Il romanzo La Valle dell'Orco di U. Matino è un interessante affresco di un Nord Est, più precisamente di un Veneto, che non esiste più. Sepolto dalla miriade di capannoni delle zone artigianali che ogni comune ha voluto e cercato in tutti i modi di inserire nei propri piani territoriali, da centinaia di nuove zone residenziali che hanno cementificato tutto il territorio pedemontano.
Un Veneto che ha scordato la propria storia e le proprie radici per inseguire la chimera di uno sviluppo e di un benessere che non ha portato felicità, ma solo una ricchezza effimera che ora, con la crisi attuale, non c'è più.
L'opera prima dello scrittore scledense si dispiega tra l'avvincente trama di un giallo che coinvolge il lettore nelle indagini per la scoperta del colpevole di una serie di delitti, e la trama di un romanzo storico in cui si svelano antiche pieghe delle valli dell'alto vicentino, nomi delle contrade e delle località , origini e vicende inaspettate.
Sì perchè il racconto è ambientato quasi esclusivamente nei dintorni di Schio, nella Val Leogra . Chi abbia un po' di familiarità con quei luoghi può riconoscervi il nome dei monti , dei paesi, il carattere duro e nello stesso tempo ospitale di quella gente e perfino le “osterie”, i bar , i locali.
Infatti Contrà Brunelli nella realtà della Val Leogra altro non è che Contrà Manfron.
Proprio da Contrà Manfron di sopra si possono intravvedere quei riferimenti geografici presenti nel romanzo; di fronte il Carega, il Cornetto, il Baffelan, il Pasubio e il Novegno, alle spalle il Cengio (nella foto alle spalle del caseggiato) che tiene quel piccolo gruppo di case sempre in ombra per gran parte dell'inverno.
E poi come non riconoscere, anche grazie al nome, la famosa chiesa di San Carlo nel prospicente colle a sud di Valli del Pasubio, dove, nella stanzetta annessa alla chiesetta, abitava don Barba.
" San Carlo è un minuscolo edificio bianco con un alto campanile, che sorge isolato sulla cima di un colle posto proprio nel bel mezzo della valle. Da qualunque contrada, da ogni prato, da tutti i sentieri che portano alle vette, la silhouette della chiesetta di San Carlo si staglia sul verde dei boschi e sull'azzurro del cielo."
Un posto magnifico dove puoi respiare realmente, anche in una giornata calda ed afosa come oggi, quella brezza di montagna che senti emanare dalle pagine del romanzo. Da quì, nel più assoluto silenzio, si può udire il rumore del bosco e, scorgere in fondo alla valle "... contrà Brunelli, proprio sotto di noi, quasi a poterla toccare con una mano, distinguendo nettamente il salizo, con i tetti delle case intorno, i fondi suddivisi in orti,....e perfino il fumo che esce pigramente dal camino della Romilda".
Così ti ritrovi ad immaginare, come in un film, tutti gli incontri che don Barba ha avuto con Bortolo e Aldo per cercare di capire e chiarire tutte quelle morti misteriose, fino all'ultimo colloquio con Carlo nell'inverno della famosa nevicata del 1985.
Un luogo che ha meritato tutta la fatica per riuscire a trovarlo e per arrivarci, e che rende bene l'atmosfera che il libro ti fa respirare di questo incantevole posto. E che poi ti lascia dolce il ricordo di quel silenzio che vi regna interrotto solo dal suono delle campane della chiesa.
Un luogo che ci ha riservato anche un ritrovamento inaspettato. Proprio come il libro di Matino.
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