sabato 2 gennaio 2016

La Pinza o Putana veneta

 La Pinza, oltre ad essere una ricetta della tradizione veneta, è un dolce che mi riporta indietro nel tempo fino alla mia infanzia, quando la mamma, appena trascorse le festività del Natale la cucinava quando aveva un pomeriggio libero dagli impegni perché la sua preparazione richiedeva tempo. Sicuramente un dolce della memoria.
Molti ritengono che la "Pinza" e la "Putana" siano sinonimi.

Ma da una piccola ricerca storica che ho fatto credo che tra i due tipi di torta esistano delle differenze sia nella composizione degli ingredienti e sia nel modo di cucinarle. Ritengo che comunque il denominatore comune di entrambe risieda nel principio storico-gastronomico che le definisce come torte fatte con gli ingredienti che "si trovavano" in casa, quindi ingredienti della cucina povera, della tradizione contadina, anche se questi potevano diversificarsi da paese a paese. Ecco perché ne esistono molte versioni.

Qualcuno la fa con il pane raffermo, ma difficilmente negli anni del dopoguerra nelle case della povera gente si avanzava del pane. Molto più facilmente alla farina gialla (per la polenta) veniva aggiunta con parsimonia della farina bianca. Poi quello che si trovava in casa probabilmente era l'uvetta (messa ad appassire nel granaio o nella soffitta) e i fichi secchi che, come l'uvetta, ogni famiglia produceva in proprio da sempre.

Insomma la Pinza si faceva con quello che c'era a disposizione ed ecco forse perché il nome "putana"; perchè "ci sta con tutto".

Le dispense un tempo non erano certamente fornite come i nostri frigoriferi odierni.
Ma l’inventiva delle mamme, nonne e bisnonne non conosceva limiti, se si trattava di mettere in tavola qualcosa di buono per accontentare noi bambini.
Una fetta di questa torta diventava una festa per tutti e non solo per noi piccoli, che cominciava già con lo spandersi del profumo per tutta la casa durante la cottura nel forno della vecchia stufa a legna.


La "pinza" è sicuramente un dolce di origini antichissime cucinato, prima ancora dell’avvento delle stufe, in un recipiente chiamato "covercio", posto sotto le braci del camino, quando ancora nelle vecchie case, specialmente di campagna, si cucinava sul fuoco vivo del grande camino, il "fogolar" simbolo assoluto della famiglia. Il periodo in cui veniva preparato era quello invernale, in genere dopo le feste di natale.
La ricetta che vi offro è  la ricetta antica della mia famiglia in terra vicentina dove "Na feta de putana, un bicer de vin dolse e un bon cafè" è il modo migliore di dare il benvenuto agli ospiti nei primi giorni del nuovo anno.

Gli ingredienti:

300 grammi di farina gialla (mais)
300 grammi di farina bianca
3 - 4 mestoli di brodo di cotechino sgrassato
    4 cucchiai di zucchero
    1 pizzico di sale
  25 gr. di lievito
250 grammi di fichi secchi a pezzettini
100 grammi di uvetta (ammorbidita nella grappa)
     1 bicchierino di Rum o Punch
     1 arancia


Per la preparazione:

1.  Lavare l'uvetta e metterla in ammollo con il succo d'arancia, il Rum e la scorza dell'arancia tagliata sottile
2.  Tagliare i fichi a pezzettini
3.  Portare ad ebollizione il brodo
4.  Mescolare in una terrina le farine, lo zucchero, il sale, il lievito. Scottarle con il brodo bollente ed amalgamare.
5.  Aggiungere al composto l'uvetta e i fichi
6.  Versare il composto in una pirofila precedentemente imburrata. Cospargere di abbondante zucchero la superficie della torta
7.  Cuocere in forno preriscaldato a 180° per 40'

Dopo averla sfornata, quando risulta tiepida significa che è pronta da servire. Come accompagnamento va bene un buon passito, meglio ancora se disponete di un Torcolato di Breganze.

1 commento:

Remigio ha detto...

Domenica un giretto a Breganze me lo voglio fare.