domenica 18 gennaio 2009
Il Monte Novegno
Bastano pochi minuti d’auto per giungere ad affacciarsi su questo balcone dal quale poter spingere lo sguardo sulla pianura fino all’Adriatico e verso i lontani ghiacciai delle Alpi.
Il monte Novegno, un connubio di natura e storia, incastonato tra le prime propaggini delle Prealpi Vicentine, si erge come una placida ara naturale a fianco del più aspro massiccio del monte Pasubio.
Per molti anni questo monte ha rappresentato semplicemente una sagoma famigliare per chi, come me, vive in un paese che, al limite estremo della pianura padana, si adagia dolcemente sulle prime elevazioni delle prealpi vicentine.
Per molti anni la montagna con la M maiuscola non è mai stata il Novegno.
Ho riscoperto il Novegno solo recentemente, quando, in seguito all' invito dell' amico Matteo, ho ritrovato luoghi e memorie della mia infanzia quando si era soliti passare qualche settimana nel campeggio estivo della parrocchia.
Così anche sabato siamo saliti dalla località Cerbaro a quota 900 m. e lungo il sentiero 433 siamo saliti nel bosco misto di abete e faggio tra la nebbia e il freddo pungente delle prime ore del mattino. Usciti dal bosco a quota 1.380 m si incrocia il sentiero 422 che sale dalla contrada Rossi in un aereo quanto panoramico tornante di cresta.
Per fortuna la nebbia si era fermata intorno ai 1.200 m di quota creando uno sfondo fotografico particolare. Da questo momento la salita lungo la dorsale sud del Novegno è diretta quanto ripida costringendoci a continue pause che sfruttiamo per le foto.
Finora ho sempre privilegiato il più noto e severo Pasubio, e il Carega con le guglie e le pareti che li accomunano alle più famose dolomiti. Ma ora questa occasione mi ha fatto riscoprire una montagna "di casa" con un fascino invernale particolare.
Finalmente a quota 1.513 m., dopo aver lasciato alla nostra sinistra una casara, raggiungiamo il bordo sud della Busa. Del Novegno ci si è sempre ricordati a malapena per gli echi delle stragi di una guerra lontana quasi un secolo, che pure ha lasciato segni profondi in tutto il nostro territorio montano. Ora scendiamo fino in fondo alla Busa a quota 1.475 m. dove Matteo ha installato una centralina di rilevamento delle temperature.
Dobbiamo smontare la centralina per poter recuperare iButton (un micro chip alloggiato in un bottone di acciaio INOX) con i dati delle temperature registrate dalla centralina nella settimana trascorsa.
Finora la temperatura più bassa è stata registrata alla sera di sabato 3 gennaio scorso alle 22.10 con - 35,5 C°
L'operazione risulta essere estremamente semplice e dopo circa un mezz'ora possiamo rimetterci in cammino e, risalendo il pendio della Busa portarci alla Malga Novegno.
Certo, bisogna accontentarsi.
Dimenticarsi i panorami mozzafiato delle Dolomiti e le escursioni in alta quota, ma anche così queste "piccole dolomiti" sanno regalarci sguardi, panorami ed angolature che soprattutto in inverno ci donano emozioni particolari.
Nel 1987 tra la malga e la vetta del Novegno il gruppo astrofili di Schio costruì un osservatorio.
Dieci anni dopo, data la crescente attività, la struttura è stata ampliata con l’annessione di una foresteria e l’anno seguente, grazie all’Amministrazione provinciale, è stato acquistato un moderno telescopio dotato di un sistema di puntamento automatico.
L'attività dell'osservatorio, a causa delle copiose nevicate invernali, è limitata al periodo che va da maggio ad ottobre. Il numero annuale di visitatori è di circa 500, comprendendo gruppi, scuole, e serate di apertura al pubblico
Ci sono luoghi che, pur non abitandoli, sentiamo come nostri, ed altri che, pur attraversando ogni giorno, sentiamo non ci apparteranno mai .
lunedì 12 gennaio 2009
Il silenzio e la montagna
Fra i tanti benefici che la montagna elargisce a coloro che la frequentano o la vivono non da turisti frettolosi e vocianti della domenica c'è il silenzio.
Il ristoro del silenzio è per le persone di montagna una condizione da sempre ricercata per un momento di ricerca di armonia interiore utile per non "perdere la strada".
Il silenzio è la felicità e la gioia della vetta dopo una lunga salita.
Il silenzio è quel senso di vertigine che dilata gli spazi e i tempi quando si compie un'ascensione.
Il silenzio è quella lieve melodia che, ad ogni pausa, ti aiuta ad una più attenta lettura dei segni dell'ambiente che stai penetrando.
A fianco di tanti silenzi si collocano tanti ricordi sul nostro itinerare.
Ma se d'estate è il fruscio degli alberi, i fischi delle marmotte e dell'aquila e il suono smorzato del lento lavoro delle malghe ad accompagnare i nostri passi, nelle escursioni invernali l'isolata dimensione spazio-temporale viene amplificata dal nostro incedere nelle nevi dove domina il silenzio magico della montagna vestita di bianco, ovattato, carico di mistero e di percezioni attenuate.
Il silenzio assoluto.
Così domenica decido per una escursione insolita. Parto alle 3 del pomeriggio con l'obiettivo si salire in Altopiano ad osservare il tramonto del sole e il sorgere della luna da un balcone privilegiato: Monte Baldo a quota 1.682 m.
Salgo in auto fino alla Baita Sporting Club da dove partono gli impianti di risalita. Parcheggiata la macchina mi preparo e sono subito pronto per imboccare la strada forestale che, lungo la val Kruslava, mi porta in breve alla croce di Ongara.
Volgo lo sguardo verso nord e mi accorgo che la collina dove sorge la Casara Ongara è già stata raggiunta dai primi raggi colorati del sole al tramonto.
Devo affrettarmi .
Salgo cercando di accelerare il passo, ma la neve è tanta, troppa e la fatica si fa sentire costringendomi ad una sosta forzata.
Finalmente arrivo in cima e il panorama che vedo è questo.....
I colori caldi del tramonto riescono a raggiungere ed illuminare dalla parte opposta, a nord-est, anche il gruppo di cima d'Asta e le Pale di San Martino rivestendo le pareti di una fiocca luce calda.
Sono completamente solo, nessun rumore, solo il fruscio dei miei passi sulla neve ed il soffio del mio respiro.
D'inverno il silenzio è più pregnante, più immanente e si esalta in modo naturale nella dimensione di questa totale solitudine.
E allora in quel momento mi vengono alla mente le parole di Mario Rigoni Stern che, raccontando l'inverno, scrive " ........anche il tempo diventa irreale e ti sembra di vivere in un mondo metafisico come dentro un sogno: non ha più peso il tuo corpo anche se il tuo passo è fatica e cammini vagando da pensiero a pensiero"
E, mentre mille pensieri tengono compagnia ai miei passi, arrivo alla cima del M. Baldo.
Ad ovest tra gli spigoli e le punte delle Vette Feltrine la luna, con l'aspetto di una grossa palla di colore giallo, inizia la sua lenta salita verso il suo azimut.
Sono senza cavalletto ed il freddo non mi permette una posa ferma e prolungata con la mia digit.
Così la foto mi riesce male. Non importa, servirà a tenere per sempre vivi nella memoria i ricordi di questa insolita e splendida escursione in solitudine.
Il ristoro del silenzio è per le persone di montagna una condizione da sempre ricercata per un momento di ricerca di armonia interiore utile per non "perdere la strada".
Il silenzio è la felicità e la gioia della vetta dopo una lunga salita.
Il silenzio è quel senso di vertigine che dilata gli spazi e i tempi quando si compie un'ascensione.
Il silenzio è quella lieve melodia che, ad ogni pausa, ti aiuta ad una più attenta lettura dei segni dell'ambiente che stai penetrando.
A fianco di tanti silenzi si collocano tanti ricordi sul nostro itinerare.
Ma se d'estate è il fruscio degli alberi, i fischi delle marmotte e dell'aquila e il suono smorzato del lento lavoro delle malghe ad accompagnare i nostri passi, nelle escursioni invernali l'isolata dimensione spazio-temporale viene amplificata dal nostro incedere nelle nevi dove domina il silenzio magico della montagna vestita di bianco, ovattato, carico di mistero e di percezioni attenuate.
Il silenzio assoluto.
Così domenica decido per una escursione insolita. Parto alle 3 del pomeriggio con l'obiettivo si salire in Altopiano ad osservare il tramonto del sole e il sorgere della luna da un balcone privilegiato: Monte Baldo a quota 1.682 m.
Salgo in auto fino alla Baita Sporting Club da dove partono gli impianti di risalita. Parcheggiata la macchina mi preparo e sono subito pronto per imboccare la strada forestale che, lungo la val Kruslava, mi porta in breve alla croce di Ongara.
Volgo lo sguardo verso nord e mi accorgo che la collina dove sorge la Casara Ongara è già stata raggiunta dai primi raggi colorati del sole al tramonto.
Devo affrettarmi .
Salgo cercando di accelerare il passo, ma la neve è tanta, troppa e la fatica si fa sentire costringendomi ad una sosta forzata.
Finalmente arrivo in cima e il panorama che vedo è questo.....
I colori caldi del tramonto riescono a raggiungere ed illuminare dalla parte opposta, a nord-est, anche il gruppo di cima d'Asta e le Pale di San Martino rivestendo le pareti di una fiocca luce calda.
Sono completamente solo, nessun rumore, solo il fruscio dei miei passi sulla neve ed il soffio del mio respiro.
D'inverno il silenzio è più pregnante, più immanente e si esalta in modo naturale nella dimensione di questa totale solitudine.
E allora in quel momento mi vengono alla mente le parole di Mario Rigoni Stern che, raccontando l'inverno, scrive " ........anche il tempo diventa irreale e ti sembra di vivere in un mondo metafisico come dentro un sogno: non ha più peso il tuo corpo anche se il tuo passo è fatica e cammini vagando da pensiero a pensiero"
E, mentre mille pensieri tengono compagnia ai miei passi, arrivo alla cima del M. Baldo.
Ad ovest tra gli spigoli e le punte delle Vette Feltrine la luna, con l'aspetto di una grossa palla di colore giallo, inizia la sua lenta salita verso il suo azimut.
Sono senza cavalletto ed il freddo non mi permette una posa ferma e prolungata con la mia digit.
Così la foto mi riesce male. Non importa, servirà a tenere per sempre vivi nella memoria i ricordi di questa insolita e splendida escursione in solitudine.
lunedì 5 gennaio 2009
...to take a walk on the snow with Mario Rigoni Stern
"Alzando lo sguardo verso nord vedevi un tenue grigiore che dalle cime raggiungeva i boschi e si abbassava verso il paese. E la punta del campanile e le campane erano già dentro il grigiore lattiginoso e poi anche la chiesa, i tetti delle case più alte.
In breve la neve copriva la polvere delle strade, l’erba secca sui pascoli, la segatura di faggio nei cortili. Il fumo della legna secca che brucia nelle stufe ristagna leggero sopra i tetti." (*)
In questo scorcio d'inizio inverno la neve è caduta già abbondante in montagna.
Dopo essere saliti fino al Rifugio Malga Larici con l'auto, decidiamo di raggiungere Cima Larici con un percorso insolito lungo il sentiero Cai 209, sicuramente molto meno frequentato della direttissima che passa per l'ex impianto di risalita (skilift).
Il sentiero comincia dopo circa 30 minuti di cammino sulla strada che conduce alle malghe di Porta Manazzo.
"Camminando immersi in quel bianco di luce propria, tra gli alti tronchi muschiati d'argento, pure il tempo diventa irreale e ti sembra di vivere in un mondo metafisico come dentro un sogno: non ha più peso il tuo corpo, non è faticoso il passo e cammini vagando da pensiero a pensiero.
In un infinito tra gli alberi innevati anche le cose della vita appaiono più chiare". (*)
Il sentiero prosegue a zig-zag tra gli abeti e i larici che hanno sostituito la faggeta. Si cammina sulla cresta di Pontarina che sprofonda a nord verso la Valle di Sella.
E' un paesaggio alle volte surreale e fiabesco dove il silenzio più assoluto è rotto solamente dal rumore dei nostri passi sulla neve lungo la traccia lasciata nei giorni precedenti da qualche ciaspolatore.
Usciamo dal bosco ed arriviamo a Cima Laste. Siamo a quota 1.888 e mentre la luna, crescente, ci segue a est il panorama ci induce ad una sosta.
Davanti a noi in primo piano Cima Larici seguita dalla ripida costa ovest del Portule, Cima Undici e Dodici.
" Con il crescere della luce del giorno anche la foresta prende splendore dal sole; nelle ore meridiane la neve si scioglie dai rami a piccole gocce che via via si allungano come pendagli.
Ai piedi delle conifere si adagiano le squame degli strobili rosicchiati dagli scoiattoli." (*)
La metafisica del mondo si svolge, come in un sogno, quando, dopo aver seguito le impronte di una lepre lungo la discesa prativa che ci porta alla Bocchetta Larici, dai pascoli si passa al bosco rado di Costa Larici.
Bianco abbacinante, cumuli di neve soffice.
Davanti a noi, in lontananza, il regno magico dei racconti di caccia di Mario Rigoni Stern.
Ora comincia il tratto più impegnativo quello che ci porta in vetta: si sprofonda, ma non abbiamo volutamente portato con noi le "ciaspe" proprio per provare sentirci più vicini alla realtà e al mondo dei racconti di Rigoni Stern.
" Il freddo di gennaio ha riunito in cristalli i fiocchi di neve. Luci e ombre rivelano il cuore dell'inverno; le nuvole tirate dal vento lo spazio del cielo.
Ora, con il terreno coperto da tanta neve, gli alberi appaiono dritti, solenni e vivi perdendosi nella profondità del cielo come silenziosa preghiera." (*)
Siamo in difficoltà.
Le vecchie tracce che abbiamo seguito fino alla Bocchetta Larici si sono fermate dove il 209 incrocia l' 825.
E la neve è decisamente troppa così che ad ogni passo sprofondiamo fin sopra al ginocchio.
A metà della salita decidiamo allora di provare una traversata per tentare di riprendere il sentiero della direttissima che sale per l'ex impianto di risalita lungo la dorsale sud-ovest.
La fatica si fa sentire mettendo a dura prova la nostra volontà di proseguire questa esperienza. Dobbiamo continuamente fare delle soste e darci il cambio per aprire la nuova traccia.
E per un momento penso a mio nonno e a tutti quegli alpini abbarbicati sulle nostre montagne nel duro inverno del 1916, con 30 gradi sottozero, dove il cibo caldo e i vettovagliamenti arrivavano, quando erano fortunati, ogni due giorni, e dove sono stati più i morti dovuti alle slavine e alla neve che alle pallottole.
Finalmente arriviamo in vetta e la fatica lascia subito il posto alla gioia e al pianto che il panorama ci offre alla vista. Colgo in uno scatto la prospettiva ad ovest che è sempre rimasta lungo tutto il percorso alle nostre spalle e così riesco a fissare nell' immagine il regno fatato del gruppo del Brenta.
" E' profondo il silenzio della neve; quando cade, anche la notte diventa più silenziosa e dolcissimo il sonno. E' pure diversa la luce." (*)
(*) testo liberamente tratto da " Stagioni", " L'anno della vittoria" e " Le stagioni di Giacomo" di Mario Rigoni Stern