mercoledì 14 giugno 2017

Lagorai: sentiero della memoria L38

Situata al termine della dorsale montuosa che da Cima Lasteati si spinge verso passo Cinque Croci, Cima Socede (2173 mt) permette di gettare lo sguardo su quella che è stata una delle linee del fronte alpino tra il 1916 e il 1917.
La vicina, incantevole zona dei laghetti dei Lasteati costituisce un ulteriore motivo di interesse di questa escursione.

Dalla Valsugana percorriamo la strada che sale in Val Campelle passando per il rifugio Crucolo e il Carlettini. Raggiungiamo Ponte Conseria (1460 mt) dove parcheggiamo l'auto.
Il meteo prevede l'inizio della pioggia e del maltempo verso le ore 14 per cui cerchiamo di salire con passo veloce lungo il sentiero con segnavia CAI 326.
Passato il ponte siamo ancora all'ombra, il sole sbucherà sopra i monti verso metà della salita che porta a malga Conseria, ma già questo primo tratto ci fa sudare di suo vista la mancanza d'allenamento, la ripidità del sentiero, l'umidità relativa decisamente elevata e la voglia di andar veloci.

Finalmente dopo 1 ora e 20'  raggiungiamo gli spazi aperti della malga Conseria ( 1850 mt) che presta il nome anche all'omonimo rifugio.
Proseguiamo in salita verso nord per l’ampio prato verso Passo Cinque Croci. A circa metà strada incrociamo una Croce in ferro eretta dagli Alpini a ricordo del cimitero militare che qui sorgeva, e che raccoglieva le spoglie dei soldati uccisi dalle valanghe staccatesi copiose dai colli circostanti nella primavera del 1917 .

Giungiamo quindi al Passo Cinque Croci ( 2018 mt).
Lasciamo sulla nostra sinistra il 326 che porta alla Forcella Magna e prendiamo a destra il “sentiero della memoria” L38 con indicazioni “Museo all’aperto Prima Guerra Mondiale”.
Saliamo lungo il ripido costone erboso di Cima Socede fino a raggiungere la vetta.

Qui si trovano i resti delle prime baracche della postazione avanzata italiana.
In vetta è stato installato un osservatorio con cannocchiale attraverso il quale si possono conoscere i nomi di tutte le cime visibili a 360° da questo eccezionale balcone panoramico. Peccato che il tempo non ci conceda questo privilegio dal momento che una fitta foschia riempie tutta la valle lasciandoci isolati sulla vetta come un'isola in un mare di nebbia.

Appena una schiarita ce lo concede scendiamo per qualche decina di metri fino a giungere al nucleo principale della postazione avanzata italiana di Cima Socede.  Resti di baracche, trincee e caverne, ripulite dai detriti e consolidate a seguito di un recente intervento di ripristino, rendono perfettamente l’idea di come era organizzata e fortificata la postazione di questo tristemente conteso colle a controllo dell’importante valico del Passo Cinque Croci.

Si scende ancora immettendoci poco più a valle sul sentiero SAT 326 che si percorre in direzione della forcella Magna per qualche centinaio di metri fino a quando una traccia di sentiero si stacca alla nostra destra per raggiungere il primo laghetto dei Lasteati e per poi proseguire fino al lago grande. Il tempo metereologico non ci permette di assaporare appieno questo luogo idilliaco che possiamo solo immaginare con il sole e il tempo sereno. Peccato.

Continuiamo a seguire la traccia che, con direzione sud-ovest, ci riporta alla Croce dei caduti.
Da li scendiamo fino al Rifugio dove abbandoniamo il sentiero dell'andata (CAI 326) per prendere a sinistra il sentiero delle Aie L36 che ci conduce, con un largo giro, al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto.
E, come aveva preannunciato il servizio meteo, prima di arrivare abbiamo assaggiato l'inizio del previsto temporale che si è scatenato appena saliti in auto.


Partenza: Ponte Conseria 1460 mt
Arrivo: Cima Socede  2173 mt
Ascens acc.: 720 m
Distanza con alt: 13 km
Tempo: 4 ore e 40'

giovedì 1 giugno 2017

Chioggia e le moeche

La moeca o granchio verde è un crostaceo che tra marzo e maggio perde la sua corazza e in breve tempo deve essere pescato, prima che raggiunga il mare.
Questo perché a contatto con l’acqua salmastra, la sua corazza si ricostruisce e a quel punto diventa troppo duro per poter essere mangiato. Per qualche settimana, in primavera e in autunno, sono il piatto più prelibato e richiesto a Venezia, nei paesi della laguna nord (Cavallino, Treporti) e a Chioggia.
Le moeche due volte l’anno vanno in muta, spogliandosi del carapace per adattarsi alla nuova stagione. 

I primi a pescare i granchi molli furono alcune famiglie di pescatori di Chioggia che per oltre due secoli si tramandarono il “segreto” della pesca di padre in figlio.
Segreto che venne meno grazie alla furbizia dei pescatori Buranesi che allargarono il consumo e la fama a cavallo degli anni ’50 del secolo scorso a tutta la laguna veneta.

La pesca di questi prelibati frutti di laguna è cosa seria in quel di Burano, Giudecca, Chioggia e più in generale nella laguna nord di Venezia. I pescatori, una volta presi questi granchi con una particolare rete collocata nei fondali bassi della laguna, li separano dal pesce, li mettono in sacchi di juta, li selezionano e separano quelli prossimi alla muta, detti spiantani, da quelli a cui manca più tempo, i gransi boni, attentamente scelti dall'occhio esperto dei molecanti.


Dopo queste operazioni vengono, poi, monitorati due volte al giorno per cogliere l'attimo in cui perdono la corazza e diventano moeche.
Pesca e processo di selezione lungo e laborioso.
Per questo il loro costo è così alto.
Ma il loro sapore e gusto è così unico e delicato, sempre vengano fritti seguendo l'antica ricetta chioggiotta, che ne vale la pena.