giovedì 29 agosto 2013

Le malghe del Lagorai: una storia d'altri tempi

Un tempo in quel piccolo mondo isolato che era la malga, la vita scorreva con serena semplicità e ordine. Ogni "malghese" aveva incarichi ben definiti che svolgeva con orgoglio e zelo. Fra tutti, la persona più autorevole era il "casèro", esperto nel lavorare bene il latte per ricavarne i suoi prodotti: "butìro" (burro), "formai" (formaggio), "puìna" (ricotta), e altri.

Francesco F. era uno di questi. Aveva sempre sognato nella sua vita di poter gestire una malga finchè il sogno non si avverò alla fine degli anni ’90; nell’età in cui normalmente si pensa alla pensione Francesco, insieme alla moglie Angelina e ai suoi animali, parte per malga Valpiana e lì ritrova la forza e l'energia per una nuova vita.

Come due pionieri d’altri tempi, sradicano ortiche e farfaracci, accumulano sassi, sistemano scandole, curano i pascoli, ripristinano la sorgente, fanno ripartire la lavorazione del latte crudo, così che dopo un paio d’anni l’anziano barone Augusto Buffa proprietario di molte malghe in Val Campelle dirà: “ Ho trovato la persona giusta per la mia malga. E’ Francesco Franzoi. Ora posso pensare seriamente alla sua ricostruzione.”

Altro compito molto importante era quello di pulire a dovere il "barco" a cui tutti collaboravano utilizzando, se c’era, un piccolo corso d’acqua che veniva fatto passare attraverso di esso. Il "barco", sempre munito di porta alle due estremità, era lievemente in pendenza.

In questo modo l’acqua che entrava dalla parte più alta serviva a far evacuare la "grassa" (stallatico che le bestie espellevano di notte)e a convogliarla, tramite un vero e proprio sistema idrico (piccoli ruscelli), nei pascoli per l’ingrasso del terreno, affinché si potesse avere, l’anno successivo, erba migliore.

All’alba, quando il cielo rischiarava, il "casèro" svegliava i suoi uomini e tutti insieme si recavano nel "barco" ed iniziavano la mungitura. Era questo un momento di solenne silenzio: i "campanèi" tacevano, le mucche erano docili e tranquille; sembrava ascoltassero anch’esse la dolce musica del latte che scendendo riempiva i secchi.

Il latte era raccolto via via in recipienti più grandi e distribuito nelle "mastèle" (recipienti circolari a doghe di legno), dove riposava per dieci-dodici ore, affinché affiorasse in superficie la panna per fare il burro.
Il "casèro" iniziava quindi la lavorazione del latte "telandolo" (scremandolo) parzialmente.
Quindi portava il latte nel grande paiolo in rame posto sopra il focolare e immergendovi il braccio, "sentiva" se la temperatura era quella necessaria per la cagliatura (32-37 °C).

Il lavoro proseguiva fino alla formazione delle forme di formaggio che venivano poste ad asciugare prima della salatura e successivamente messe nelle assi di legno del locale per la maturazione e stagionatura dello stesso.
Chissà se anche questa tra pochi anni sarà solo una storia da raccontare per conservare la memoria d'altri tempi o se potrà ancora essere vita che incontriamo nelle nostre quotidiane o domenicali escursioni nel Lagorai.

* Le malghe nelle  foto sono malga Valpiana e Montalon

domenica 25 agosto 2013

Asiago: Dalla Caldiera all'Ortigara sulle tracce del Battaglione Bassano

La visita alle zone di guerra della Caldiera ed Ortigara riesce ancora oggi a commuovermi e ad impressionarmi. I luoghi molto impervi, le distese di brulle pietraie, le balze rocciose completamente martoriate da trincee, grotte, esplosioni, mi ricordano il martirio di migliaia di soldati. La passione particolare a calpestare questi monti in inverno con le ciaspole unita alla curiosità storica mi porta oggi, inusualmente, sull’altopiano di Asiago, e precisamente a Gallio.

Da qui in auto seguiamo le indicazioni per il M.Ortigara transitando per Campomulo prima e per la spianata di Campomuletto poi. Da qui inizia un lungo, tortuoso e sconnesso sterrato, per finire con un breve tratto asfaltato che termina nel piazzale Lozze, 18 Km da Gallio (1771 m). Questa lunga carrozzabile sterrata che da Campomuletto porta a Piazzale Lozze è senza dubbio la parte più impegnativa della giornata, sia per l’auto che per i suoi occupanti.

Una volta arrivati al parcheggio di Piazzale Lozze, in quella che sembra presentarsi, a dispetto delle previsioni del tempo, come l'ennesima calda giornata di piena estate, prendiamo il sentiero 841 che si snoda lungo una bella mulattiera.
Giunti in prossimita di Cima della Campanella incontriamo i resti dei baraccamenti e delle prime gallerie scavate nella roccia.

Queste servivano come magazzini per i generi di conforto e i viveri e le razioni giornaliere delle migliaia di alpini trincerati in queste aride montagne. Alcune di queste sono state riscavate in tempi recenti dagli alpini e permettono quindi di capire meglio il loro sviluppo.
Il sole inizia a picchiare e il riverbero su quste pietre bianche e' abbagliante.

Il sentiero sale gradualmente con alcuni tornanti, tenendosi sul versante orientale della dorsale che sale alla cima. A quota 2098 m giungiamo all’osservatorio Torino interamente scavato nella roccia e realizzato su più livelli, munito di diverse finestrelle con vista impressionante sulla Valsugana e sulla brulla vetta dell’Ortigara.  E al di là si intravvedono le guglie e le vette del gruppo del Brenta, a sinistra delle quali spicca il ghiacciaio dell'Adamello.

Ritornati sul nostro sentiero, risaliamo verso sud fin alla selletta ai piedi di cima Caldiera. Qui un ripido sentierino ci conduce in breve alla cima. Dopo quasi un secolo questi monti portano ancora i segni di quel tragico conflitto. Questa era la posizione da cui le linee italiane compivano gli assalti verso l'Ortigara, che venne conquistato e perduto in piu' occasioni, subendo sempre grossissime perdite. Lo spettacolo è reso ancora più spettrale dal soffio del vento che gonfia il tricolore in un silenzio irreale.

Ritorniamo sui nostri passi ridiscendendo per il sentierino, a cui dobbiamo prestare attenzione a causa del terreno ghiaioso e ripido, attraversando dedali di trincee e camminamenti, fino a scendere nella depressione del Pozzo della Scala ( 2004 m). In questa conca riparata dal M.Campanaro ritroviamo ulteriori manufatti di ricovero e trincee.

Per uscire da questo sicuro rifugio ( per gli Alpini della 52ª divisione rappresentava l’ultimo riparo utile prima dell’assalto all’Ortigara) seguiamo il camminamento in trincea, transitando alle falde meridionali del M.Campanaro tra un'intricata foresta di pini mughi e digradando poi su un ripido e sconnesso sentiero nel vallone Dell’Agnellizza.

Da questo avvallamento il sentiero dirige verso nord fino al passo dell’Agnella,  e con un ultimo strappo finale risaliamo l’irto spallone settentrionale dello storico monte, agevolati da alcuni gradini scavati nella roccia e da funi di cortesia, risalendo una galleria a sviluppo elicoidale ( sede di un strategico nido di mitragliatrici austriache) raggiungiamo il cippo Austriaco e poi il vicino monumento italiano “Colonna Mozza” sull’Ortigara (2106 m ).

Per il ritorno seguiamo il sentiero dei “Eroi” n°840, con segnaletica verde-bianco-rossa, che scende dal pendio Sud-Est, passando tra i baraccamenti austriaci e la famosa linea fortificata “Mecenseffy" fin giù nel sottostante vallone, proseguendo arriviamo al Baito Ortigara e seguendo un sentiero tra massi e trincee arriviamo alla madonnina del Lozze e poi alla vicina chiesetta commemorativa dove c'è anche il rifugio Cecchin, gestito dagli alpini come punto di ristoro. Da qui in breve ridiscendiamo al piazzale Lozze.

martedì 13 agosto 2013

Ciclabile Brunico - Campo Tures

Bellissimo itinerario, praticamente pianeggiante, che ci conduce tra prati e ontaneti, tra l'argine del fiume aurino e il biotopo di Gais attraversando frazioni e paesi della val di Tures, lungo il corso del fiume Aurino fino ad arrivare a Campo Tures. Sono 17 km di pace e relax in una della valli considerata tra le più genuine ed autentiche dell'Alto Adige.

A Brunico si possono noleggiare le bici all'uscita della Stazione Ferroviaria. Una volta concluse le adempenze si prende l'ascensore che ci conduce al piano interrato della stazione e poi un tunnel ci permette di attraversare in sicurezza i binari ferroviari portandoci direttamente alla ciclabile. A questo punto seguiamo la sponda sinistra del fiume Rienza fino ad arrivare alla statale 621 che seguiamo, prima sul marciapiede, poi su corsia per bici e pedoni fino a San Giorgio.

Qui finalmente prendiamo la biforcazione a destra per strada di campagna asfaltata, aperta alle bici e ai proprietari dei fondi agricoli. Pedaliamo fino al parco ricreativo di Gais che si trova direttamente a lato della ciclable dove ci concediamo una pausa caffè. Passati accanti al laghetto naturale molto frequentato e noto col nome di “Baggalocke”, iniziamo a pedalare sulla ciclabile addentrandoci nella valle.

Il tracciato si snoda senza salite tra gli ontaneti del Torrente Aurino e a tratti direttamente a lato del corso d’acqua fino a Villa Ottone e da qui fino a Caminata di Tures. A questo punto la cosa migliore è quella di attraversare il ponte sull'Aurino per portarsi a Campo Tures lungo le strade di servizio, aperte alle bici, tra campi di mais e prati.

Se invece volete tenere la destra orografica dell'Aurino, uno stretto sentierino vi condurrà fino alla piscina naturale di Campo Tures. Interessante e meritevole di una giornata di  relax in un ambiente inusuale. Da lì si svolta a sinistra per il centro del paese. Una volta arrivati in centro decidiamo di utilizzare l'Almen card che ci permette di salire gratuitamente sul bus che ci conduce ad un posto di ristoro dove abbiamo prenotato: gastof Oberraut.

Quando abbiamo voglia di un'atmosfera fatta di panorami montani, di semplicità e attenzione al cliente, senza invadenza e cibi genuini e raffinati, non abbiamo dubbi: la nostra scelta cade ormai su questo maso! Dopo aver lasciato alla spalle i rumori di Campo Tures e soprattutto quelli del traffico di Brunico ci accomodiamo nella terrazza esterna dell'Oberraut. Luogo senza stagioni che offre una cucina di vera eccellenza!

La bellezza del posto è equivalente alla qualità del cibo presentata. Anche se forse leggermente sopravvalutata. Certo la presentazione è impeccabile e la gentilezza del personale squisita. Dopo l'omaggio del cuoco, un tirtlan di spinaci e ricotta squisito, abbiamo ordinato diversi primi piatti tra i quali degli ottimi fagottini di verdura su letto di insalata e pomodorini, un insalata di fiori ed erbe di campo con frutta, o ancora un raviolo aperto con ragout di cervo e finferli.

Una volta tornati a Campo Tures, abbiamo ripreso le nostre biciclette e siamo ripartiti per la strada del ritorno. Il dislivello, come nel tratto dell'andata, è praticamente nullo con qualche leggero saliscendi.
Ma la temperatura nel frattempo era decisamente salita, rispetto al mattino, così, arrivati in prossimità di un'ansa del fiume Aurino, dove alcuni ragazzi hanno realizzato un posto di ristoro, ci siamo fermati.

Il posto è veramente ameno; il fiume in quel tratto scorre lento tanto da permettere, nel corso degli anni, il depositarsi sul lato orografico destro di una notevole quantità di sabbia tanto da creare una piccola spiaggia dove sono stati posizionati dei tavoli, alcune panche ed anche dei lettini. Il tutto ci è sembrato così bello da invogliarci ad una sosta prolungata, con tanto di immersione dei piedi e delle gambe nell' acqua gelida per ristorare le nostre accaldate membra. Indimenticabile.

sabato 10 agosto 2013

Brixen: L'Alta via dei cirmoli

Questa è una facile ma nello stesso tempo magnifica escursione sulla Plose, la montagna di Bressanone, che ci può offrire la straordinaria emozione di uno dei più bei panorami dolomitici e delle Alpi. Una volta che abbiamo raggiunto in auto Bressanone seguiamo le indicazioni per "Plose" e percorriamo la strada che sale in direzione della frazione Sant’Andrea e della stazione a valle della cabinovia (1.065 m).

Volendo si può continuare a salire in auto per la strada che conduce al parcheggio di Valcroce (Kreuztal m 2.050), ma oggi, dal momento che possiamo usufruire delle agevolazioni della Almen card Plus offerta gratuitamente dall'Albergo in cui siamo ospiti, decidiamo di salire con il vecchio impianto a fune che ci trasporterà comodamente fino ai 2.040 m della stazione a monte Valcroce.

Generalmente l'escursione prevede dapprima la traversata lungo l'Alta via dei cirmoli fino alla Malga dei Buoi e poi, nel ritorno, la salita al Monte Telegrafo. Consapevoli che anche oggi sarà una giornata con temperature molto alte, decidiamo di seguire il percorso al contrario, affrontando la salita nelle prime ore del mattino quando la temperatura e il caldo sono ancora sopportabili.

Così, appena scesi dalla cabinovia, seguiamo il sentiero con segnavia n. 7 che in ripida salita per magri prati lungo il pendio sud-est del Giogo Bello ci porta al rifugio CAI "Città di Bressanone alla Plose" (2.448 m). Dislocato a poche centinaia di metri dalla sommità della montagna, costituisce un punto particolarmente panoramico che ci consente di spaziare con la vista dalle Dolomiti (Sciliar, Sassolungo e Sassopiatto, Odle e Sass da Putia) alle Alpi Venoste e Breonie, dalle Dolomiti di Brenta fino ai ghiacciai dell’Ortles e dell’Adamello.

A quota 2486 sul Monte Telegrafo si trova anche il „tavolo rotondo delle cime“. Si tratta di una piattaforma sviluppata apposta che rappresenta e indica più di 100 cime che si vedono dalla Plose. Da quì scendiamo, sempre con il segnavia cai n. 6,  lungo la dorsale nord del monte fino  alla Leonharder Kreuz  (2.365 m) e poi per ripido tratto, particolarmente esposto, fino alla forcella Plose.

Poco dopo la forcella il sentiero spiana leggermente e con un lungo traverso raggiunge da sopra la Malga dei Buoi (Ochsenalm 2.085 m). E' passato da poco mezzogiorno, ma facciamo già fatica a trovare una tavola con posti all'ombra di un ombrellone. Comunque alla fine, dopo qualche momento di discussione riusciamo ad accomodarci in un angolo della terrazza e ad ordinare.

I tempi lunghi della cucina, la ressa delle persone che non ci aspettavamo, il caldo e la stanchezza ci rendono leggermente nervosi.
E quando arrivano i piatti le cose non migliorano. Anzi, dopo i primi assaggi i commenti negativi si sprecano.
E per la prima volta, durante tutte le nostre escursioni in Alto Adige, siamo costretti a dare un giudizio complessivamente negativo.

Per il ritorno prendiamo la cosiddetta “Alta via dei cirmoli” che attraversa tutta la Plose da nord a sud fino a Valcroce, stazione a monte della cabinovia. All'inizio il sentiero è aperto con pascoli e terreno ricoperti da cespugli di rododendro o rosa alpina, mentre più avanti procediamo attraversando un bel bosco di abeti, larici e cirmoli alternati a mughi con continui saliscendi che mettono a dura prova la nostra resistenza.



" E l'ebbrezza di quelle ore passate lassù, isolata dal mondo, nella maestosità di quelle altezze, potrebbe essere sufficiente a giustificare qualsiasi follia"

G. Gervasutti


* una parte di questa escursione fa parte dell'Alta Via n. 2. Ad una mia cara amica che è riuscita a fare da sola questa straordinaria traversata è dedicato questo 3D

venerdì 9 agosto 2013

Malga Jausenstation Moar

Non è certamente semplice trovarlo, ma merita sicuramente una pausa se siete da quelle parti. Certamente in Val di Funes non è l'unico posto dove si mangia bene e non è neppure l'unico dove si può godere di un panorama eccezionale delle Odle. Solo che in questa jausenstation si respira aria d'altri tempi e soprattutto non c'è mai la ressa che si osserva in altre malghe dell'alta Val di Funes.

Per arrivarci, dopo essere usciti dall'autostrada del Brennero a Chiusa, bisogna prendere la strada per la Val di Funes, superare la deviazione per Tiso e preseguire fino a San Pietro.
La Val di Funes si snoda per 24 km, dalle maestose vette del Gruppo delle Odle fino ai vigneti della Valle Isarco a nord di Chiusa. Funes è una “Perla delle Alpi”, un network di località in grado di offrire il piacere di una vacanza sostenibile.

Simbolo di questa vallata dolomitica non sono solo il Gruppo delle Odle e la chiesetta di Santa Maddalena, ma lo è anche Reinhold Messner, nato proprio in questa favolosa valle. Ricorderete le immagini del film "“Nanga Parbat. La montagna del destino” di Reinhold Messner, dove il regista racconta alcuni episodi della sua infanzia vissuti, assieme al fratello Guenther, in Val di Funes, in cui spesso appare la chiesa di Santa Maddalena (foto a lato)

Lungo la stretta strada che dal centro di San Pietro ci conduce alla malga Moar si trova un'altra graziosa chiesetta intitolata a San Giacomo. Sorge su un’altura visibile in lontananza e rappresenta per questo motivo un amato punto panoramico dal quale è possibile ammirare l’intera valle e il gruppo delle Odle. Il magnifico affresco sulla parete esterna, con rappresentazione di San Cristoforo, santo protettore dei viandanti e dei pellegrini, indica che la chiesa è sorta nei pressi di una rilevante strada di passaggio.

Dalla chiesetta di San Giacomo o dal centro di San Pietro o anche dalla frazione di Tiso si possono intraprendere delle facili o medie escursioni: alla fossa dei lupi e alla Ottohöhe per poi passare alla croce Jochkreuz, oppure seguire il "sentiero dei contadini" che permette di visitare alcuni masi storici della vallata.
In ogni caso, qualsiasi sia il percorso che si intende intraprendere la sosta obbligata è alla Malga Jausenstation Moar.

Il posto è molto tranquillo anche alla domenica e, potendo mangiare all'aperto, si hanno a disposizione una serie di giochi per i bambini che aiutano molto nella gestione delle "piccole pesti".
Siamo arrivati alla malga dal sentiero n. 30 che passando per la fossa dei lupi/Wolfsgrube ci ha condotti dapprima alla Ottohöhe, che prende il suo nome da un ospite che fece erigere in questo punto panoramico verso Bressanone e la Plose, una panchina.

Mentre scendiamo dalla Jochkreuz alla malga, l'odore di resina del bosco di pino e abete rosso che abbiamo appena attraversato si mischia con quello dell'erba appena tagliata dei prati che contornano questo posto di ristoro. Anche gli occhi assaporano appieno di questo splendido panorama e alla mente riecheggiano dolci ricordi d'infanzia quando, durante le vacanze estive, restavo per qualche settimana dagli zii aiutandoli nei lavori dei campi.

Ci accomodiamo in uno dei tavoli all'aperto e scorriamo subito il menù I piatti sono quelli della tradizione rivisitati e rielaborati con un pizzico di creatività che non guasta, ma anzi rende i piatti ancora più appetibili.
Abbiamo ordinato un eccellente camembert fritto con pomodori e zucchine grigliati accompagnato da una confettura di mirtilli rossi prodotta da loro stessi. Squisito.

Molto buone anche le mezzelune di patate con un ripieno delicato di graukas dal forte legame territoriale.
Note: Il Graukas è un formaggio tipico di latte acido stagionato circa 14 giorni, viene ottenuto da latte crudo scremato, in parte stagionato ed oleato. Inoltre il "Graukäse" - Formaggio grigio è un formaggio con un massimo 2% di grasso.

Da non perdere assolutamente i "Buchteln con salsa alla vaniglia". I buchteln sono dei dolcetti tirolesi a base di pasta lievitata ripieni di marmellata di albicocche che vengono spennellati di burro fuso, cotti al forno e poi spolverizzati di zucchero a velo e immersi, ancora caldi, in una salsa calda di arance, oppure in una salsa di gelato alla vaniglia.
Una vera delizia.

L'unico appunto che si può fare e che alla domenica i tempi per essere serviti si allungano e quindi non bisogna assolutamente venire alla Maor con fretta. 

martedì 6 agosto 2013

Braies: Malga Prato Piazza

L'itinerario che porta alla malga Prato Piazza si snoda nel cuore del Parco Naturaledi Fanes - Sennes - Braies e permette di godere di un panorama dolomitico eccezionale. Il percorso risulta per gra parte pianeggiante eccetto il tratto che conduce al Rifugio Vallandro e alla cima del monte Specie da cui si gode una vista fantastica.


Lungo la strada statale della Val Pusteria nel tratto che da Brunico conduce a Dobbiaco. Poco dopo il paese di Monguelfo si svolta a destra in direzione di Braies e si seguono le indicazioni per Braies Vecchia - Ponticello e Prato Piazza. Il tratto tra Ponticello (barriera di transito e parcheggio) e Prato Piazza è a traffico limitato da metà giugno a inizio ottobre: fino alle ore 10 di mattina si può salire in macchina, mentre se si arriva dopo, un servizio navetta vi porta in quota. Scendere è possibile durante tutta la giornata.


La nostra escursione inizia presso il parcheggio del Prato Piazza, di buon mattino, quando solo pochi escursionisti sono già arrivati. Attraverso un largo sentiero ci dirigiamo verso sud-est e giungiamo subito al Rif. Prato Piazza con la sua piccola chiesetta. Quì iniziano numerose escursioni sulle vette circostanti. Noi ci avviamo sul sentiero n° 37, fiancheggiato dai bellissimi prati del Prato Piazza. A catturare lo sguardo è il massiccio della Croda Rossa (3.146 m), la montagna che domina l’altopiano.


L’itinerario prosegue sempre pianeggiante tra ampi pascoli e con vista panoramica sull’imponente massiccio della Croda Rossa e sul Picco di Vallandro, fino a un cancello e a un sentiero che sale ripido sulla sinistra fino alla Malga di Prato Piazza (2.040 m). Ci si lascia la deviazione alle spalle e si procede lungo il medesimo itinerario, qui alcune panchine permettono di riposare e di godere del panorama circostante. Superati alcuni guadi, si continua sulla strada pianeggiante e molto soleggiata fino al bivio che a destra scende verso la frazione Carbonin in Valle di Landro.


Noi proseguiamo tenendo invece la sinistra e, dopo un breve tratto in marcata pendenza (17%), si sale alla panoramica radura del Rifugio Vallandro (2.040 m), ristrutturato ed ammodernato di recente. Il rifugio fu costruito nel 1968 da Tristano Costantini di fronte ai ruderi di un forte austro-ungarico della fine del 1800, ammirabili ancora oggi grazie al recupero e ristrutturazione ancora in atto. Splendida è la vista sulle Dolomiti Orientali: dai Cadini di Misurina, al gruppo del Popera, al Cristallo d'Ampezzo.


Da qui seguiamo il sentiero n. 30 che proseguendo in quota verso est contorna i contrafforti rocciosi e in salita e lungo le pareti di roccia sulla quale sono visibili testimonianze del periodo della guerra sale verso il Monte Specie (2.307 m). Nel ritorno non scendiamo a ripercorrere la strada forestale dell'andata ma seguiamo il sentiero alto con indicazione per malga Prato Piazza dove ci fermiamo per una pausa ristoratrice di notevole valore enogastronomico.


Sembra veramente di stare ad "Un passo dal Cielo" come nella fortunata serie televisiva che ha avuto come protagonista Terence Hill. E non solo per lo stupendo panorama che si gode da quassù. Siamo a 2040 metri di altezza con alle nostre spalle il Picco di Vallandro e ad ovest i contrafforti della Croda Rossa, mentre davanti a noi ci lascia senza parole il Cristallo con il Cristallino e il Piz Popena e le loro guglie e i campanili strapiobanti verso Carbonin. Poche malghe possono fregiarsi di una panorama dolomitico simile.

Ma anche la cucina fa la sua parte per accompagnarci in un viaggio dove tutto sembra incantato e fiabesco come nella serie televisiva. La polenta del pastore con finferli e formaggio gratinato, oppure la polenta val di Braies con pesto di rucola e formaggio gratinato sono piatti che si fanno mangiare con gli occhi prima che con la bocca. Per non parlare dei canederli piatti al formaggio con insalata di cavolo cappuccio. Il tutto accompagnato da ottime birre crude di cantina.