dove si parcheggia facilmente. (1250 mt) Da questo punto si sale dolcemente seguendo la strada forestale che in breve ci porta ai prativi delle case Domadori dove il silenzio è rotto solamente dal rumore dell'acqua del torrente Mis che scende dalle pareti verticali della Cima d'Oltro e del Sass d'Ortiga.

Continuando a seguire le tracce per la strada forestale e mantenendoci sulla sinistra si arriva ad una larga sella Pra di Forca (1418 mt). A sinistra parte il sentiero cai 720 che utilizzeremo per il ritorno. La rotabile punta invece in alto con alcuni tornanti per pervenire al limite superiore degli alberi; quindi, in prossimità della sponda orografica destra della Valle dei Molini con un tornante verso sinistra si porta tra in vista di Casera Cavallera (1679 m).

Il vento, che prima era rallentato nel suo spirare, dalle fronde del bosco, ora, libero da impedimenti, si fa maggiormente sentire e ci costringe per qualche istante a fermarci a ripararci. Quando la folata cessa tentiamo di proseguire non prima di ammirare la neve sollevata dal vento lassù verso la forcella tra la Croda Granda e i Vani Alti. Uno spettacolo.

In prossimità della malga giriamo a destra e continuiamo a salire dolcemente per la strada fino a quando il nostro sguardo si apre sulla conca del Pianlonch, stupendo pianoro sovrastato dalla piramide del Sass d’Ortiga, al margine del quale e’ posto il Bivacco Menegazzi (1737 mt), meta della nostra escursione. Il bivacco è sempre aperto anche nei mesi invernali, ma oggi, anche a causa dell'ora tarda della nostra partenza, non siamo i primi e dobbiamo cercare di trovare una sistemazione all'esterno.

Ma il vento soffia ancora troppo e così decidiamo di ritornare sui nostri passi e di cercare riparo tra gli annessi della malga Cavallera. Questa deviazione, oltre a farci trovare un luogo riparato dal vento ci permette di ammirare un altro scorcio di un panorama che oggi è veramente grandioso. Da quà si capisce perfettamente perché questo luogo sia stato scelto per l'ambientazione di quel straordinario film.

Terminata la pausa e risistemata la nostra attrezzatura, siamo ripartiti accodandoci al gruppo del cai di Mirano che, arrivati prima di noi, si erano accampati al rifugio Menegazzi.
Dopo aver scambiato qualche impressione siamo scesi con loro per il sentiero 720 che, per bosco,  ci ha riportati in breve al parcheggio dove avevamo lasciato l'auto.

La prima escursione invernale che faccio con te e, se anche non sono forse riuscito a trasmettertelo, ricorderò per sempre quelle orme accanto alle mie.