L'inverno piombava all’improvviso con il suo carico di nuvole grigie, di freddo e di neve. Il sole, come ora, sembrava sparire per giorni, e il vento anche dentro casa faceva rabbrividire. Sembrava un ululato, come quello dei lupi che vedevo nei film d’avventura al Patronato.
In casa faceva freddo e, al momento di studiare, si stava in cucina per sfruttare il calore dell'unica stufa a legna. Ci si aiutava, per stare meglio, con una coperta messa sulle ginocchia, ma ugualmente i piedi erano e restavano sempre freddi anche con i calzettoni grossi in lana che la mamma aveva lavorato " ai ferri".
L’unica lampada, sopra il tavolo, lanciava i suoi raggi di luce, riflessi verso il basso, e permetteva di illuminare a malapena il quaderno dove immancabilmente ero costretto a scrivere le solite due o tre facciate sul "tema" del giorno.
Erano solamente due mezze facciate perchè il foglio andava piegato a metà per permettere alla maestra le correzzioni in matita rossa e blu, ma per me erano ancora troppe e riuscivo a completarle con estrema fatica.
Così che il giudizio, alla fine, era sempre: "Buono ma troppo sintetico".
La sera, dopo la cena, ci si scaldava attorno al fuoco, per una mezz'oretta o poco più, prima di andare a letto, dove ci aspettava il calore prodotto dalle braci della foghera posta sulla monega sotto le coperte.
Ricordo ancora la piacevole sensazione di potersi mettere a letto tra le coperte rese calde dalla "foghera", quando fuori imperversava la pioggia o la neve: ciò mi donava un forte senso di protezione e, anche se la camera era completamente fredda ed il respiro trasformandosi in nuvoletta si ghiacciava sui vetri della finestra, il sonno arrivava subito e mi rapiva nei sogni dei racconti che il nonno o il papà mi raccontava dopo la cena.
Ma con l’inverno, il freddo e il vento, si avvicinava anche il Natale.
Era il tempo dell'attesa e non solo per la nascita di Gesù, ma anche per i piccoli regali che trovavamo ai piedi del Presepe.
Forse anche per questo tenevamo molto ad averlo e, soprattutto, a costruirlo.
Si cominciava già dai primi giorni di dicembre recuperando dalla soffitta la scatola di cartone in cui era conservato tutto il necessario. Un veloce inventario di ciò che c’era e, nel frattempo, si sceglieva l’angolo in cui si sarebbe montata la struttura.
La mia casa non aveva molte stanze, e così il presepe trovava sempre posto in un angolo della cucina o del corridoio appresso.
Sulle pareti si incollava un grande foglio blu con dipinte le stelline, poi con legna e vecchi giornali si abbozzavano le montagne e la grotta, la carta stagnola serviva per i torrenti, mentre un piccolo pezzo di vetro con i bordi coperti dal muschio era il laghetto con le immancabili oche ed anatre. Poi, alla fine, si ricopriva tutto col muschio. Con la sabbia si tracciava le stradine e con la farina si imbiancava la punta delle montagne. Disposte le statuine il presepe era completo.
Così l’ambiente prendeva forma ed anche se il presepe era molto piccolo, ogni anno il papà o la mamma riuscivano a comprare qualcosa per arricchirlo: una casetta, una statuina....
Alla sera, si spegnevano le luci della stanza, e alla luce del fuoco della stufa e delle lucine nel presepe si stava tutti insieme vicini ad ammirarlo.
1 commento:
Ti auguro un nuovo anno che sia all'altezza dei tuoi desideri, dei tuoi sogni delle tue speranze. Buon Natale.
Alberto Rossi (freeplayer9
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