giovedì 12 luglio 2012

Rifugio Caldenave: io mi fermo quì..

Ci sono luoghi e persone che meritano da soli la fatica di una escursione e che riescono a trasformare la stessa in qualcosa di unico ed irripetibile: malga Caldenave ed Elio sono sicuramente tra questi.
La malga perché situata in uno dei luoghi più belli in assoluto del Lagorai, ed Elio, il gestore, perché è una fonte inesauribile di storie, conoscenze ed aneddoti.

Tempo fa ricordo che sulla tovaglietta di carta consegnata ad ogni coperto al rifugio vi era questo scritto questo:

"Benvenuti a Caldenave!
avete fatto la vostra parte di sana fatica ed ora eccovi qui, seduti ad aspettare l'agognato "ristoro". Prendetevi il giusto tempo, rilassatevi e guardatevi un po' in giro. Il Creatore, chiunque fu, fece un bel lavoro. lavorò sodo e sicuramente di martedì o mercoledì, quando aveva ancora tanto entusiasmo e non era già così stanco da voler scappar via per santificarsi.

 

I nostri nonni, che non erano stupidi, videro questo paradiso e ben pensarono di venirci a lavorare: malga e casara, mucche, latte, formaggio, burro, ricotta... Erano i bei tempi e la vita se la guadagnavano lavorando e non "facendo i soldi" come si dice oggi, e per mangiare, allora, bisognava farsi venire la voglia di salire fin quassù.
Durò finché durò e le "mode" cambiarono, e dopo anni di onorato servizio per Caldenave venne l'oblio (a dire il vero un incendio diede una mano).

 

La vita in valle era diventata più comoda, le fabbriche invitanti e sicure, era meglio stare laggiù e la sera farsi una bella doccia e poi davanti alla televisione, che sudare quassù e puzzare di merda di vacca fino a settembre. Così per anni qui rimasero solo il vento, il sole, la neve, la pioggia. Passarono gli anni, ricambiarono le mode e laggiù in valle, nella Casa Comune, qualche illuminato pensò che era ora di risalire in montagna.

 

Detto fatto: un paio di operai, qualche secchio di malta, due mattoni, Sant’Elicottero ed ecco il Rifugio Malga Caldenave: 80 metri quadrati disposti su due piani, 16 posti letto divisi in due stanze, due bagni, una piccola cucina e 24 posti a sedere nel ristorante, Tutto bello e sobrio ed inaugurato nell’ottobre del 2003 e dedicato alla memoria di Claudio e Renzo, due giovani di Scurelle tragicamente scomparsi, ma distintisi in vita per l’impegno benefico della comunità.

 

A questo punto della storia ci voleva un gestore che, come ai bei tempi, avesse la voglia di salire fin quassù…. Sono cambiate le mode ma le comodità piacciono ancora ed a Caldenave non ce ne sono proprio. Tutto questo era esattamente quello che noi stavamo cercando, ed ora eccoci qui: Enrica ed Elio, gestori dal 2004.

 

Bene, ho raggiunto lo scopo di farvi perdere un po’ di tempo. Enrica sta spadellando in cucina, nella minuscola cucina, dalla quale tutti, affamati come lupi, sperano di veder uscire il proprio piatto. Voi, che avete capito l’antifona, non vi spazientite se dovete aspettare qualche minuto, abbiamo scelto di darvi solo cose buone, cucinate come si deve, quindi menu semplice, niente porcherie in scatola ma solo ingredienti freschi e per fare le cose bene ci vuole il giusto tempo.

 

Ah, dimenticavo, vi sarete domandati da dove viene questo CALDENAVE. Ho cercato a lungo relitti sotto i cirmoli e nelle valli più alte, ma giuro non ne ho trovati. Quindi niente NAVE. Anche di CALDE, poca roba, qualche fanciulla, ma non in numero sufficiente da rendere il posto memorabile. Un pastore di passaggio mi ha edotto: CALTE in dialetto vuol dire pascoli alti e la neve qui si ferma a lungo, quindi le CALTE della NEVE son diventate CALDENAVE.

 

Ecco, ora i canederli stanno arrivando, e sono stati cucinati come si deve: 12 minuti di bollitura dolce più 45 secondi di riposo in pentola coperta. Mangiate in pace e godetevi il Creato. Se invece non sono ancora arrivati, leggete un’altra volta, magari con più attenzione e vedrete che arriveranno.

Buon appetito
.”

Lagorai: rifugio malga Caldenave e cima..

Impegnativa escursione a cima Caldenave nel gruppo di Rava. La prima metà del percorso (fino a malga Caldenave) è piacevole e non troppo faticosa, anche se con qualche tratto ripido, si percorre un sentiero lungo il torrente Caldenave fino a raggiungere l’incantevole vallata con ad Est il rifugio.
Mentre la seconda parte risulta più impegnativa, soprattutto l'ultimo tratto che si dipana tra sfasciumi e ghiaino sdrucciolevole.

Da Strigno in Valsugana seguire le indicazioni per il rifugio Cruccolo, oltrepassarlo alla località Tedon in Val Campelle (1.340 mt). Dopo aver parcheggiato l'auto si segue la strada forestale per poi imboccare il sentiero SAT n.332 che, passando a fianco di villette risale la Valle costeggiando il rio Caldenave. Raggiunto il Ponte Campivelo (1.499 mt) si attraversa il rio e si sale rapidamente la sponda orografica sinistra fino alla soglia glaciale della valle.

Quì lo spazio si apre in una suggestiva piana alluvionale impreziosita dai meandri del torrente, che attraversiamo per raggiungere infine il colle morenico sul quale si trovano il rifugio e la Malga Caldenave (1.790 mt), dietro al quale si trova la seconda piana alluvionale della valle, in un contesto di grande suggestione ed integrità ambientale.

Dal rifugio si imbocca il sentiero cai n.332, leggermente più insidioso e ripido, che sale a forcella Ravetta (2.220 mt) e succesivamente a cima Caldenave (2.441 mt), ma vi posso assicurare che il panorama che si apre sulla val di Rava vi ripagherà di tutte le fatiche.

Per il ritorno si segue il percorso dell'andata, se però si ha più tempo a disposizione, allora il mio consiglio è, una volta tornati alla forcella Ravetta, di prendere il sentiero 333 che una volta aggirato il Tombolin di Caldenave incrocia il nuovo sentiero L33 (sentiero della memoria)che per malga Cenon ci riporta a Tedon, dove abbiamo lasciato l'auto.


quota partenza: 1.340 mt
quota max: 2.440 mt
dislivello complessivo: 1.100 mt
Tempo totale: 6 ore
distanza percorsa: 6 km

sabato 7 luglio 2012

InOsteria; quando un luogo diventa passione

Un sabato sera qualunque in cui alcuni amici si ritrovano intorno ad una tavola imbandita di una piccola e graziosa locanda a gustare piatti preparati con passione e creatività e accompagnati da una fresca brezza serale che ci invoglia anche ad un bicchiere di ottimo vino. Tutto questo mi ricorda uno dei film di Ozpetek, regista turco che apprezzo e che ha dichiarato più di una volta di avere il frigorifero sempre pieno per essere pronto a sfamare anche gli ospiti improvvisi.

Mi ritrovo alle 20.00 in una piazzetta, anzi una via centrale silenziosa come può esserlo solo quella di un piccolo paese della pedemontana vicentina dal nome singolare, Crosara. L’appuntamento è a pochi passi dal paese in una locanda dal nome altrettanto singolare; "InOsteria", esattamente al 7° tornante della strada che da Marostica sale all'Altopiano di Asiago passando per la frazione di Crosara.

Piante fiorite, oggetti colorati, ed una terrazza che guarda verso la pianura con tavoli e sedie preparati in modo sobrio con i colori che ricordano una delle tre salette interne del ristorante.
Un vero paradiso per chi ama la cucina vegetariana, ma anche per coloro, come me, che sono incuriositi da una location e da cibi fuori dai luoghi comuni, ma che nello stesso tempo riescono a trasmettere pienamente l'atmosfera di una osteria tradizionale.

Infatti la struttura, di fine ottocento, altro non era che una tipica vecchia osteria con vendita di vini la cui insegna risulta, seppur in parte cancellata, ancora visibile nel lato est dell'edificio.
Inoltre l'accoglienza di Patrizio in sala e quella di Tiziano in cucina formano il giusto mix per rendere questo un luogo informale in cui ci si sente a nostro agio come a casa propria.

Il menù offre molti prodotti tipici del territorio con profumi e sapori etnici dati dalle spezie che trasformano ogni piatto in qualcosa di unico, ma noi ci affidiamo a Patrizio e ci facciamo travolgere subito dagli antipasti, che da soli varrebbero la pena del viaggio fino qui.

Ma sono i primi, veramente sublimi, a ricevere tutta la nostra attenzione. Tra tutti i gnocchi (gnocco per la precisione) di patate, ricotta e curcuma: una vera delizia che avrebbe richiesto il bis.
Ma i piatti del menù degustazione sono tanti e alla fine c'è pure posto per un dolce al cucchiaio.


Qui il tempo passa velocemente grazie a qualche bicchiere di ottimo Kerner di Ochsenreiter in compagnia di amici, la cucina appagante ed un’atmosfera che crea un feeling particolare con chi mi siede a fianco.

lunedì 2 luglio 2012

Sciliar: una traversata nell'emblema dell'Alto Adige, passando per il Prügelwegg


Era da qualche anno che avevo in mente una traversata dello Sciliar, ma ci avevo sempre rinunciato per la difficoltà di riuscire a collegare tra loro il punto di partenza con quello d'arrivo. Finalmente studiando le linee e gli orari dei bus navetta che collegano i vari paesi (Fiè, Umes, Siusi)con la funuvia che porta all'alpe, ieri abbiamo deciso di avventurarci in questa stupenda traversata.

Arrivati a Fiè alle 8.20, lasciamo l'auto parcheggiata propio vicino alla fermata degli autobus. Un display digitale ci avvisa dei pochi minuti che mancano all'arrivo dell'autobus della linea 2. Giusto il tempo per preparare lo zaino, calzare gli scarponi e subito saliamo sul bus che ci porta alla partenza della funivia dell'Alpe di Siusi.

L'inizio del percorso comincia dalla stazione a monte della veloce cabinovia, Compaccio a quota 1.800 mt. Imbocchiamo la strada che, attraversata quella principale che collega Compatsch a Saltria e il complesso di alberghi dell'Alpe di Siusi, ci porta ad un tabellone in legno con indicati tutti i percorsi della zona, e subito dopo ad un bivio con la segnaletica (sentiero n. 10 per rifugio Bolzano) che ci indica di svoltare a destra.


Seguiamo quindi la strada sterrata carrozzabile per Rifugio Saltner, che sale in maniera dolce per prati e piccole casine in legno, usate probabilmente come depositi di attrezzi, qualcuna ristrutturata con tendine alle finestre e gerani in bellavista ci fa supporre la possibilità di un affitto.


Come non sognare allora i momenti di una giornata passata in questo paradiso, dove un paesaggio da favola si accompagna ad un silenzio quasi irreale, rotto solamente da una musica di una fisarmonica in lontananza. Continuamo a salire in maniera molto dolce fino a raggiunge quota 1.970 mt.

Proseguiamo dritto lungo un prato fiorito fino ad incontrare in discesa un secondo bivio, sempre ben segnalato. In questo crocicchio finalmente ci viene svelato il segreto di quel suono di fisarmonica che avevamo udito precedentamente in lontananza.(vedi foto a lato)
Da qui prendiamo il sentiero di sinistra che scende in direzione della Malga Saltner, dove facciamo una breve sosta.

Dal Rifugio malga Saltner la strada carrozzabile si interrompe lasciando posto ad un largo sentiero, che ridiscende verso la valle del Rio Freddo per poi risalire l'altopiano in direzione della dorsale che si erge difronte a noi e che costituisce il lato nord dell'altopiano dello Sciliar.


Dopo la pausa dalla Malga Saltner scendiamo per un breve tratto fino ad arrivare ad un particolare ponte in legno a quota 1.810 mt dove il nostro sentiero riprende a salire questa volta in maniera più decisa. Bisogna riguadagnare la quota iniziale, in quanto siamo scesi di 170 mt rispetto al punto più alto raggiunto dalla partenza.


Il sentiero è ben segnato e largo su terreno ben battuto, e mantenuto in maniera perfetta, e forse per questo viene anche chiamato "sentiero dei turisti". Il sentiero inizialmente attraversa ancora gli ultimi pascoli e prati, ma poco dopo raggiunge un piccolo bosco di larici e pini mughi.


Da questo punto il sentiero diventa più ripido procedendo con piccoli tornanti, sempre comunque attrezzati nei punti più difficili con ponti e scale.
Mentre saliamo con passo lento la vista spazia su tutta l'Alpe di Siusi. Così mano a mano che saliamo il panorama sotto di noi si apre sempre di più mostrandoci in tutta la loro bellezza e dolcezza le colline che formano l'altopiano.

 In direzione est, oltre alle imponenti pareti del Sassolungo e Sassopiatto notiamo il sentiero che scende con ripidi tornanti dalla forcella dei Denti di Terrarossa e le aeree creste percorse da una bella e impegnativa via attrezzata.
Risaliamo il sentiero sotto un sole cocente il cui calore viene dissipato da una brezza leggera che rende la fatica di quest'ultimo ripido tratto meno dura.
Finalmente raggiungiamo l'altopiano dello Sciliar,


dove il nostro sentiero ora diventa più leggero e mentre ci inoltriamo tra i prati e i pascoli dell'altopiano restiamo per un attimo ad ammirare di fronte a noi la magnifica vista sul Sassopiatto, sui Denti di Terrarossa e sul gruppo del Catinaccio.

Ancora una decina di minuti e, superata una collinetta, arriviamo al Rifugio Bolzano al Monte Pez (quota 2.450 mt). Dal rifugio è possibile raggiungere la vetta del Monte Pez (2.563 mt), in circa 10-15 minuti di cammino. Dalla cima la vista è stupenda ed è a 360°. Credo che questo sia uno dei punti panoramici più belli delle Dolomiti e il rifugio Bolzano con la sua location uno dei "luoghi del cuore" per chi lo frequenta.

Dopo una breve pausa, scendiamo in direzione sud seguendo il sentiero n. 1,  per prati che producono una fioritura così variegata e straordinaria che induce a distendersi per una pausa sognata e sognante. Purtroppo oggi dobbiamo fare ancora molta strada e così siamo obbligati a proseguire con la promessa di ritornarci a settembre per una due giorni con tappa al rifugio.
Il sentiero molto bello e facile da percorrere ci conduce in breve ad una malga recentemente restaurata e riaperta proprio il giorno prima (sabato). Non siamo ancora alla malga Seggiola, ma decidiamo di fermarci ugualmente per un frugale spuntino composto da speck (fatto in casa), formaggio e frittelle. Il tutto accompagnato da una radler.
Il posto è familiare e, a parte noi, c'è soltanto una coppia di escursionisti.

Riprendiamo il sentiero e dopo aver superato qualche tratto ripido e scivoloso, arriviamo ad una radura che ci porta alla Malga Seggiola (1.940 mt). Ci fermiamo nuovamente per un caffè al volo e per fare riposare le ginocchia e le caviglie prima del secondo tratto di duro sentiero che con ripidi pendii ci conduce ad un ponte di legno che ci fa varcare lo scrosciante Rio Sciliar che scende in una profonda gola rocciosa. Siamo finalmente arrivati al cosiddetto "Prügelweg".


Un tratto di sentiero che attraversa la gola del Rio costruito interamente con palanche di legno per portare più agiatamente le vacche sugli alpeggi in estate .
Il sentiero dei tronchi viene chiamato anche "Knüppelweg".





Il nome "Knüppelweg" deriva dal modo in cui é stato costruito l'accesso alla Fossa dello Sciliar la cosiddetta "Sesselschwaige".


Attraversandolo notiamo infatti che é costituito da innumerevoli tronchi di legno dalle dimensioni variabili, in tedesco anche chiamati "Knüppel".

Questo sentiero-ponte in legno é lungo circa 1,5 km e venne in parte giá costruito in epoca medievale per rendere possibile il passaggio delle mandrie attraverso la profonda forra.
L'estrema verticalità delle pareti che formano questa gola come del resto la stessa costruzione in legno rendono l'escursione un esperienza spettacolarmente unica.


E’ questo un tratto di sentiero insolito e poco conosciuto, particolare ed impegnativo, dove le passerelle in legno si alternano a tratti lastricati e gradinati.
Da due anni è in completo rifacimento, così che transitando si può avere un'idea sia della vecchia struttura completamente in legno sia delle nuove strutture portanti in acciaio ancorate nella roccia.

Mentre le vecchie passerelle sono mantenute in legno di larice, fornito dal Comune di Fié. Il sentiero, inoltre, viene consolidato con muretti in pietra sul lato verso il torrente.
I lavori, interrotti durante l'inverno appena trascorso, sono ripresi questa primavera e proseguiranno fino alla loro ultimazione prevista entro l'autunno di quest'anno.
Durante i lavori il sentiero è transitabile solamente nei week-end quando il cantiere rimane chiuso.
Un ponticello ci annuncia la fine del tratto nella gola mentre ad un successivo bivio ( 1.625 mt)possiamo scegliere di tenere il sentiero n. 1 a destra in salita, oppure calare giù a sinistra sul sentiero n. 3.
In ogni caso, dopo circa 1 km le strade si ricongiungono per proseguire in discesa in mezzo ad un riposante e fresco bosco fino alla stazione a valle della teleferica che serve il rifugio Bolzano.

Finalmente arriviamo al guado del Rio di Fiè dove possiamo rinfrescarci e permettere ai nostri piedi stanchi un lungo pediluvio nell'acqua gelida del torrente.
Ancora un tratto di leggera discesa e arriviamo ai prati della Tuff Alm (1.274 mt ), una malga-ristoro molto frequentata durante i week-end estivi dai bolzanini in cerca di un pò di refrigerio dalla calura della città.

Dai prati che circondano la malga scendiamo a valle con il sentiero n°1, anche se sarebbe stato preferibile usare la forestale di servizio alla Malga, arrivando in breve ai Laghetti di Fié (1.036 mt).   Dopo quasi 1.500 mt di dislivello siamo veramente stanchi e così decidiamo di evitare l'ultima discesa verso Fiè e di salire sul bus (n. 13) che dal parcheggio del lago in breve ci riporta all'auto.

Questo luogo per me è come un libro. 
La maggior parte degli escursionisti che velocemente lo frequentano ne vede solo la copertina,  forse nel migliore dei casi arriva a leggerne l' introduzione.
Per me ogni uscita è uno stimolo a pensarne un'altra per scoprire ogni pagina di questo straordinario libro.