sabato 8 febbraio 2014

Sneea o haapar ?

Sneea per Mario Rigoni Stern, e probabilmente per tutte le persone di origine Cimbra, era la neve abbondante e leggera che scendeva dal molino del cielo in pieno inverno. Mentre, quando poi l'inverno stava per finire la sneea diventava haapar. Allora sulle rive al sole questa neve bagnata si scioglieva in mille rigoli che lasciava scoperto il bruno del terreno.
Chissà se Mario, ancora tra di noi, sarebbe stato in grado di identificare la neve abbondante scesa in questi ultimi giorni. Neve non certamente soffice e leggera ma appensantita dalla pioggia che si alterna alla neve per i continui saliscendi delle temperature.

Ricordo.
Domenica 4 gennaio 1965, volgendo lo sguardo al cielo si vedeva un tenue grigiore che dai monti raggiungeva i boschi delle contrade alte e si abbassava verso il paese. E la punta alta del campanile e la torre campanaria erano già dentro il grigiore lattiginoso e poi anche la chiesa e i tetti delle case più alte.
Sulle strade polverose, sulle cataste di legna, sugli orti e sui cortili delle case e sopra le nostre teste cadevano già i primi fiocchi di quella che sarebbe stata una nevicata da ricordare.

Le voci e i rumori del paese si facevano sempre più lievi fino a quando un silenzio quasi assoluto ricopriva tutto e tutti. Allora, come per un segnale convenuto, si correva tutti in soffitta, accanto al granaio, a prendere le slitte. Calzati gli stivali di gomma, il berretto e i guanti di lana grezza si scendeva nel cortile centrale della contrada e di corsa si trainavano le slitte fino al capitello. Da quel punto la strada era tutta in discesa. Cercando di evitare le poche nonne che camminavano prudenti ai lati della strada per andare alla prima messa della domenica si scendeva slittando fino alla piazza. A quel punto era obbligo una partita di palle di neve.

Si rientrava dopo qualche ora bagnati ed infreddoliti. Ci si doveva levare tutti i vestiti, i calzettoni, la canotta di lana e le mutande per asciugarsi al caldo della cucina a legna. Io mi mettevo sempre tra la sedia grande del nonno dove era solito raccontarci qualche storia e la stufa, per appoggiare la schiena al caldo della parete. Ma se per caso il nonno non c'era allora la cosa che mi dava più piacere era sedermi sulla sua sedia con i piedi appoggiati sullo sportello aperto del forno della stufa. La zia e il papà a turno allora cominciavano a brontolarmi perché dicevano che, prima o poi,  mi sarei bruciato i piedi.

Nei giorni successivi, dopo la colazione o il pranzo, si correva fuori e ci si dava voce per ritrovarsi in cortile e da li salire nelle colline dietro la contrada per giocare con la neve o per slittare.
Era la cosa che ci divertiva di più. Scendere dalla collina in coppia sulla piccola slitta cercando di prendere più velocità possibile. Percorrevamo talmente tante volte quel percorso che lentamente si andava formando una pista vera e propria con salti e curve che ad ogni discesa diventavano sempre più pericolose per la velocità che la slitta prendeva.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mario,

hai rischiato di bruciarti i piedi davanti alla stufa come Pinocchio! :-)

La foto color seppia riprende l'angolo cucina della casa dove vivi attualmente?

Come sempre i tuoi racconti del ricordo sono bellissimi.

Ciao, a presto

Maria

mario ha detto...

eh, eh, eh.
No la foto color seppia riprende la cucina della casa dove abitavo a quel tempo.
Di case ne ho cambiate tre, da quando sono nato.

Io mettevo i piedi sopra la porta aperta del forno e non quella dove si inseriva la legna.