giovedì 17 dicembre 2020

Camminare sulla neve parte finale


Come scrive M.Rigoni Stern "il racconto di una vita parte dall'inverno e chiude il cerchio con l'attesa della neve che verrà." 

Così questo mio narrare (blog), procedendo da una stagione all'altra, mi cammina a fianco fino a  calzare con il piede l'orma già impressa in una neve che ha memoria di altre nevi e di ricordi ancora vivi.

Camminare sulla neve non è ecclattante come una scalata in parete, ma è semplicemente accarezzare un sentiero per uscirne dalla traccia senza impegno, per fermarsi prima, per decidere di cambiare percorso, per rincorrere un'altra idea,..per inseguire un bosco, una montagna, un tramonto che mi sono cari.............



Camminare sulla neve non è esaltante come la corsa, ma è un modo per rallentare il ritmo e per un istante fare posto ai ricordi, alla memoria di persone che abbiamo perso o da cui la vita ci ha separati.
Camminare sulla neve non è assordante come una pista da sci, ma è silenzio dell'anima. Solo camminando ci rendiamo conto che, spesso, i silenzi sono importanti quanto i suoni.

Camminare sulla neve dove ogni passo diventa un respiro che muove il passo successivo, e ogni respiro alimenta i sogni.

 E quando, come adesso, il cammino diventa incerto e il mio passo insicuro e instabile allora mi piace pensare che esiste indubbiamente un filo invisibile che unisce le traccie impresse negli scritti di questo blog, come i ricordi della vita.

Racconti e memorie che ricreano un paesaggio interiore, una geografia dell'anima che disegna luoghi e volti di chi mi ha camminato a fianco.  Così non andranno mai più perduti.

 

giovedì 27 agosto 2020

Camminare con te al Wackerer see


Camminare è la nostra volontà di restare in attesa, 
dando nulla per scontato ne di quello che abbiamo ne di quello che siamo. 
Camminare è sapere leggere i segni, le ombre e la luce 
che fa chiare le cose e lievi i corpi, 
indicandoci la via anche quando ci sembra di avere smarrito la strada.. 


Camminare è sedersi per un attimo tra l'erba fresca del mattino 
e sentire il calore del tuo corpo che si avvicina al mio 
mischiandosi all'odore dell'erba, del bosco, 
delle pigne odorose del cirmolo e delle nostre storie vissute in montagna. 


Camminare è lasciarci cullare dall'aria che bacia i prati 
e muove sinuosamente le acque di questo piccolo lago, 
specchio di cime inarrivabili quanto effimere 
come il mio sapermi fragile ora come non mai. 


Camminare per sperare di riconoscere le tue orme ancora accanto alle mie, 
sopravvivendo alla separazione e ad una malattia improvvisa e crudele,
 alla nostalgia e ai rimpianti anche. 
Perché non è più possibile tornare indietro, 
ma neppure dimenticare.


Certi giorni ero felice e non lo sapevo. 
Camminavo con il tuo passo che mi seguiva 
dove ora non potrò più cercarti.
Ora esploro da solo un nuovo sentiero,
fatto di dolore e sofferenza, di un passo sempre più incerto,
di ricordi che nella mia mente si affievoliscono sempre di più. 

Allora provo a custodire nella mia anima quel che di te posso
e che il tempo breve mi ha concesso di vivere con te.


giovedì 23 luglio 2020

Val Gardena: Cristauta - Seurasas

" Sulla pietra " - ecco cosa significa "Seurasas" in ladino . Il nome del rifugio sopra S. Cristina in Val Gardena non è quindi altro che il nome di un alpeggio gestito da più di due secoli . La Capanna Seurasass era inizialmente una capanna di cucina, utilizzata da pastori e mietitori come rifugio. Nel 2009 è stata completamente ricostruita e ampliata e riaperta agli ospiti. 


L'escursione inizia dal parcheggio Cristauta (tra le località Runcaudië e Praplan), che si trova a 1750 m sopra S. Cristina. Dal centro, seguite le indicazioni per Plesdinaz girando a destra alla curva presso la località Puzé. Il parcheggio è a pagamento in alta stagione. Da lì si percorre dapprima il sentiero degli scoiattoli (“Troi dla schirlates”) per circa 300 m e poi si svolta a sinistra seguendo il segnavia n. 20 in direzione ovest. 

Il sentiero si snoda in mezzo ad un bosco di abeti e di pini cirmoli fino a raggiungere la Malga Seurasas dopo circa 20 minuti.
Ripartiamo seguendo la ripida stradella che sale alle spalle della baita fino ad arrivare ad un crocevia di sentieri. Continuiamo sulla destra seguendo il sentiero 6 che in salita procede verso la cima.

La traccia, che segue approssimativamente il filo di cresta dopo una breve ma ripida ascesa ci conduce alla vetta del Pic dove troviamo un grande omino vicino ad una panchina.
Il Monte Pic offre una vista a 360° su diversi gruppi dolomitici tra cui, Odle, Puez, Sella, Sassolungo, Catinaccio e Sciliar, verso ovest invece, il panorama si spinge fino all’Ortles.



* Distanza: 3,0 km alla malga e 11.5 km alla cima

* Tempo totale: 50 minuti alla malga e 2h alla cima

* Dislivello: 275 m fino alla malga, 615 al M. Pic

* Partenza: Parcheggio 1.750 m

* Arrivo: Malga Seurasas 2.020 m, Monte Pic             2.365 m


lunedì 1 giugno 2020

Da Cannaregio al Castello: parte prima

D’accordo, Venezia è sempre Venezia. Piazza San Marco, il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri, la gita romantica in gondola. Eppure, dietro alla solita Venezia battuta dalle orde di turisti affamate di cartoline e cliché lagunari, esiste un’altra città, più intima, raccolta, pittoresca.
Insolita, insomma.
Arcana.
Ecco perché in questo articolo vi proponiamo un itinerario inconsueto e relativamente nascosto nel sestiere di Cannaregio.
L’itinerario propone un percorso alternativo a quello della più nota Strada Nuova, che suggerisce, oltre alla passeggiata tra calli e fondamenta, alcuni punti per osservare la laguna da scorci panoramici davvero spettacolari.


Il sestiere di Cannaregio, parte nord occidentale di Venezia, si estende dal Canal Grande fino alla Laguna e uno degli aspetti più insoliti è quello di ospitare il più antico e meglio conservato quartiere ebraico del mondo e dove la singolare urbanistica che si innalza in verticale tra calle e campielli ne fa un percorso culturale imperdibile a cui vi rimando a questo post: cannaregio il ghetto della memoria.

Dal campo del Ghetto Nuovo, prendo il ponte che porta alla Fondamenta degli Ormesini, e una volta superato svolto a destra lungo la fondamenta. Potrei fare una piccola pausa in uno dei tanti e famosi bacari presenti sulla riva del canale; Al Timon Bragozzo, Bacareto da ea Neni (assolutamente da provare), Ae Bricoe, Paradiso perduto.

Preferisco proseguire lungo le Fondamenta della Misericordia verso uno dei campi più caratteristici e silenziosi di Venezia, Campo dell’Abbazia della Misericordia.
Alla fine della fondamenta e prima di svoltare a destra per la Fondamenta che costeggia la chiesa di S. Felice, mi trovo davanti l’unico ponte di Venezia ancora senza parapetto. Si tratta del ponte Chiodo.

I ponti a Venezia sono 446, originariamente erano tutti costruiti in pietra e generalmente senza le protezioni laterali chiamate fin dal 1600 bande, o spallette, come dimostrano i dipinti dei grandi pittori veneziani del ‘700. A partire dall’800, per questioni di sicurezza, vennero invece tutti dotati di parapetto.
Solo due ponti sono sopravvissuti “senza bande”, uno appunto a Venezia, il ponte Chiodo, e l’altro sull’isola di Torcello, il ponte del diavolo.
Il ponte Chiodo è un ponte privato, poiché conduce alle porte di una casa abitata anticamente dalla famiglia Chiodo.

Dopo aver percorso la fondamenta di San Felice mi ritrovo nuovamente nella frenesia del flusso turistico e commerciale della Strada Nuova.
Prima di affrontare questa marea decido che è arrivato il momento di una pausa. Difronte alla chiesa del Campo si trova La Cantina, un ristorante-bacaro particolare.  La filosofia che ispira ogni suo aspetto è un mix unico di semplicità, tradizione e innovazione. La cucina propone piatti sempre diversi - a partire da appetitosi cicheti di pesce in base a ciò che propone il mercato del giorno.

La Cantina, Cannaregio 3689, Campo San Felice

In un angolo della Strada Nuova, La Cantina forse non attirerà immediatamente la vostra attenzione. Una sola vetrina poco originale, un’insegna modesta...
Eppure, pur essendo già due anni che Francesco Zorzetto – Checco per gli amici – ha deciso di lasciarci per sempre dopo che aveva appena ceduto ai cinesi questa sua enoteca, la nuova gestione non tradisce per nulla le aspettative.


Atmosfera rustica e arredi tutti in legno con sgabelloni che si notano dalla strada Nova, bottiglie pregiate sulle mensole. l'osteria ricostruisce ancora con semplicità il buon tempo andato. Buona parte dello spazio è impegnato da un ampio bancone con una piastra e un forno per la preparazione delle specialità gastronomiche, mentre fa bella mostra in un angolo una fascinosa affettatrice Berkel.


Un tavolone dietro la colonna e quattro tavoli sparsi alle pareti sono sufficienti per perdersi in chiacchiere; il basso soffitto a travi induce alla meditazione… sui buoni vini e sulla scelta gastronomica di cicheti mai banali o ripetitivi come si vedono in tante osterie.



La cucina propone di volta in volta innovativi e creativi cicheti di pesce fresco e pregiato per soddisfare i frequentatori più esigenti che desiderano qualcosa di particolare.

La lavagnetta segnala anche i tradizionali piatti di insalata, assaggi di formaggi e salumi.






La calda atmosfera del legno e del soffitto a travi, le vetrinette d’un tempo, le chiacchiere in compagnia; il tempo sembra essersi fermato sui calici di buon vino e sui cicheti creativi all'enoteca La Cantina
Sicuramente uno dei migliori bacari del sestiere.

AGGIORNAMENTO 2022:
Purtroppo la gestione è cambiata e soprattutto è cambiata in peggio (vedi anche le recensioni pubblicate in Tripadvisor).

Da Cannaregio al Castello: parte seconda

Dopo aver gustato dei cicheti impareggiabili con il salmone, la triglia e il branzino, a malincuore lasciamo La Cantina per riprendere la via che ci condurrà verso le Fondamenta Nuove. Proseguendo per la Strada Nuova in pochi minuti raggiungiamo Campo Ss. Apostoli con la Chiesa ristrutturata nel 1575.
Una tappa di passaggio per permetterci di sconfinare di poco nel percorso per andare ad ammirare la piccola, isolata chiesa nel ristretto campo di Santa Maria dei Miracoli.
Qualche foto e poi ritorniamo sui nostri passi per lasciarci alle spalle il campo Ss. Apostoli, per imboccare il campo drio la chiesa che ci porterà ad attraversare la calle denominata Vincenzo Manzini fino ad incrociare il Rio Terà Barba Frutariol.


A Venezia ogni cosa è diversa dal resto delle città ed ha un nome particolare che ne individua le caratteristiche peculiari e storiche.
Se ad esempio a Venezia vogliamo cercare una strada, troveremo solo Strada Nova, situata nel sestiere di Cannaregio, vera e propria arteria cittadina.
Con Strada Nova viene comunemente indicato il lungo percorso formato da una lunga serie di calli che va dalla ferrovia a campo Ss. Apostoli. Le altre vie a Venezia sono chiamate “Calle”, dal latino callis, che significa strada.

Mentre le “Salizade” sono le calli più importanti, e che per questo un tempo erano le uniche pavimentate con i masegni, mentre le altre erano in terra battuta.
La Fondamenta è la calle che si affaccia sull’acqua di un canale o rio.
A volte era necessario creare nuove strade per facilitare il trasporto e lo spostamento delle merci, così si arrivava all’interramento di canali, facendoli diventare “Rio Terà” (canale interrato). 
Il Rio Terà Barba Frutariol venne realizzato nel 1776 mediante l’interramento del rio omonimo.
Dopo aver attraversato il Rio Terà proseguiamo per Salizada del Spezier e passando per il Campo dei Gesuiti arriviamo alle Fondamenta Nuove che si affacciano sulla laguna settentrionale, facendoci godere della vista sulle isole di San Michele e Murano.

Da Cannaregio al Castello: parte terza

.....percorriamo le Fondamenta Nuove da ovest ad est superando i ponti Donà e Panada fino ad arrivare al ponte dei Mendicanti.
Quì termina il sestiere di Cannaregio ed inizia quello del Castello. Superato anche questo ponte ci avviamo lungo la Fondamenta dei Mendicanti sulla sinistra del Rio omonimo.
Fatti un centinaio di passi osserviamo dalla parte opposta della fondamenta lo Squero Fassi ora Squero Vecio delle Generali.


In passato Venezia era ricca di “squeri”, piccoli cantieri per la costruzione di barche e soprattutto gondole con tecnica artigianale tramandata per generazioni dei maestri d'ascia bellunesi.
Il più antico fra quelli ancora utilizzati è proprio lo Squero Vecio sul Rio dei Mendicanti, immortalato dal Canaletto nel Settecento e, in seguito, da altri celebri maestri. Nel 1978 la Compagnia delle Generali lo ha ristrutturato, destinandolo a sede del proprio Circolo Nautico.

Difronte allo Squero dalla parte della Fondamenta dove ci troviamo noi la Chiesa di S. Lazzaro dei Mendicanti. Essa appartiene a quel vasto complesso che unitamente ad altri tre grandi edifici storici va a comporre l'Ospedale civile di Venezia.
 In questo complesso, tre chiostri antichi con pozzi ed alberi, e dei giardini sono la chiave di separazione degli edifici storici da quelli moderni. Un complesso articolato in una delle più belle città del mondo, una struttura oggetto di numerosi interventi nel corso dei secoli, un unicum, che oggi è l'Ospedale civile di Venezia.

Esso si compone oltre che del seicentesco “Ospeal dei Mendigoli”,
del complesso monumentale di San Lazzaro dei Mendicanti, dell’ex Convento dei Frati Domenicani,
della Scuola Grande di San Marco,
della Chiesa e dell’ex Convento di Santa Maria del Pianto oltre che, tutta la parte più recente sul lato delle Fondamente Nuove, dove si concentra la maggior parte dell’attività sanitaria.


Al di là del nome stiamo parlando di un complesso che ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Venezia, di una struttura articolata e fragile già originariamente concepita per la funzione che ancora oggi ricopre. Nel 1599 il Maggior Consiglio deliberò l’acquisto di un’ampia area libera che si trovava immeditamente dopo l’edificio della Scuola Grande di San Marco e del convento domenicano dei SS. Giovanni e Paolo per realizzare “l’ospeal de San Lazzaro dei mendingoli”.


Ideato e progettato a partire dal 1601 dal celebre architetto vicentino, ma veneziano d’adozione, Vincenzo Scamozzi che si ispirò alla soluzione palladiana dell’ospizio delle Zitelle alla Giudecca, è composto essenzialmente da due grandi chiostri interni, simmetricamente disposti rispetto alla Chiesa, che è posta al centro del sistema, rivelando il tipico schema distributivo ispirato alla tipologia conventuale.*


* foto e testo da AERtetto