Devo dire subito che le aspettative, che mi era fatto, non sono andate deluse, ma anzi ritengo questo film un piccolo capolavoro.
Regista esordiente, Giorgio Diritti, e la storia che lui racconta nel film è ricca di poesia, e di riflessioni.
Ambientata nelle viscere aspre delle montagne della Val Maira, e nel susseguirsi delle stagioni.
Il film, infatti, si apre in inverno, stagione che si accompagna alla calda accoglienza che il pastore (protagonista del film)riceve all’arrivo in paese, e termina in piena estate quando il fuoco delle pulsioni negative della popolazione valligiana cresce sorda fino a prorompere in un’aperta intolleranza che determina il suo allontanamento.
Il risultato è un’opera per nulla accomodante, dura, che mette il dito nella piaga dell’intolleranza, nella difficoltà di relazionarsi con l’altro. E non sono certo le logiche della ragione a vincere, ma quelle della chiusura, della diffidenza e della negazione dell’altro. Tuttavia grazie ad un montaggio ellittico del film, il suo parlare per simboli e per immagini mute, a noi spettatori rimane all’uscita del cinema l'impressione che qualcosa possa iniziare a cambiare forse anche solo nella volontà di riaccendere quel focolare abbandonato. E così si esce un po' tristi ma un po' più consapevoli e liberi.
Il film ha un bellissimo sito internet, cercatelo, e guardate quando verrà proiettato nelle vostre città. Prendete una persona a cui volete bene e andate a vederlo. La vostra anima vi ringrazierà.
* Il Vento fa il suo giro si riferisce al detto popolare che vuole il vento una metafora di tutte le cose, un movimento circolare in cui tutto torna.
Risotto di zucca e porcini su cestino croccante di Vezzena
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