domenica 31 marzo 2013

....ancora qualche ricordo

Un grande tavolo al centro della stanza, un camino con il fuoco acceso, una finestra che dava sulle colline dietro casa, il silenzio. La Neve che scende lenta lenta e si posa su alberi, strade prati e tetti.
Questa distesa di soffice cotone che ci induceva a rintanarci in casa e a fermare per un attimo tutte le attività. A bloccare tutto quello che si stava facendo per assaporare completamente la sua meraviglia, e contemplare la sua magia.

Questo amore per la fata bianca, che porto dentro di me, soprattutto in quei ricordi nitidi e ancora vivi di bambino che ero e che forse ancora un po' ritorno quando la neve scende .
I più bei ricordi che ho infatti, sono proprio quelli dove nel sonno leggero del mattino avevo una strana sensazione, come se fosse meno freddo del solito, e sentivo un silenzio surreale dentro casa, ma soprattutto fuori dove non avvertivo più quei rumori consueti relativi al passaggio delle persone che andavano al lavoro.

Aprivo gli occhi e dai balconi penetrava una luce diversa dal solito. Mi alzavo andavo alla finestra e vedevo il paesaggio tramutato, come se la casa fosse stata portata in un luogo diverso, quasi fiabesco.
La Neve,... la Neve! Urlavo dentro di me consapevole che quella sarebbe stata una giornata speciale.

Si faceva colazione, si mettevano le bricioline di pane, raccolte dalla tavola, sul davanzale della finestra per gli uccellini e poi, con i miei cugini che abitavano nella casa a fianco (ma con cui avevamo in comune la stessa entrata), si correva fuori con gli slittini per delle discese pazze giù per la collina. Percorrevamo talmente tante volte quel percorso che si formava la pista con salti e curve  nel giro di poco tempo.

Era la cosa che ci divertiva di più. Scendere dalla collina in coppia sulla piccola slitta cercando di prendere più velocità possibile. Ma la neve di marzo, come scrive M. Rigoni Stern* è una neve volubile assolutamente non indicata per escursioni o discese . Ed è su questa neve che in una di quelle discese mi fratturai il perone della gamba sinistra  

Non parliamo poi della guerra con le palle di neve, memorabile!
Il nonno ci preparava un bicchiere ciascuno di neve vino caldo e zucchero, che bontà! e per finire nel pomeriggio stanchi morti e fradici, con l'odore dei vestiti di lana grossa inzuppi di neve, i capelli bagnati e le punte delle dita delle mani e dei piedi quasi gelate, si rientrava a casa, ci si metteva davanti al fuoco con una tazza di cioccolata calda e si sperava che durante la notte nevicasse ancora.

*Swalbalasneea: "la neve della rondine, la neve di marzo che è sempre puntuale nei secoli, soffice o bagnata, larga o simile a tormenta, volubile come il clima di marzo, neve che è l’ultima resistenza dell’inverno".

1 commento:

LunaMea ha detto...

Ciao Mario,belli e preziosi i tuoi ricordi,mi commuovono sempre.
Anche io sono riuscita a mangiare qualche tazza di neve,almeno fino al disastro di Chernobyl...uscivo in giardino proprio con la tazza a prenderla e la farcivo con quello che c'era in casa,di solito un po' di limone spremuto!buonissima!
E l'odore della lana inzuppata me la ricordo bene!Io e la mia amica viaggiavamo con i sacchi neri della pattumiera,avevamo scelto una discesa perfetta nel bosco sotto casa,era un luogo magico,solo per noi!
Ciao!!