In chiunque sale le montagne, anche solamente camminando su un facile tratturo in una domenica di sole, si accendono molte componenti vitali e umane che producono una serie di percezioni sensoriali inconsuete.
Sono sensazioni che vengono percepite e riconosciute in modo estremamente intenso, ben diversamente da quelle avvertite durante gli altri giorni nella routine settimanale di lavoro e impegni familiari.
Sono sensazioni che ci accompagnano anche dopo che l'esperienza si è esaurita e che si esprimono nel racconto del ricordo di ciò che è stato vissuto.
Spesso percorriamo i sentieri della montagna camminando con altre persone per dividere con loro l'esperienza, per dare e ricevere mutualità.
Ma qualche volta abbiamo bisogno di isolamento e solitudine.
Abbiamo bisogno di separazione per sentire una mancanza. La mancanza della parte di noi che sta nell'altro e nel mondo che abbiamo lasciato.
Scopriamo così di essere continuamente sospesi tra condivisione e isolamento, tra il passato e il futuro.
Sospesi tra la percezione soggettiva del sogno e la percezione oggettiva della realtà.
E in questa sospensione tra sogno e realtà in montagna ricerchiamo uno spazio "terzo", uno spazio collocato tra ciò che è e ciò che potrebbe essere; un versante diverso da quello usuale in cui tutti salgono.
Durante la salita ci ritroviamo a percorrere una cresta sottile tra due versanti.
Saliamo oltre e sempre più in alto per riuscire a stare meglio quaggiù, per ritrovare responsabilità ed impegno per le forme di convivenza e condivisione che la realtà di ogni giorno ci impone. Saliamo per imparare a scendere, anche se, arrivati alla vetta, ci costa fatica e sacrificio discendere a valle,
ritornare alla vita di tutti i giorni, così che alle volte sale dentro la nostra anima il desiderio di........
Ma ..., alla fine, scendiamo sempre, e sempre ritorniamo alla vita quotidiana.
Salvo poi, appena ci è possibile, rispondere all'attrazione dell'alto,
al richiamo dell'isolamento più assoluto,
alla chiamata della vetta,
per poter così nuovamente riscoprire il senso del calarsi nel profondo della realtà, nell'essenza della vita.
un grazie a Felice per aver condiviso con noi i sentieri e i silenzi di queste sue montagne.
2 commenti:
Caro Mario,
visto che non riesco a scrivere i commenti sul tuo blog, per mia grandissima ignoranza del mezzo…..( ma forse prima o poi ce la faro)’…..
dicevo, visto che…., mi fa piacere dirti che quello che hai scritto mi ha toccato molto, e’ molto vero, lo percepisco molto vicino al mio “sentire” .
Io non vado sulle vette, mi fanno paura, non amo la grande altezza perche’ provo un senso di disagio fisico e psicologico e di questo me ne dispiaccio perche’ penso di perdere molto, anche a Giorgio dispiaceva,
ma avevamo comunque trovato un nostro equilibrio che andava molto bene ad entrambi.
Lui quando aveva voglia faceva da solo le sue passeggiate “alte” e io lo aspettavo, poi, insieme facevamo le nostre passeggiate a quote piu’ basse.
Comunque, sia insieme, che da sola, ho avvertito spesso questo bisogno di isolarmi, di estraniarmi , di riappropriarmi dei miei ricordi, di considerare e/o riconsiderare delle cose
lasciate li’, che nella cornice quotidiana normalmente non emergono.
Sono momenti solo “nostri” che a volte danno una chiave di lettura diversa da quella che ci sembrava e spesso danno nuova energia.
Mi e’ capitato molte volte nelle nostre passeggiate di lasciarmi andare dove mi portava il pensiero, isolandomi dal resto e sono sicura che questo succedeva anche a Giorgio.
Momenti di intimita’ con noi stessi e poi condivisione, con molto rispetto, sapendo che al ritorno dal nostro viaggio interiore, qualunque esso fosse stato, ci sarebbe stato l’altro ad attenderci, di fianco.
Da quando Giorgio non c’e’ piu’ il bisogno di isolarmi e’ molto grande, il bisogno di ricordare e di piangere mi viene naturale, tristezza e commozione si confondono e ogni luogo e ogni momento ha un perche’ .
Poi “DEVO” tornare alla realta’, che non e’ bella.
Mi sforzo , e mi accorgo che anche nella mia realta’ c’e’ qualcosa di bello: gli affetti e la possibilita’ di condividere.
Grazie Mario per poter condividere con te queste mie sensazioni.
ciao,
non sai Maria quanta emozione nel leggere nuovamente un vostro pensiero sul blog.
Hai espresso le stesse parole che avrebbe scritto anche Giorgio e questo conferma quanto unico e raro fosse il vostro rapporto e quanto fosse importante la condivisione tra di voi.
Certo ognuno aveva gusti e preferenze anche diverse ma la felicità che scaturiva da queste piccole e grandi cose " è sempre stata condivisa".
A Giorgio piaceva molto "into the wild" per quella ricerca di un senso ultimo e di felicità che si può trovare nel percorrere le terre estreme, ma amava anche sottolineare come alla fine di questa ricerca la felicità non fosse tale se non veniva condivisa.
E lui con te ci era riuscito.
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