mercoledì 1 gennaio 2014

Aspettando l'ora Blu al M. Baldo

Aspettando l’ora blu.
Da quando ho iniziato a frequentare la montagna anche d'inverno questo è un momento particolare e quasi unico.
Ai primi giorni dell'anno nuovo, un'ora prima del crepuscolo salgo dal parcheggio degli impianti delle Melette verso le malghe Longara e le tonde dorsali pascolive del monte Baldo. A quell'ora il nostro corpo proietta sulla neve lunghe e silenziose ombre nere contro il fondale azzurro del cielo.

Mi siedo proprio lì, dove il muretto della malga fuorisce isolato dalla coltre di neve bianca che ricopre tutta la dorsale delle malghe Longara  e del Baldo. A quell'ora solamente il vento, che si leva sempre al calare del sole, mi tiene compagnia, e quello che ho davanti sono trecentosessanta gradi di panorama nel quale finalmente trovo la risposta al motivo del nome di queste montagne.

La luce gialla del pomeriggio, riflessa dai cristalli di neve persi nell'infinita coltre, mi imprime negli occhi una fotografia che non potrò mai uguagliare, ma che osservo il più a lungo possibile ammirandone tutte le sfumature.
Spesso è quasi di rito udire i vivaci accordi della cincia bigia alpestre che accompagna il suo frenetico vagare dal Pakstal alla Longara con un "cei.. cei" prolungato.


Mentre ci cammino dentro non me ne rendo conto, ma ora da quassù, scopro che le creste e la particolare conformazione dell'Altopiano gioca con i riflessi della luce rimandando ai miei occhi l’immagine di un luogo circondato da boschi e montagne che ora non sembrano più di mille colori diversi, ma di un unico, splendido, blu.


Chiudo gli occhi, respiro una porzione di vento e lascio da qualche parte un sorriso,
che un giorno verrò a riprendere.