giovedì 16 ottobre 2008

Quando viene ottobre.... a caccia

Quando viene ottobre, con le sue piogge e le prime arie di burrasca, arrivano anche le beccacce che hanno lasciato i luoghi di nidificazione del nord Europa dove il terreno gela e il giorno è sempre più breve.
Sostano qui prima di raggiungere i luoghi dello sverno nel nostro Sud.

E' questo il momento magico del bosco oramai abbandonato dai cercatori frettolosi e vocianti dell'estate , dei silenzi che raccontano storie e favole di anguane e salbanei, di folletti e gnomi.
E' questo il momento magico delle albe nebbiose, dei colori smorzati del bosco verde-arancio-giallo in tante tonalità che a tratti una luce misteriosa rende più evidenti nel sottobosco pre-invernale.

E' questo il momento in cui i ricordi si fanno più vivi ed intensi, come quando, a caccia con mio padre, ci fermavamo ad ascoltare il campanello dei cani in lontananza e poi il trotto di un altro cane di un cacciatore solitario che passava, ci salutava con un lieve cenno del capo, si allontanava e, come un folletto, svaniva dentro il bosco.
Ricordi..........


All’improvviso un rumore ci sorprende, ma poi sorridiamo in silenzio, vedendo un riccio di castagna rotolare verso il sentiero appena percorso. Quel rumore fa emergere il silenzio che ci circonda e che ci fa inconsapevolmente trattenere il respiro.
Il ritmo del nostro cuore, sordo e profondo, sembra quasi fuori luogo in questa pace irreale, sembra disturbare la solennità dei centenari castagni che svettano verso il cielo.
Immobili restiamo in ascolto in questo strano silenzio formato da mille indistinti e leggeri rumori.
Riesco a poco a poco a percepirli grazie a mio padre che li decifra per me, mi concentro su quel leggero scricchiolio fino a capirne l’origine, due rami di betulla che si toccano mossi dalla brezza.
Lontano il grido di un Picchio Rosso sembra un rimprovero, lo immagino, puntellato sul tronco di un abete mentre con il suo fine udito intercetta il lavoro delle larve nell’anima del legno, un toc-toc-toc velocissimo interrotto da brevi intervalli di verifica, per captare pericoli e per localizzare meglio il suo pasto nascosto.
Mio padre mi indica in alto tra i rami una Cincia che balla proprio sopra la mia testa, curiosa e incosciente scende sempre più in basso, imitata come in uno strano gioco di sfida al pericolo, dal quel suo piccolo amico con il ciuffetto arancione.
Il suo allontanarsi ci fa sentire per un istante stranamente soli, ma dura poco perché la nostra attenzione viene subito attratta da un altro movimento un poco più a destra.
Osserviamo quel punto, ma nulla accade e pensiamo già di aver avuto una specie di allucinazione, quando di nuovo succede ma questa volta alzando la testa incontriamo lo sguardo buffo e quasi stupito di uno scoiattolo che, immobile sul ramo, non sa se scendere o fuggire sulla cima più alta a cercare altri frutti.
I suoi grandi occhi, sproporzionati soprattutto ora con quell’espressione di sorpresa causata dal movimento del nostro sguardo verso di lui, ci attraggono
.

.........
Pace, serenità, dolcezza, sentimenti che succhiavo avido dai gesti e dai segni più che dalle parole di mio padre. Lui riusciva a percepire e catturare dal bosco sensazioni e tesori che nella mia mente diventavano elementi di un racconto ad occhi aperti su cui continuavo a favoleggiare per tutta la giornata e che si rinnovava alla sera davanti al caminetto acceso.

Tra i possibili modi di cacciare, questo d'autunno mi faceva intensamente partecipe ad un mondo che sentivo esclusivamente mio, e che mi aiutava (e ancor oggi mi aiuta) a capire quelle stagioni della mia vita che nessuno potrà mai più rubarmi.

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