domenica 1 novembre 2009

Novembre: ... come le foglie d' autunno i ricordi

Avevo solo dieci anni quando ci siamo trasferiti nella nuova casa ai piedi delle colline ad est del paese, ma due cose le avevo già comprese nel mio cuore: che mio padre adorava la caccia e che io adoravo mio padre.
Ci vedevamo troppo poco, per i miei gusti. Avrei dato qualunque cosa per stare più tempo con lui.
Non ci ho messo molto tempo a capire che la soluzione a questo problema passava attraverso le sue uscite di caccia.


Sono passati oramai tanti anni eppure ripensando alla mia infanzia e più precisamente a quel determinato periodo della mia vita niente mi è più nitido, seppure ora velato di malinconia, di quei momenti in cui la caccia è rimasta viva nella mia mente ed ancor più nel mio cuore.
Una caccia fatta di sensazioni straordinarie che ancora oggi a distanza di tanto tempo mi danno la consapevolezza di aver vissuto con mio padre momenti indimenticabili.

Questo era il tempo in cui quasi tutte le sere dopo cena in un silenzio quasi religioso si preparavano le cartucce per i giorni a seguire. Ricordo i bossoli in cartone che a furia di sparare e calibrare diventavano sempre più corti, i pallini ed infine il cartoncino con il numero che identificava la dimensione dei pallini, e che era mio compito inserire prima che la cartuccia venisse ribattuta per l'orlatura finale con la macchinetta.
Inutile nascondere che nella mia mente di bambino erano tutti gesti che assumevano per me un significato iniziatico e che riempivano il mio cuore di un'infinita gioia.
E non c’era fine settimana ( scuola permettendo) in cui non seguivo mio padre a caccia.


Si partiva prima dell’alba per raggiungere a piedi i posti migliori per aspettare tordi,allodole o qualche beccaccia alla posta (allora era consentito); un’emozione straordinaria con un adrenalina che cresceva insieme alla speranza che l’arcera spuntasse da levante e con la sua inimitabile sagoma raggiungesse la nostra postazione lassù in Val Masiera *.

Poi sono arrivati i primi segni della malattia e con essa qualche imprevisto e piccolo incidente. E allora mia madre lo convinse a farlo per tante ragioni, anche valide, anche necessarie; la famiglia, gli anni che passavano, la paura di eventi imprevedibili, il timore di conseguenze negative per la salute...
Fatto sta che alla fine, a malincuore, aveva deciso di appendere al chiodo il fucile.

E così si era trasformato in un cercatore di funghi, perché l’ansia della ricerca non si era affatto sopita in lui. Il profumo dei boschi ancor umidi di rugiada o intrisi di pioggia autunnale lo richiamavano, ne aveva bisogno, gli colmavano il vuoto che si sentiva dentro quando giungeva la stagione, quella vera, quella di un tempo.

E allora andava a funghi, col suo cestino sottobraccio, il suo bastone, la sua vecchia cacciatora, usata ed ancora odorosa di selvaggina e cartucce sparate benché lavata e rilavata.
Forse sentiva quell’odore penetrante di un tempo quando il colpo partiva dalla prima canna, o forse solo perché era ancora nella sua immaginazione.
Forse!



* così chiamata perché gran parte delle pendici della valle era coltivata a terrazze con muri costruiti a secco. Masiera infatti deriva dal latino "maceries" che significa "mucchi di pietra", muri a secco, come appunto sono molti dei manufatti che si trovano sulle nostre montagne.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Mario tu scrivi
"io adoravo mio padre" ed e' un'immagine forte, coraggiosa.

Da quanto scrivi traspare molto bene tutto il tuo amore e la tua ammirazione per lui, eroe della tua infanzia e forse... ancora eroe dentro di te, da custodire come un grande tesoro.

Ciao, un abbraccio forte

Maria

Silenzi d'Alpe ha detto...

Ciao Mario, molto bella e toccante la descrizione dei tuoi ricordi. Non sembrano però cadere "come le foglie d'autunno" ma appaiono ben piantati nella tua memoria.

ciao e a presto sui ns Blog

mario ha detto...

Maria: è vero, quello con mio padre, è stato un rapporto forte anche se il tempo trascorso assieme non è stato molto, ma forse anche per colpa mia.


Andrea: questi sono ricordi effettivamente molto radicati nella mia memoria che mi accompagnano spesso nelle mie uscite.