Nelle sere d'inverno il muro del corridoio su cui si affacciava la mia camera rifletteva i bagliori che la stufa a legna situata in cucina mandava dalle prese d'aria.
La cucina era l'unico luogo veramente caldo della casa, non esistevano caldaie e termosifoni, e nemmeno stufette elettriche per riscaldare le stanze da letto, per questo si usava la "monega", un oggetto in legno a forma di doppio arco che serviva a tenere sollevate le coperte, e al centro del quale si metteva la "foghera", padella dal manico lungo in cui venivano poste le braci ricoperte di cenere in modo che non facessero fumo e non si spegnessero troppo presto.
Ricordo ancora la piacevole sensazione di potersi mettere a letto tra le coperte rese calde dalla "foghera", quando fuori imperversava la pioggia o la neve: ciò mi donava un forte senso di protezione e, anche se la camera era completamente fredda ed il respiro trasformandosi in nuvoletta si ghiacciava sui vetri della finestra, il sonno arrivava subito e mi rapiva nei sogni delle fiabe che il nonno mi raccontava dopo la cena.
Ma era il lumino ad olio che mia madre accendeva dopo avermi accompagnato a letto e avermi rimboccato le coperte che mi affascinava ancora di più; la sua piccola fiamma guizzava viva o anche stava immobile davanti all'immagine della madonna.
I vetri della finestra, sul lato destro del letto, ricoperti di brina brillavano come un cielo ricoperto di una miriade di stelle. Fuori lungo la strada che portava in paese il silenzio che accompagnava la neve che scendeva copiosa e leggera mi rendevano ancora più evidenti i rumori che provenivano dalla cucina: le voci lontane della mamma e del papà che discutevano con il nonno e altre volte suoni di piatti, acqua, sedie, legna.....
La neve era la gioia per me e i miei cugini, ma anche la disperazione dei nostri genitori: essa rappresentava certo l'inizio di un periodo di riposo dopo il lungo lavoro dei campi ma era anche fonte di preoccupazioni in quanto impediva i movimenti ed addirittura isolava per parecchi giorni i casolari sperduti.
Dalla finestra della cucina i miei genitori seguivano con una certa apprensione il crescere del manto nevoso, ogni ora che passava voleva dire più neve da spalare per poter uscire di casa e fare la "rotta", il sentiero cioè che permetteva di andare da una casa all'altra, o dalla nostra casa alla strada principale che scendeva in paese.
Durante le bufere più violente non era possibile scavare il sentiero, così eravamo costretti a rimanere tutti in casa, felici per non dover andare a scuola almeno per una giorno, ma un poco a malincuore perché non si poteva nemmeno uscire a giocare.
Così raccolti tutti quanti davanti alla stufa "economica", compresi i miei cugini che mi abitavano a fianco, si stava i pomeriggi e le sere d'inverno ad ascoltare letture di storie e racconti della guerra.
3 commenti:
Un breve "naufragio" nel passato, spesso il più dolce, quello della fanciullezza. In cui ogni cosa sembra frutto d'una magia, del tocco sapiente d'una fata. I dettagli che affiorano dalla memoria sono veri e propri capolavori della pittura fiamminga dei secoli scorsi...
E su tutto la neve...la grande "condizionatrice", cui l'uomo doveva per certi versi sottomettersi. Come è quasi religioso, erano i bimbi con le loro anime aperte ad accettarla più facilmente. Ma anche i genitori ne avvertivano il forte segnale divino che ne derivava.
Fuori...un bianco che illumina il mondo...tu a letto con gli occhi aperti rivolti ai vetri ghiacciati...
Diverse creature si muoveranno nella notte. Danzeranno attorno a casa, e però sai che non le potrai sentire...
Il giorno porterà luce, sole, azzurro e...orme nella neve...
Un abbraccio
giorgio
Sai sempre interpretare al meglio le mie scarne idee e le mie emozioni.
Mi piacerebbe molto un giorno poter scrivere un post a quattro mani con te Giorgio.
Chissà se sarà mai possibile.
un abbraccio forte anche a Maria
"ricordi e attimi vissuti" che riportano a tempi passati....
ma lasciano indelebili dei "caldi" momenti interiori che ci accompagnano per sempre .....
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