“Nei grandi camini veneti, con la polenta nel paiolo appeso alla cigolante catena, si cucinava e ancora in molte parti si cucina la cacciagione. Allo spiedo girano starne, fagiani e uccelli su cui vengono fatte cadere infuocate gocce di precotto”.
Così scriveva Giuseppe Mazzotti nel lontano 1963. Tradizione antica quella dello spiedo, che attraversa i secoli, che cambia nelle carni poste a rosolare al fuoco lento, ma che spande ancora profumi e sapori condivisi in un rito che rimane segno distintivo di una civiltà del “mangiare bene” legata ad una parte importante del nostro territorio.
Lo spiedo è universale e già nel VII secolo gli Arabi avevano predisposto un ricettario, che ne conteneva l’indicazione, anche se è solo nel XIII secolo che apparve in Italia nel primo ricettario (stampato a Venezia).
E nel 1490 Leonardo progettò lo spiedo automatico, mosso dal calore grazie ad un’elica.
La nebbia agli irti colli
piovviginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare,
ma per le vie del borgo
tra il ribollir dei tini
va' l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.
Gira su ceppi accesi lo spiedo
scoppiettando,
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri
com'esuli pensieri
nel vespero migrar.
piovviginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare,
ma per le vie del borgo
tra il ribollir dei tini
va' l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.
Gira su ceppi accesi lo spiedo
scoppiettando,
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri
com'esuli pensieri
nel vespero migrar.
G. Carducci
2 commenti:
Sarebbe bello, Mario, tornare ad assaggiare i torresani allo spiedo...o altra prelibatezza...
Spero che succederà...
Ti abbraccio
giorgio
...ci sto già da tempo pensando e forse la possibilità di ripetere la giornata di quest'anno non è più solo un pensiero.
ricambio l'abbraccio
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