Mentre il mondo cambia e nuovi sapori arrivano alle nostre bocche, i profumi della cucina di un tempo, anche in povertà, ci restituisce l’orgoglio del proprio passato e ci permette un confronto.
Così mentre al ristorante ordiniamo un "Cappuccino di fagioli di Lamon, spuma di Parmigiano e pepe nero", a casa riscopriamo la minestra, piatto base dell’alimentazione contadina, con tutte le sue favolose varianti.
Pasta e fagioli, passato di verdure, crema di patate ( quelle che Virgilio Scapin chiamava le “patate abbronzate”, quelle che si cuocevano nel minestrone assieme ai fagioli e che prendevano quel colore marrone che le rendevano una prelibatezza) tornano a profumare ancora le nostre cucine permettendoci di usare le verdure secondo stagione e coniugandole con le erbe aromatiche.
Questa cucina non è stata inventata da Vissani o da Ferran Adrià ma è una tradizione contadina, frutto della sapienza delle nonne e delle nostre mamme. La minestra è da definire orgoglio della tavola, fumante, segno di un modesto benessere,emblema e decoro della famiglia. Lo stesso piatto che si offriva a testimonianza di amicizia e solidarietà, quando ancora si diceva ad un amico o ad un parente: “Per te un piatto di minestra in questa casa ci sarà sempre”.
E' stato per decenni il piatto base dell’alimentazione dei nostri genitori quando le condizioni economiche rendevano assolutamente indispensabile la preparazione di un piatto caldo per quasi tutta la parte dell’anno. Ed era, la minestra, quasi sempre un piatto unico che veniva prodotta e servita in quantità maggiori di adesso, anche due piatti, dovendo da sola sfamare e corroborare uomini e donne nel duro lavoro dei campi.
Certo quasi sempre le ricette erano diverse da famiglia a famiglia, risultato di una personalissima interpretazione da parte delle donne di casa, ed era raro trovare eguaglianza fra di loro perché cambiavano le
componenti fondamentali dei piatti: le quantità, i tempi di cottura, la qualità delle materie utilizzate, la “sorveglianza” al piatto, l’esperienza e, non da ultima, la fame di chi mangiava.
Questo comunque era il cuore della cucina casalinga di quel tempo, quella che Enzo Biagi chiamava la cucina dell’amore. Quella della mamma che con pazienza e passione stava davanti al fornello e che, pian piano, diffondeva per la casa un profumo antico che nessun cuoco di questa attuale “tecnocucina” saprà mai eguagliare!
Crema di castagne e funghi d'autunno
Nessun commento:
Posta un commento