domenica 30 dicembre 2018

Il silenzio della montagna


Mentre in solitaria mi allontanavo dal rifugio e percorrevo quel sentiero non ancora battuto lentamente cominciavo a rendermi conto di quello che avevo fatto; mi stavo allontanando sempre di più dalla sicurezza del mondo abitato per entrare in un mondo di imprevisti e di incertezze. I colori e la luce del tramonto infondevano nel mio cuore ancora un po' di calore quel tanto che era sufficiente per scacciare le prime paure e l'ansia che lentamente saliva alla gola.

Ad un certo punto la luce della sera ha iniziato a sfumare i contorni delle cose e del paesaggio inducendomi nell'idea di non sapere più esattamente dove mi trovavo. Quel sentirmi smarrito ha iniziato a portare con sé sentimenti di insicurezza e vulnerabilità; sentivo dei rumori nel bosco e immediatamente li interpretavo come un pericolo o una minaccia.

Così ho iniziato a sentire il peso della solitudine in un mondo che mi appariva sempre più ostile e in quella paura per un istante mi sono quasi pentito di aver deciso di intraprendere quell'escursione notturna in solitaria, per aver abbandonato così facilmente le sicurezze e le certezze per qualcosa di sconosciuto.


"E spesso quando siamo assaliti da quella paura cadiamo preda del panico; il cuore inizia a battere sempre più veloce ed il respiro diviene superficiale e leggero, le forze sembrano abbandonarci e la mente diviene preda di mille pensieri e paure fino a quando non cadiamo nella trappola della frenesia di ritornare di corsa al punto di partenza dove ci aspettano certezze e sicurezze."

Cosa accadrebbe se invece ora, cercassi di non lasciarmi prendere dal panico e fossi capace di lasciare che la montagna mi parli?
Forse riuscirei vedere come la luce della luna, appena sorta tra i muri della malga, può farmi da guida. Adesso, nel momento in cui ci sentiamo nuovamente sicuri, la montagna e il bosco non sono più un nemico e noi torniamo ad amare ed a godere quel luogo.

Sentiamo gli stessi rumori che abbiamo sentito prima, ma essi non sono più qualcosa di temibile. Sono semplicemente i rumori di un piccolo animale nel bosco; diamo loro il benvenuto e in quel momento il bosco e la montagna davanti a noi si trasformano in un paesaggio dell'anima.

sabato 15 dicembre 2018

Malghe e capitelli a Caltrano

Il territorio montano del comune di Caltrano è un sito di grande valore paesaggistico, culturale e storico.
La zona si estende su un vasto territorio, alla quota di 1200 m quasi pianeggiante,  che va dal monte Paù, al confine con Cogollo del Cengio, ad ovest fino ai confini con il paese di Calvene ad est, e a nord con alcuni paesi Cesuna e Roana) che fanno parte dell'altopiano di Asiago.

Attraversando prati, pascoli e boschi di può godere di un suggestivo panorama che abbraccia gran parte della pianura veneta, e nelle giornate di cielo limpido si può vedere ad occhio nudo il campanile di S. Marco a Venezia, la laguna ed il mare Adriatico. Camminando nei sentieri che corrono lungo il perimetro comunale si possono ancora scorgere cippi, lapidi e grandi massi che recano incisi segni confinari e date di poco successive alla dissoluzione della Repubblica di Venezia (1797).

 Il territorio è disseminato anche da numerosi  reperti bellici della prima guerra mondiale quali trincee, postazioni di artiglieria, vasche di approvvigionamento idrico, fortini ed una miriade di gallerie e di ripari.
 Anche se il territorio di Caltrano non fu interessato direttamente dagli scontri,
tuttavia, per il possibile sfondamento della prima linea che, dopo la strafexpedition del 1916 era arretrata  (Monte Zovetto), indusse lo Stato Maggiore ad erigere una seconda linea di difesa.

Linea trincerata progettata e messa in opera lungo la dorsale occidentale di cima Fonte e del Paù sino alla bocchetta omonima. Tra i due monti sorsero una serie di postazioni fortificate oltre ad infrastrutture quali strade, piazzole per l'artiglieria, terrazzamenti con casermette e stazioni funiviarie, ivi compresa la famosa "Strada del Generale" con l'annessa imponente fortificazione sui risvolti meridionali del monte Paù ai piedi delle rocce del massiccio montano, e al riparo da eventuali bombardamenti austriaci.

 
Attualmente resta ben poco di queste importanti vicende, anche se, grazie all'opera di volontari e del comune di Caltrano sono state posizionate alcune tabelle in legno con la descrizione dei reperti bellici e arricchite da brevi racconti militari.
 Negli anni del dopoguerra la montagna è stata largamente sfruttata come pascolo per il bestiame nei mesi estivi e come fonte di legna da ardere. Attualmente la zona gode di una importante attrattiva turistica, in quanto sul territorio sono ancora attive ben 7 malghe che svolgono il loro lavoro nel rispetto della tradizione vicentina e veneta. Oltre ai prodotti tipici come latticini e derivati il comune incentiva i gestori delle malghe a farsi carico anche dell'attività di agriturismo.

Questo scenario offre al turista oltre a molti percorsi per trekking e bike anche alcune malghe con attività di agriturismo raggiungibili con auto per persone con scarsa mobilità.
Molto conosciuto ed apprezzato è il percorso denominato “giro delle malghe”, il quale tocca tutte le malghe comunali e dal quale si può ammirare un panorama senza eguali, e che in inverno si trasforma in pista da sci di fondo.

sabato 8 dicembre 2018

Cataste e Canzei a Mezzano

Un po’ ovunque in montagna l'autunno è la stagione in cui si ode il ruggito delle motoseghe e il suono delle accette cadenzato come quello di un metronomo.
L'inverno è dietro l’angolo e occorre far scorta di ciocchi per la stufa e il camino.
C’è però un angolo nascosto tra le montagne del Trentino e precisamente nella Valle del Primiero, dove non solo questo rito antico sopravvive con fierezza ma si è fatto arte. 


Mezzano, piccolo gioiello inserito dal 2010 tra
"I Borghi più Belli d’Italia" a pochi chilometri da Fiera di Primiero ai piedi delle Pale di San Martino, rivendica la sua fiera identità e celebra il rurale con itinerari a tema dedicati all'acqua, agli orti, all'architettura contadina, ma soprattutto alle cataste di legna (Canzei in dialetto locale significa appunto catasta) ed è l’omaggio di un paese al proprio destino da sempre legato al legno e agli altri elementi della natura montana .

Questa stagione, quando il bosco è vestito delle tinte calde e commoventi dell’autunno, è perfetta per ammirare, magari inspirando l’odore inconfondibile delle prime stufe accese nelle case, la straordinaria e unica collezione open air di cataste artistiche che ha trasformato l’antico borgo in un museo all'aria aperta. Così di anno in anno il borgo va popolandosi di nuove, meravigliose cataste artistiche e ogni canzèl è un piccolo capolavoro di parsimonia, perizia ed accuratezza, ma anche una vivida e cangiante tavolozza delle calde tinte del legno che colorano le vie di Mezzano.

Lungo gli stretti vicoli, ai piedi delle antiche facciate, al cospetto dei tipici ballatoi, nelle piccole piazze, nei cortili, sotto le scale, negli anditi e sui poggioli la tradizionale scorta di ceppi per l’inverno prende forme inattese. Restituisce vicende passate, consegna sogni, reinterpreta eventi storici, racconta dei padroni di casa.
Si chiama “Cataste e Canzei” e a ogni angolo riserva una sorpresa:




L’occhio
della Classe terza Liceo artistico G.Soraperra di Pozza di Fassa, Corso di design.
L'occhio osserva lo scorrere del tempo e delle persone lungo le strette vie del centro 




Free Water
di Jimi Trotter
Questo artista locale affida alla copiosa lacrima azzurra su un volto addolorato la protesta contro la privatizzazione dell’acqua. Il ben comune si paga (ingiustamente) e l’unica acqua gratuita che ci resterà, sarà proprio quella del nostro pianto… 


La notte in sogno di Erica Schweizer
Figlia d’arte (i genitori architetti, lo zio grande pittore), la Schweizer è tra le pochissime firme femminili di “Cataste e Canzei”. Nella sua opera riprende l’usanza tradizionale di ricavare nella catasta delle nicchie per porvi vasi di fiori. Agli spazi lei affida però la sua personale interpretazione di una canzone popolare amorosa di questi luoghi. Così tra i ciocchi, oltre a parole, disegni e citazioni prende vita una deliziosa “casa di bambole”. 

Montagna in-canto dell’Associazione La Stua
Un gruppo di amici accomunati dalla passione per la scultura, che si divertono a praticare l'arte e a insegnarla. A loro si deve lo stravolgimento di una triste cabina elettrica in cemento in un allegro capolavoro narrativo in legno. Legnetti piccoli e infinitesimali, pazientemente incastrati a regalare un magistrale intarsio che racconta la poesia della montagna. Un gioco di immagini e di parole che alludono alla seduzione per l'occhio e per l'orecchio, in un sodalizio tra paesaggio e musica. Così, sullo sfondo di cime maestose, campanili svettanti, alberi secolari, prati fioriti e fieri cervi danzano le note dello spartito.

Il bosco vecchio di Albino Rossi
L'anima del Trentino si identifica nella montagna, nei campi e nella foresta. Proprio su quest'ultima si concentra l’attenzione dell'autore. Dalla sua sensibilità e fantasia è scaturito un bosco idealizzato ma vero. Molto c’è da leggere in quest'opera: gli alberi colonne del cielo, i rami che intrecciandosi simbolizzano le relazioni umane… Tutto sintetizzato nella silhouette di un bosco controluce, assopito in inverno nell'attesa di tornare a sbocciare. 

La funzione del balcone di Alberto Cosner
Un nome un po’ impegnato per un’opera diretta, che colpisce per la sua sgargiante semplicità: un’enorme pannocchia dai chicchi pieni e dorati che sembra sbeffeggiare, irraggiungibile in alto sul suo ballatoio, le galline ingolosite e stupite del pollaio sottostante. In realtà l’opera, attraverso la rappresentazione del granturco, vuole ricordare l’antica funzione del ballatoio, dove le pannocchie venivano messe ad essiccare al sole. L’artista è del Primiero, restauratore e disegnatore archeologico. 

El caro de le zercole di Andreino Zugliani
Passato e presente si fondono: sopra un moderno garage, una sorta di cornicione in legno che porta incastonati una slitta e un carro, di quelli che usavano guarda caso per trasportare i tronchi dal bosco e che la sera si ricoveravano là dove oggi parcheggiamo i mezzi a motore. Un omaggio ai giorni andati che vuole anche coprire gli “scempi” di oggi, vestendo il cemento del calore intramontabile del legno. 




Tutt'attorno a Mezzano, poi, un quieto paesaggio di prati immensi dove si raccoglie l’ultimo fieno, boschi trasformati in tavolozze, alpeggi punteggiati di malghe, cime bellissime che lanciano le loro sfide ai più allenati… ovunque, un’ampia scelta di interessanti e pittoreschi sentieri per tutte le gambe.