mercoledì 24 dicembre 2008

un bicchierino di............Merry Christmas


Cappuccino di fagioli di Lamon e crema di caprino con croccante di prosciutto veneto crudo



Ingredienti:
100 g di fagioli secchi di Lamon
battuto di erbe aromatiche
olio extravergine di oliva
100 g di brodo vegetale

10 ml di panna da cucinare
130 g di caprino fresco
20 g di yogurt naturale o crema di latte
3 fette di prosciutto veneto-berico

Lasciate a bagno i fagioli secchi per una notte intera in abbondante acqua fredda.
La mattina successiva, in una pentola capiente versate due cucchiai d'olio extravergine di oliva e fate ammorbidire il battuto di erbe aromatiche.
Aggiungeteci 100 ml di brodo vegetale, un cucchiaio di sale grosso e i fagioli.
Coprite e lasciate cuocere per circa 2 ore.
Quando i fagioli risulteranno ben cotti frullate il tutto con il minipimer, sino ad ottenere una crema. Se risultasse troppo densa, allungate con dell'altro brodo. Rimettete sul fuoco e aggiungete la panna ed un pizzico di cannella.

Lasciate amalgamare bene il tutto cuocendo a fuoco molto basso per altri 20 minuti
Nel frattempo ritagliate le fette di prosciutto a strisce larghe 3 o 4 cm, eliminando le strie di grasso e appassitele in una padella antiaderente con fuoco molto basso fino a renderle croccanti.

Mettete il caprino in una terrina con lo yogurt e rendete il composto cremoso aiutandovi con una forchetta.  Coprite il fondo di ogni bicchierino con un cucchiaio del composto così ottenuto.
Aggiungetevi sopra qualche cucchiaio di crema di fagioli senza mai arrivare al bordo.
Oppure potete invertire il composto mettendo sul fondo del bicchierino la zuppa di fagioli e sopra, aiutandovi con una sac à poche, modellarvi la crema di caprino fresco, completando con qualche  pezzettino di croccante di prosciutto crudo veneto.


A U G U R I di B U O N N A T A L E

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domenica 21 dicembre 2008

A tratti, ......when the past returns



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Il tempo ha oramai reso leggero e lieve, come questa neve, il giorno del tuo strappo, del tempo speso nel momento in cui dicevi “per sempre”.
E ora le nostre vite trascorrono in una direzione che esclude l’incontro e la possibilità, aprendosi solo al silenzio reso assente .

Mi sono chiesto tante volte di quel tuo “volere” fino ad un certo giorno e poi il nulla,come se di una mano che ha tenuto stretta la tua si potesse fare ciò che si fa di un libro vecchio e sgualcito.
E tante volte mi sono chiesto se le mie parole tu abbia mai saputo,o voluto, veramente leggerle.

Le tue le ho aspettate tanto da quando lamentasti la mia indifferenza e il tuo sbadato alibi del tempo che non c’era.
Le poche e straordinarie che avevo le ho portate sempre con me, ripiegate con cura tra le pagine di un libro che non ho mai disperato di poter riempire di tempo e di profumi lasciati a metà.

Ed era un bel camminare oggi sulla neve con il pile bianco che mi avevi regalato e quelle poche parole stipate nel cuore gonfio del privilegio di averle ricevute.
E di vederle scorrere una ad una nei rivoli del disgelo, a memoria, senza poter evitare il freddo dentro e senza riuscire a trovare – in questi giorni lunghi ormai come anni – un solo indizio della disattenzione che mi avrebbe precipitato in questo solco di lontananza.
Senza riuscire a restituirle al loro tempo, come sarebbe piaciuto a me.

Ed è un ritorno a casa di malinconica dolcezza, quello che oggi mi porta via da queste seducenti montagne con poche nuvole che si allontanano all'orizzonte, ogni volta per sempre.
E oggi, come ieri, c’era tanta neve per non desiderare di partire, ma troppa per poter proseguire.
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martedì 16 dicembre 2008

Cima Manderiolo - Altopiano di Vezzena


Da Asiago prendiamo la strada per Camporovere e seguendo la statale 349 che porta a Passo Vezzena si giunge ad un incrocio con le indicazioni per Rifugio Malga Larici. Prendiamo a destra e seguiamo la strada che con qualche tornante ci porta al Rifugio.

La giornata è una di quelle che si preannunciano indimenticabili: sole, ottima visibilità e temperatura mite.
Non sembra proprio di essere ai primi di dicembre dopo una copiosa nevicata, ma in marzo con la primavera alle porte.


Giunti alla Malga, prima di metterci in marcia, ci beviamo un classico "brulé alla frutta" preparato in maniera insolita da Alessio il gestore.
Dal parcheggio si torna indietro fino alla curva da dove parte una stradina.
La meta è lì, imponente davanti a noi. (foto 2)
Fa caldo e ben presto ci troviamo a camminare con la semplice maglietta.


Quando arriviamo in prossimità di Malga Porta Manazzo facciamo una piccola deviazione, prendendo il sentiero 205, che in breve ci porta alla forcella omonima (foto3) da cui possiamo ammirare un panorama mozzafiato sulla Valsugana.


Visto che il sentiero "estivo" è battuto ci inoltriamo nel bosco restando pero' su una traccia interna rispetto al ciglio della Valsugana per maggior sicurezza.
Su questa traccia però la neve è meno battuta e si avanza con fatica.


Usciti dal bosco possiamo ammirare il paesaggio sui Fondi di Campo Manderiolo, (foto 4) un'ampia valletta assolata e silenziosa.
Ora si scende leggermente e poi si punta decisamente verso la cima.
Il sentiero è ben tracciato e la visibilità ottima.


Nell'avvicinamento alla vetta però si avverte con maggior intensità l'aria fredda che sale dalla Valsugana che ci obbliga nuovamente a rivestirci.
La salita è lunga e, mano a mano che si avanza, diviene aspra, costringendoci a controllare il respiro e ad accorciare il passo per non trovarci senza forze ed energie nella parte terminale.



Finalmente in cima; incontriamo un nutrito gruppo di sci alpinisti e ciaspolatori.
Questo e' un giro classico per la sua facilità e assenza di pericoli oggettivi.
Qui il vento è ancora più forte e freddo; non ci impedisce però di ammirare lo strepitoso panorama.
Ad ovest imponente davanti a noi il gruppo del Brenta..... e in basso a destra la Valsugana con i laghi di Caldonazzo e Levico. (foto 6)




Dalla parte opposta la cima e la dorsale ovest del Portule in tutta la sua imponenza. Una delle montagne più selvagge e meno frequentate, almeno d'estate, di tutto l'Altopiano
(foto 7)




Ci abbassiamo un pò per trovar tregua e mangiare un boccone e intanto guardiamo le discese degli sciatori.
Dopo un po', rimasti ormai soli, ci rimettiamo in cammino: ora tocca a noi divertirci.


Teniamo una diagonale con pendenza costante fino alla base dei prati dove si raccorda la stradina forestale che costantemente in discesa ci riporta alla Malga.

Where my spirit lives

Nelle sere d'inverno il muro del corridoio su cui si affacciava la mia camera rifletteva i bagliori che la stufa a legna situata in cucina mandava dalle prese d'aria.
La cucina era l'unico luogo veramente caldo della casa, non esistevano caldaie e termosifoni, e nemmeno stufette elettriche per riscaldare le stanze da letto, per questo si usava la "monega", un oggetto in legno a forma di doppio arco che serviva a tenere sollevate le coperte, e al centro del quale si metteva la "foghera", padella dal manico lungo in cui venivano poste le braci ricoperte di cenere in modo che non facessero fumo e non si spegnessero troppo presto.

Ricordo ancora la piacevole sensazione di potersi mettere a letto tra le coperte rese calde dalla "foghera", quando fuori imperversava la pioggia o la neve: ciò mi donava un forte senso di protezione e, anche se la camera era completamente fredda ed il respiro trasformandosi in nuvoletta si ghiacciava sui vetri della finestra, il sonno arrivava subito e mi rapiva nei sogni delle fiabe che il nonno mi raccontava dopo la cena.

Ma era il lumino ad olio che mia madre accendeva dopo avermi accompagnato a letto e avermi rimboccato le coperte che mi affascinava ancora di più; la sua piccola fiamma guizzava viva o anche stava immobile davanti all'immagine della madonna.
I vetri della finestra, sul lato destro del letto, ricoperti di brina brillavano come un cielo ricoperto di una miriade di stelle. Fuori lungo la strada che portava in paese il silenzio che accompagnava la neve che scendeva copiosa e leggera mi rendevano ancora più evidenti i rumori che provenivano dalla cucina: le voci lontane della mamma e del papà che discutevano con il nonno e altre volte suoni di piatti, acqua, sedie, legna.....

La neve era la gioia per me e i miei cugini, ma anche la disperazione dei nostri genitori: essa rappresentava certo l'inizio di un periodo di riposo dopo il lungo lavoro dei campi ma era anche fonte di preoccupazioni in quanto impediva i movimenti ed addirittura isolava per parecchi giorni i casolari sperduti.
Dalla finestra della cucina i miei genitori seguivano con una certa apprensione il crescere del manto nevoso, ogni ora che passava voleva dire più neve da spalare per poter uscire di casa e fare la "rotta", il sentiero cioè che permetteva di andare da una casa all'altra, o dalla nostra casa alla strada principale che scendeva in paese.

Durante le bufere più violente non era possibile scavare il sentiero, così eravamo costretti a rimanere tutti in casa, felici per non dover andare a scuola almeno per una giorno, ma un poco a malincuore perché non si poteva nemmeno uscire a giocare.
Così raccolti tutti quanti davanti alla stufa "economica", compresi i miei cugini che mi abitavano a fianco, si stava i pomeriggi e le sere d'inverno ad ascoltare letture di storie e racconti della guerra.

lunedì 15 dicembre 2008

Camminare sulla neve into the wild

Come scrive M.Rigoni Stern "il racconto di una vita parte dall'inverno e chiude il cerchio con l'attesa della neve che verrà."
Così questo nostro narrare, procedendo da una stagione all'altra, vi cammina a fianco tanto da poter calzare con il piede l'orma già impressa in una neve che ha memoria di altre nevi e di ricordi ancora vivi.

Camminare sulla neve non è uno sport ricco di emozioni come lo scialpinismo, ma è un'arte povera, un far niente pieno di cose.
Camminare sulla neve non è ecclattante come una scalata in parete, ma è semplicemente accarezzare un sentiero per uscirne dalla traccia senza impegno, per fermarsi prima, per decidere di cambiare percorso, per rincorrere un'altra idea,..per inseguire un bosco o una montagna che ti sono cari.............

Camminare sulla neve non è esaltante come skyrunning, ma è un modo per rallentare il ritmo e per un istante fare posto ai ricordi, alla memoria di persone perse da anni e da cui la vita ci ha separati

Camminare sulla neve non è assordante come una pista da sci, ma è....................

E solo allora ci rendiamo conto che, spesso, i silenzi sono importanti quanto i suoni.
Proprio come in una di quelle conversazioni che ci mettono in gioco, quando le pause contano come o addirittura più delle parole, perché ci danno il tempo di mettere meglio a fuoco i pensieri, riorganizzare le emozioni e suturare certe ferite.

Camminare sulla neve dove ogni passo diventa un respiro che muove il passo successivo e ogni respiro alimenta il nostro cuore , e quando il cammino diventa sicuro e il passo delicato allora mi piace pensare che sicuramente esiste quella invisibile via che unisce la terra al cielo.Camminare non serve per tenersi in forma, ma a dare forma alla vita.