lunedì 29 agosto 2011

Le malghe del Lagorai: una cultura da preservare

Fino agli anni '60 tutte le sette malghe di proprietà della Val Campelle e quelle della vicina Val Calamento erano "caricate" con bestiame proveniente dai paesi di fondovalle rappresentavano per la popolazione dei paesi di valle una delle principali fonti di reddito.
Ogni famiglia del paese possedeva una stalla in cui allevava qualche capo di bestiame che permetteva di fornire il latte e la carne necessari per il sostentamento, oltre a qualche maiale, (che veniva alimentato con lo "scòlo" - siero di latte) che era parte determinante nell’economia della malga, e alle volte anche una decina di capre.

Con lo sviluppo della frutticoltura nella zona della Bassa Valsugana, la progressiva industrializzazione del paese e la nuova politica zootecnica tesa ad incentivare la creazione di stalle di parecchi capi, dalle caratteristiche fisiche e strutturali inadatte all'alpeggio, tutte le piccole stalle disparse nel paese, una ad una, vennero a scomparire, determinando un progressivo abbandono dei pascoli di montagna.

Come ho già detto, attualmente, dopo anni di incuria, grazie ad una nuova politica provinciale di incentivazione, tesa al recupero dei pascoli di montagna, alcune malghe della valle, sono tornate ad essere "caricate" con bovine da latte ed è stata ripresa presso le loro strutture la produzione dei prodotti tipici quali formaggio, burro e ricotta.
L'importanza economica delle malghe del Lagorai rappresenta ora solo un pallido riflesso di quella del passato, ma almeno il filo della storia non è stato spezzato, gli elementi di continuità non mancano e neppure le prospettive di una nuova valorizzazione.

Così nell'ottobre del 2000 si è costituita "La Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai" che si è subito posta come obiettivo primario la promozione e la diffusione del valore etico, ecologico, culturale e salutistico, legato alle esperienze lavorative in Malga.

Fin da subito l'Associazione ha rifiutato la Dop, perché la stessa, pur ideata negli anni ‘90 come strumento di valorizzazione territoriale e quindi di salvaguardia dell’artigianalità casearia, paradossalmente si è verificato che non solo non tutela i piccoli produttori, ma legandosi alla zootecnia intensiva, penalizza fortemente la qualità, alimentando la deriva verso la standardizzazione del prodotto.

Consci della diversità che esiste tra prodotto tipico legato alla Dop e il prodotto locale lavorato in malga l'Associazione ha cercato viceversa di privilegiare la filiera di produzione, la materia prima locale (rappresentata da pascoli straordinariamente ricchi di essenze spontanee), l’acqua di sorgente del Lagorai, particolarmente fredda, il solo latte di bovine così alimentate e, non da ultimo, quei sistemi artigianali di caseificazione e stagionatura in malga, tramandati da secoli dai casari della Valle.

Un tentativo questo, da parte della Libera Associazione dei Malghesi e dei Pastori del Lagorai, che si pone in netta contrapposizione di molte realtà del Trentino piegate oramai ad una modernizzazione acritica, di un prodotto lavorato nei caseifici consortili del fondovalle appiattito alle norme comunitarie.
Un tentativo finalizzato a difendere il Lagorai dalla speculazione turistica e alla conservazione di un sistema di pascolo e di caseificazione ancorato alle pratiche tradizionali e identitarie di un territorio unico nel suo genere.

Nel ricordo di
 Francesco Franzoi
malghese e casaro di  M. Valpiana
morto nel febbraio del 2009




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