Dalle ombre verdi e umide dei boschi, come dalle acque ora calme ora tumultuose dei torrenti di montagna prendono vita esseri favolosi che da secoli popolano i sogni e le notti degli uomini.
Miti e leggende li descrivono fin nei minimi dettagli; esseri bizzarri e fantastici, benevoli e malevoli a seconda dei sentimenti che le persone nutrono nei loro confronti.
Abitano nel sottobosco delle zone umide delle valli, sotto gli ombrelli picchiettati di bianco dei funghi, negli anfratti delle grotte muscose, nei corsi d'acqua limpidi e cristallini.
Da sempre infatti ì boschi respirano e sussurrano antichi segreti tanto che mi è ancora vivo il ricordo del nonno quando, da bambino, accompagnandomi a cercare funghi o castagne mi diceva di stare attento e di non lasciarmi affascinare dalle voci che sentivo nel bosco, perché sarei potuto entrare in regni dove il tempo non scorre e non sarei più stato in grado di tornare indietro...
Le anguane, come i Salbanelli ed altre creature del bosco, non sono altro che ciò che rimane dei racconti popolari, di quelle antiche divinità femminili legate all’acqua e alla natura, che le popolazioni germaniche, i cimbri e le popolazioni latine che abitavano il nord est si sono tramandati oralmente fin dall'antichità.
Queste figure femminili esclusivamente legate all'acqua (dalle sorgenti ai fiumi, dalle grotte umide ai torrenti e laghi di montagna) e dotate di alcuni tratti umani ed altri a volte soprannaturali, sono infatti ancora molto diffuse nei racconti del nostro territorio, e sono probabilmente imparentate con le ninfe greche e latine.
«Storicamente, dopo il Concilio di Trento la chiesa prese una posizione netta e ufficiale contro le antiche credenze del popolo e le bollò di eresia e stregoneria. Nacque una strenua lotta a tutto ciò che non rientrava nei canoni ufficiali e che veniva ritenuto pericoloso e fuorviante. Questo atteggiamento però finì per sminuire tutta la vecchia cultura popolare che si era tramandata per secoli, fino a cancellarla ufficialmente. E così il mondo delle anguàne, dei salbanelli e delle streghe fu relegato in clandestinità e sopravvisse solo nei racconti degli anziani» ha dichiarato Matino in una recente intervista .
Di fatto si tratta di un personaggio tipico della mitologia alpina. L'anguana personifica il magico, ma anche la paura, è una creatura legata all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa del mondo romano.
Ed è su questa figura, o meglio sul suo impatto nella fantasia della collettività, che si incentra la seconda prova narrativa di Umberto Matino edita dalla Foschi Editore e intitolata L’Ultima Anguàna.
Detto questo, L’ultima Anguàna è un’opera diversa dal primo libro. Sarebbe sbagliato a mio avviso attendersi uno sviluppo del primo, o peggio come si dice oggi, un sequel.
Certo , lo scenario è il medesimo, vale a dire le valli delle montagne vicentine tra Schio e la Val Posina, l'ambiente è ancora quello rurale delle piovose e grigie contrade montane che ancora una volta torna ad essere lo scenario di terribili omicidi..
Tuttavia ci sono parecchi aspetti che differenziano la prima dalla seconda opera. Innanzitutto il tono della narrazione; Matino sa infatti passare in questo romanzo da un registro leggero, quasi fiabesco, alla tragedia incombente che precipita all'improvviso . Sono cambiamenti repentini e non annunciati che colgono di sorpresa il lettore, e che differenziano "L’ultima Anguàna" da "La valle dell’Orco", dove invece la tensione era costante e latente pressoché in ogni pagina del racconto.
Quello era un noir, questo è un giallo, precisamente un giallo poliziesco dove il protagonista non è la vittima o l’assassino stesso, ma è colui che indaga, in questo caso un carabiniere. Insomma la formula storica del giallo. Ma è originale perché è una storia immersa nel contesto che ora possiamo definire tipico di Matino, con la cultura e l’identità locali, le parole dei cimbri, il punto di vista pedemontano vicentino. Insomma c’è il meglio del primo libro, ma con una narrazione più leggera senza oscurità claustrofobie e soprattutto con uno sviluppo del procedimento narrativo più ricco, disteso, coinvolgente.
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