Il genere dei funghi Boletus è diviso in sezioni, prevalentemente in base al colore dei pori. Solo i boleti della sezione Edules possono definirsi “Porcini”, cioè quelli compresi nella sezione di boleti a pori bianchi.
Tuttavia, alcuni micologi tendono a comprendere nella classificazione di Porcini un gruppo di funghi Boletus più folto composto da una dozzina di specie diverse appartenenti ad altre sezioni.
Saperli distinguere consente di apprezzare e scegliere i migliori o quelli che maggiormente incontrano il gusto personale o l’uso gastronomico ideale.
Carnosi, morbidi e dotati di un inconfondibile sapore, i porcini sono considerati a ragione l’eccellenza dei funghi. Ideali per essere consumati crudi, affettati e uniti a insalate di vario genere, sono perfetti anche come condimento per minestre ma soprattutto per risotti. Si accompagnano perfettamente a molti piatti sia di carne che di pesce.
Protagonisti di molte ricette autunnali, questi funghi crescono prevalentemente nel sottobosco e la loro raccolta offre un’ottima occasione per una passeggiata a contatto con la natura.
I porcini rappresentano l’emblema del fungo spontaneo, che si sviluppa in simbiosi con alberi di alto fusto, da cui trae le sostanze nutritive necessarie. Per questo vengono classificati come simbionti.
Per consumarli correttamente però è necessario sapere come pulirli.
Una volta scelti gli esemplari ancora giovani, sodi e con i tubuli ancora bianchi, la prima operazione da fare per pulire i porcini è quella di rimuovere con un coltellino ben affilato i residui di terriccio nella parte inferiore del gambo, per poi con uno spazzolino eliminare completamente ogni residuo presente nel gambo ma anche nella testa.
Una volta fatto, procedete a riempire una terrina con acqua, poi aggiungete il bicarbonato (un cucchiaio di bicarbonato è sufficiente per un litro d’acqua). A questo punto immergete un foglio di carta cucina per ogni porcino che avete pulito nella terrina dove avete in precedenza sciolto il bicarbonato in acqua. Strizzate leggermente un foglio di carta e avvolgetevi un porcino. Fate la stessa operazione per ogni porcino che avete pulito. Lasciate a contatto per un paio di minuti, poi togliete i porcini dalla carta cucina impregnata di bicarbonato e asciugateli con un panno carta asciutto.
Ora i vostri porcini sono pronti per essere affettati e utilizzati nelle vostre ricette sia crudi che cotti.
La tossicità dei funghi non è (ancora) ben definita, soprattutto quando parliamo di porcini. Per questo la micotossicologia è una scienza in evoluzione (l’esempio di Gyromitra esculenta, dove esculenta in latino “commestibile” mentre oggi è considerato tossico, è caratteristico). Per quanto riguarda i porcini fino a poco tempo fa si credeva che uno zucchero composto presente nei porcini (Trealosio) fosse responsabile della sindrome da intolleranza che in qualche caso portava alcune persone che mangiavano porcini a rivolgersi al Pronto Soccorso.
Ora sappiamo che il trealosio è un "dissacaride contenuto in molti funghi simbionti non solo nel genere Boletus che difficilmente si scompone in cottura perché resistente alle alte temperature."
Quindi la causa delle intossicazioni non risiede nella scelta di mangiare i porcini crudi piuttosto che cotti ma nella risposta individuale del proprio corpo ad un alimento complesso come lo è il porcino.
In termini più rigorosi, si può dire che non è ancora completamente noto il metabolismo dei porcini. Per queste ragioni, non è ben chiara la differenza tra “intossicazioni” vere e proprie e “intolleranze alimentari”. Sappiamo però che i porcini crudi provocano con maggior frequenza intolleranze, ma qui lo studio e la casistica sono complessi, soprattutto per la forte differenza delle risposte individuali.
Un’altra questione ancora aperta riguarda la membrana cellulare dei funghi costituita da chitina (la stessa molecola che costituisce l’esoscheletro dei granchi). Questa sostanza è molto impegnativa da digerire soprattutto quando gli enzimi deputati alla demolizione non sono presenti in quantità adeguata, come succede per la Trealasi l'enzima deputato alla scomposizione del Trealosio, che alcune persone sembrano non avere o avere in quantità insufficiente.