giovedì 15 dicembre 2011

ancora qualche ricordo sul Presepe

L'inverno piombava all’improvviso con il suo carico di nuvole grigie, di freddo e di neve. Il sole, come ora, sembrava sparire per giorni, e il vento anche dentro casa faceva rabbrividire. Sembrava un ululato, come quello dei lupi che vedevo nei film d’avventura al Patronato.

In casa faceva freddo e, al momento di studiare, si stava in cucina per sfruttare il calore dell'unica stufa a legna. Ci si aiutava, per stare meglio, con una coperta messa sulle ginocchia, ma ugualmente i piedi erano e restavano sempre freddi anche con i calzettoni grossi in lana che la mamma aveva lavorato " ai ferri".

L’unica lampada, sopra il tavolo, lanciava i suoi raggi di luce, riflessi verso il basso, e permetteva di illuminare a malapena il quaderno dove immancabilmente ero costretto a scrivere le solite due o tre facciate sul "tema" del giorno.
Erano solamente due mezze facciate perchè il foglio andava piegato a metà per permettere alla maestra le correzzioni in matita rossa e blu, ma per me erano ancora troppe e riuscivo a completarle con estrema fatica.
Così che il giudizio, alla fine, era sempre: "Buono ma troppo sintetico".

La sera, dopo la cena, ci si scaldava attorno al fuoco, per una mezz'oretta o poco più, prima di andare a letto, dove ci aspettava il calore prodotto dalle braci della foghera posta sulla monega sotto le coperte.
Ricordo ancora la piacevole sensazione di potersi mettere a letto tra le coperte rese calde dalla "foghera", quando fuori imperversava la pioggia o la neve: ciò mi donava un forte senso di protezione e, anche se la camera era completamente fredda ed il respiro trasformandosi in nuvoletta si ghiacciava sui vetri della finestra, il sonno arrivava subito e mi rapiva nei sogni dei racconti che il nonno o il papà mi raccontava dopo la cena.

Ma con l’inverno, il freddo e il vento, si avvicinava anche il Natale.
Era il tempo dell'attesa e non solo per la nascita di Gesù, ma anche per i piccoli regali che trovavamo ai piedi del Presepe.
Forse anche per questo tenevamo molto ad averlo e, soprattutto, a costruirlo.
Si cominciava già dai primi giorni di dicembre recuperando dalla soffitta la scatola di cartone in cui era conservato tutto il necessario. Un veloce inventario di ciò che c’era e, nel frattempo, si sceglieva l’angolo in cui si sarebbe montata la struttura.

La mia casa non aveva molte stanze, e così il presepe trovava sempre posto in un angolo della cucina o del corridoio appresso.
Sulle pareti si incollava un grande foglio blu con dipinte le stelline, poi con legna e vecchi giornali si abbozzavano le montagne e la grotta, la carta stagnola serviva per i torrenti, mentre un piccolo pezzo di vetro con i bordi coperti dal muschio era il laghetto con le immancabili oche ed anatre. Poi, alla fine, si ricopriva tutto col muschio. Con la sabbia si tracciava le stradine e con la farina si imbiancava la punta delle montagne. Disposte le statuine il presepe era completo.

Così l’ambiente prendeva forma ed anche se il presepe era molto piccolo, ogni anno il papà o la mamma riuscivano a comprare qualcosa per arricchirlo: una casetta, una statuina....

Alla sera, si spegnevano le luci della stanza, e alla luce del fuoco della stufa e delle lucine nel presepe si stava tutti insieme vicini ad ammirarlo.

lunedì 12 dicembre 2011

Il Presepe

Tra qualche giorno sarà Natale.
Da anni ormai riesco con difficoltà a percepirne quell'atmosfera di mistero e di attesa che mi aveva accompagnato negli anni della mia infanzia.

Andando indietro nel tempo mi rivedo bambino impaziente che arrivassero le vacanze di Natale per poter andare in collina con papà a raccogliere il muschio per iniziare la costruzione del presepe.

E’ uno dei ricordi più eccitanti che ho della mia infanzia.

Allestivamo un presepe che di anno in anno mi sforzavo di pensare e progettare sempre più grande arricchendolo di personaggi e ambientazioni: il fiume di carta stagnola contornato di sassolini bianchi, il ponticello di legno che serviva per attraversarlo, il sentiero tracciato con la sabbia, il pozzo e la stalla che mio padre aveva realizzato con le sue mani, il laghetto nel quale stagnava acqua, il bosco di rametti di abeti sempre più fitto…
Ma quanta fatica, riuscire a fare stare in piedi le statuine su quel tappeto di muschio verde! Un' impresa non da poco!


I vari personaggi poi non erano statici ma interagivano tra di loro e io cercavo di inventare fantastiche storie: la ragazza che mungeva la capretta era innamorata del pastore, la bambina alla fontana era la figlia del pescatore, i re Magi partendo dalla cima della montagna più alta che, tra mille peripezie ed agguati da parte dei soldati romani, si andavano avvicinando giorno dopo giorno guidati dalla stella che brillava sulla grotta…

E a mezzanotte del 24 deponevo Gesù bambino nella mangiatoia.
L'altro giorno ho addobbato la casa, fatto l’albero e allestito il presepe, un presepe che di anno in anno diventa sempre più motivo per mantenere viva una tradizione piena di ricordi e memorie, nella speranza di riuscire a percepire nuovamente la magica atmosfera di quei giorni della vigilia di Natale di molti anni fa.

Se vado indietro negli anni, non ricordo un Natale triste.

Eppure ora, proprio durante i periodi di festa, che dovrebbero essere per definizione i più sereni, avverto con più prepotenza i problemi, le malinconie, i disagi, e i ricordi si fanno sempre più intensi con una stretta al cuore che spinge gli occhi a velarsi di un sottile rim-pianto.

Sarà che siamo sempre insoddisfatti e non riusciamo a godere di quello che abbiamo…
Sarà che forse stiamo perdendo anche il senso profondo di questo giorno speciale....
Sarà che forse il Natale di adesso... non è più le stesso senza quella persona, che con semplici gesti sapeva rendere quel giorno indimenticabile...