Un grande tavolo al centro della stanza, un camino con il fuoco acceso, una finestra che dava sulle colline dietro casa, il silenzio. La Neve che scende lenta lenta e si posa su
alberi, strade prati e tetti.
Questa distesa di soffice cotone che ci induceva a
rintanarci in casa e a fermare per un attimo tutte le attività. A bloccare tutto quello
che si stava facendo per assaporare completamente la sua meraviglia, e contemplare la sua magia.
Questo amore per la fata bianca, che porto dentro di me, soprattutto in quei
ricordi nitidi e ancora vivi di bambino che ero e che forse ancora un
po' ritorno quando la neve scende .
I più bei ricordi che ho infatti, sono proprio quelli
dove nel sonno leggero del mattino avevo una strana sensazione, come se
fosse meno freddo del solito, e sentivo un silenzio surreale dentro casa, ma soprattutto fuori dove non avvertivo più quei rumori consueti relativi al passaggio delle persone che andavano al lavoro.
Aprivo gli
occhi e dai balconi penetrava una luce diversa dal solito. Mi alzavo
andavo alla finestra e vedevo il paesaggio tramutato, come se la casa
fosse stata portata in un luogo diverso, quasi fiabesco.
La Neve,... la Neve!
Urlavo dentro di me consapevole che quella sarebbe stata una giornata speciale.
Si faceva colazione, si mettevano le bricioline di pane, raccolte dalla tavola, sul davanzale della finestra per gli uccellini e poi, con i miei cugini che abitavano nella casa a fianco (ma con cui avevamo in comune la stessa entrata), si correva fuori con gli slittini per delle discese pazze giù per la collina. Percorrevamo talmente tante volte quel
percorso che si formava la pista con salti e curve nel giro di
poco tempo.
Era la cosa che ci divertiva di più. Scendere dalla collina in coppia sulla piccola slitta cercando di prendere più velocità possibile. Ma la neve di marzo, come scrive M. Rigoni Stern* è una neve volubile assolutamente non indicata per escursioni o discese . Ed è su questa neve che in una di quelle discese mi fratturai il perone della gamba sinistra
Non parliamo poi della
guerra con le palle di neve, memorabile!
Il nonno ci preparava un bicchiere ciascuno di neve vino caldo e
zucchero, che bontà! e per finire nel pomeriggio stanchi morti e fradici, con l'odore dei vestiti di lana grossa inzuppi di neve, i capelli bagnati e
le punte delle dita delle mani e dei piedi quasi gelate, si rientrava a casa, ci si metteva
davanti al fuoco con una tazza di cioccolata calda e si sperava
che durante la notte nevicasse ancora.
*Swalbalasneea: "la neve della rondine, la neve di marzo che è sempre
puntuale nei secoli, soffice o bagnata, larga o simile a tormenta,
volubile come il clima di marzo, neve che è l’ultima resistenza
dell’inverno".
1 commento:
Ciao Mario,belli e preziosi i tuoi ricordi,mi commuovono sempre.
Anche io sono riuscita a mangiare qualche tazza di neve,almeno fino al disastro di Chernobyl...uscivo in giardino proprio con la tazza a prenderla e la farcivo con quello che c'era in casa,di solito un po' di limone spremuto!buonissima!
E l'odore della lana inzuppata me la ricordo bene!Io e la mia amica viaggiavamo con i sacchi neri della pattumiera,avevamo scelto una discesa perfetta nel bosco sotto casa,era un luogo magico,solo per noi!
Ciao!!
Posta un commento