domenica 29 dicembre 2013

Dipendenza dalla neve ? No, grazie

E' il titolo di un bell'articolo a firma di Simone Papuzzi (Presidente Regionale CAI-TAM Veneto) apparso sull'ultimo numero della rivista ufficiale del CAI nazionale - Montagne 360-:
" Dopo una lunga fase di emigrazione verso le zone di pianura più industrializzate che ha visto il progressivo spopolamento delle montagne, si è assistito ad una sensibile inversione di tendenza grazie al miglioramento dello stile di vita locale dovuto principalmente al boom turistico, legato inizialmente alla pratica dello sci alpino. In talune zone si è così assistito ad un impressionante sviluppo degli impianti a fune che ha fatto dimenticare per alcune decine di anni i disagi, le povertà e la crisi occupazionale tipica delle Terre Alte.
Purtroppo, pur essendo passati tanti anni, il turismo di montagna per molti operatori ed amministratori risulta ancora incentrato sulla monocultura dello sci alpino."

Questo pensiero ottuso continua a perseverare anche se in tempi recenti  la situazione è notevolmente cambiata e il settore appare in stagnazione se non, in alcune zone, decisamente in crisi.
I cambiamenti climatici, poi, stanno influenzando negativamente le scelte di coloro che vorrebbero continuare a costruire ed ampliare gli impianti a fune, alimentando così la conseguente speculazione edilizia iniziata ancora negli anni del boom turistico invernale della montagna.
Infatti i modelli climatici regionali predicono, per le Alpi, un aumento della temperatura media che porterà ad avere inverni meno rigidi e con precipitazioni più piovose che nevose, come è successo in molte zone del Veneto e del Trentino nei giorni scorsi.

"Sempre secondo gli studi condotti da molti ricercatori e dalla Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA) risulta che le stazioni sciistiche con partenza sotto ai 1500 metri di altitudine non avranno più la garanzia di un innevamento naturale già dai prossimi anni, se non da questo.
La strategia a questo problema, per il futuro, non potrà comunque essere l'innevamento artificiale. Il consumo d'acqua per l'innevamento artificiale è così immenso da creare seri problemi alle attività collaterali come l'agricoltura, e non è per nulla certo che la quantità d'acqua disponibile sia sufficiente a coprire il fabbisogno, anche perché in futuro potrebbe esserci troppa acqua in autunno-inverno e troppo poca d'estate. Tali cambiamenti avranno quindi gravi ripercussioni sull'economia dell'acqua e necessariamente sull'agricoltura e selvicoltura."

Questo significa, secondo questi studi, che gli impianti sciistici potranno essere economicamente vantaggiosi soltanto se situati oltre i 1700 -1800 metri di quota.
Inoltre lo sviluppo sciisctico, come abbiamo già detto, ha portato negli anni del boom ad una speculazione edilizia non più sostenibile tanto che già ora c'è abbondanza di case e stanze in moltissime località alpine. E molte strutture restano invendute, chiuse e sfitte per la maggior parte dell'anno, dando a queste località la sembianza di luoghi abbandonati come il set di un film western.

Bastava recarsi nell'Altopiano di Asiago solamente un mese fa per rendersi conto di questa situazione.
Era veramente desolante mentre attraversavo i paesi sentire un silenzio spettrale e vedere l'abbandono che regnava nei centri di Gallio e Asiago con la quasi totalità dei negozi, bar ed esercizi commerciali chiusi.
E, in luogo delle luminarie risaltavano agli occhi i cartelli colorati di "vendesi" e "affittasi".

Il problema è che molti operatori turistici ed amministratori dell'Altopiano sono ancora ottusamente convinti dell'utilità e della necessità per la loro montagna di perseguire un turismo invernale unilateralmente orientato allo sci e quindi dipendente in maniera univoca dalla neve.
Prova ne siano i recenti progetti per rilanciare lo sci messi in bando dalle Amministrazioni comunali di Asiago e Gallio per poter utilizzare i fondi ODI (Fondo per lo sviluppo dei Comuni di Confine). 

Tutto questo mentre il comprensorio sciistico delle Melette, gestito da sempre dalla famiglia Marchesi, è in vendita per problemi finanziari. Sono infatti lontani i tempi in cui questa famosa stazione sciistica negli anni del boom poteva contare quasi mezzo milione di passaggi annui. Oggi con le nevicate irregolari degli ultimi anni (come avevano previsto gli studi del CIPRA) ha avuto punte massime di 2 mila sciatori concentrati nel periodo natalizio.

Tutto questo mentre il paese di Foza recentemente è stato protagonista per una settimana  di una troupe televisiva nipponica, guidata dalla regista Yuki Koikeda, per realizzare un documentario di 30 minuti che andrà in onda sulla rete televisiva BS Nippon Television.
Foza è stata scelta perché ritenuta, assieme ad altri 38 piccoli paesi della penisola italica, uno dei borghi più belli, tant'è che la serie di documentari si intitola “Chiisana Mura No Monogatori”, ovvero “Racconto dei Borghi Meravigliosi”.

L'idea, come ha spiegato la stessa regista in una intervista al Giornale di Vicenza, è di «far scoprire ai giapponesi l'Italia minore, fatta di paesi e popoli, dove alle bellezze naturalistiche e panorami mozzafiato si abbina il lento incidere del tempo, mantenendo il sapore dell'autenticità». 

Forse, sarebbe opportuno che gli amministratori di Gallio ed Asiago, prima di progettare ampliamenti e ammodernamenti degli impianti sciistici, chiedessero proprio ai giapponesi in visita a Foza quali sono le peculiarità e le prospettive per un turismo sostenibile e di richiamo per tutte le stagioni (e non solo quella sciistica) dell'Altopiano di Asiago.





4 commenti:

Anonimo ha detto...

Le bellezze naturali, i panorami mozzafiato e i piccoli borghi ne avrebbero tanto da guadagnare senza quelle brutture degli impianti che spesso invadono e deturpano questi luoghi.

Ciao Mario!

Maria

Andrea ha detto...

Se il vecchio Tönle Bintarn, che altro non è che l'anima di Mario, potesse, batterebbe per terra il suo bastone da pastore antico e urlerebbe " alle inzoart" tutto finito, come quando guardava il campanile bruciare colpito dalle granate. Questo griderebbe a vedere lo sfacelo dell'altipiano. Ma come ben sai non bisogna disperare della primavera.
Un saluto Andrea

mario ha detto...

@Maria:
come darti torto Maria. Spesso sono proprio delle brutture invadenti e inutili.

mario ha detto...

@Andrea:
Si sedette sotto un ulivo, ricarico l'orologio senza sapere che le ore trascorse di quel giorno erano quelle di Natale; accese la pipa, si appoggiò al tronco dicendo a voce alta: - Sembra una sera di primavera,-

Tonle era, da sempre, un uomo di speranza, forse quello che ogni tanto manca a me.