martedì 29 marzo 2011

L'orso e la farfalla

C’era una volta un orso di nome Grandecuore.....
....un giorno in cui la nebbia era scesa sul bosco se ne andò, con il cuore che tratteneva fiero le lacrime, se ne andò senza sapere dove in cerca di tranquillità e di un mondo diverso.

A mano a mano che si allontanava si sentiva meglio come se potesse finalmente uscire da una prigione d’oro. Al tramonto si sedette su una roccia e si mangiò le squisite fragoline di bosco e i mirtilli, quando ad un tratto sentì dietro alle spalle un vocione che lo salutava, impaurito si girò e vide un vecchio Gufo ma appena poté fissarlo negli occhi si accorse che non era pericoloso.
Vecchiogufo gli chiese :” Non ti ho mai visto amico orso da dove vieni?”, rispose “ Dalla valle dei Cardi”.
Cominciarono così a parlare, a raccontarsi le loro avventure e Grandecuore sentì per la prima volta che non aveva più paura di un altro essere e si sentiva stranamente tranquillo.

I giorni passavano e conobbe la volpe, il cervo, il rospo e il ghiro si divertiva un sacco, spesso lo invitavano nelle loro tane a cena e cantavano insieme fino a notte fonda con la luna che li guardava sorpresa.
Grandecuore sentiva che avrebbe voluto anche lui una casa tutta sua come aveva sempre sognato.
Cosi si fece aiutare da Vecchiogufo e trovarono una magnifica grotta che dava su un immenso panorama in cui la valle si riposava tra la catena dei Sassi Dorati e quella del Ligustro, i colori erano incredibilmente belli e Grandecuore si innamorò di quel posto.
Ne fece una casa splendida con una pergola di frasche e l’uva selvatica che cresceva accanto, fiori e profumi invadevano l’olfatto di chiunque entrasse.
Per non parlare dei profumi e dei sapori che l’orso riusciva a creare cucinando per gli amici. I suoi amici, pensava, erano tutto per lui era finalmente felice, solo quando se ne andavano sentiva su di lui un velo di tristezza ma il ricordo delle loro risate e dei complimenti riempiva ogni vuoto.

Un giorno, forse attirata dagli intensi profumi dei fiori si posò davanti al suo antro una farfalla dai colori luminosi, si chiamava Luna e Grandecuore non potè non notarla tanto era bella e si muoveva delicatamente sui suoi fiori.
Per la prima volta sentì che quei fiori avevano un significato vitale per qualcuno e che nulla era successo per caso.

La farfalla lo guardò negli occhi azzurri e fuggenti e decise di fermarsi in quel posto.
Così passarono le stagioni allietati dalla presenza l’uno dell’altra a ridere, a rincorrersi, a prendersi in giro e a chiacchierare davanti alla luna nelle lunghe sere d’inverno.
Grandecuore aveva un solo rammarico che non poteva baciarla, stringerla o accarezzarla perché con le sue grosse zampe avrebbe potuto ucciderla, allora la copriva di profumi di nettari deliziosi con la delicatezza che si doveva ad una principessa.
Anche lei aveva lo stesso rammarico perché non poteva volare con lui tra i boschi e le montagne, sopra i ruscelli, fare le capovolte in aria e correre tra il vento.
Le sue ali piano piano stavano avvizzendo, Luna amava molto Grandecuore ma al contempo sentiva che tra loro c’era questo sottile dolore degli esseri dissimili.

Un giorno volò a cercare Vecchiogufo, che un po’ si intendeva di magia, per chiedergli un incantesimo: trasformarla in una piccola orsa. “Questo no è possibile!” sentenziò Vecchigufo “Il dio della montagna non si priva di una rara farfalla, i tuoi colori e le tue ali hanno un senso nella natura”.

La poverina tornò a casa sconsolata e al tramonto si posò lieve sulla spalla di Grandecuore cominciò a piangere in silenzio, le lacrime scendevano sul pelo dell’orso e penetravano fino al cuore grande e solitario, così anche dal cuore dell’orso salirono grosse lacrime che sgorgavano come ruscelli dalle sue dolci sorgenti azzurre.
Piansero così tanto che le lacrime li trasformarono in pietra e ancora oggi dopo tanti anni la vetta di quel monte assomiglia ad un orso con una piccola farfalla sulla spalla e sulle sue pendici tutto l’anno fioriscono migliaia di fiori dall’intenso profumo.

E.P.

* L’ORSO DELLA LUNA (2009) Acquerello e acrilico su carta 30x23 di Eliseo Oberti

3 commenti:

Silenzi d'Alpe ha detto...

Fiaba molto carina ! Complimenti

Anonimo ha detto...

Bellissima fiaba..ma il monte è il catinaccio?
Ciao Aly

mario ha detto...

@ Aly: brava, oramai stai trasformandoti da appenninica in alpina